DALILA D’AMICO – MARCO BALDARI |
DD’A | Il 7 Aprile, con l’evento Interludio Valle il Teatro di Roma e il Comune di RomaCapitale hanno inaugurato una serie di appuntamenti che scandiranno la vita dello storico teatro settecentesco in attesa del termine dei lavori di ristrutturazione e messa a norma.
Nel marzo del 2015 la città di Roma era già stata invitata al Prologo del Valle, ovvero la riapertura del suo foyer, una promessa di restituzione alla città di una parte del teatro, destinata a incontri, proiezioni, e presentazioni di libri. Un prologo che ha avuto vita breve, come tutti i prologhi, e che nel 2018 (dopo tre anni) si risolve in un interludio. Peccato però che tra il prologo e l’interludio, sia venuta meno l’opera, intesa qui nel senso dell’azione. Certamente ricercato è il lessico, calzante con il fare teatrale, in particolar modo con la tradizione settecentesca che onora il Teatro Valle. Una terminologia che si inscrive in un piano di comunicazione puntuale, che trova nella potenza iconica la forza per spostare la polvere sotto il tappeto.
Il Valle infatti è appunto un’icona, innanzitutto di una gloriosa tradizione teatrale inaugurata nel 1727 con la tragedia Matilde di Simone Falconio Pratoli; in secondo luogo, di uno stato di crisi del sistema teatrale italiano che vede il suo apice nella chiusura dell’Ente Teatrale Italiano nel maggio del 2010; ma è anche un’icona della ricca sperimentazione culturale e politica avviata nel giugno del 2011 con l’occupazione da parte del Collettivo delle lavoratrici e lavoratori autorganizzati, poi Teatro Valle Bene Comune, e infine dell’impasse decisionale ad opera del Mibact.
Non si poteva dunque che convogliare la carica di questa immagine rizomatica nel deposito di altre immagini, altrettanto pregnanti. Entrando nel foyer di proprietà della famiglia Capranica, troviamo, cimeli e locandine di spettacoli storici che hanno onorato il palcoscenico, dalla Cenerentola di Rossini ai Sei Personaggi in cerca d’autore di Pirandello, accanto ad un cumulo di oggetti e arredi accatastati l’un l’altro al centro dello spazio. Un’installazione realizzata dal Settore Attività Culturali del Teatro di Roma che narra per immagini i tre secoli di vita del teatro. Un’installazione forte che risucchia l’attenzione di chi la guarda proprio in quel centro, in quel cumulo di macerie che non fa che testimoniare, quasi ironicamente, quella centrifuga di fatti che dai fasti è precipitata in uno scenario post terremoto.
Entrando in sala è possibile ammirare 19 opere-ritratto di altrettanti drammaturghi che hanno segnato la Storia del Teatro, da Antonin Artaud a Carmelo Bene, da Eugène Ionesco a August Strindberg. Opere dell’artista Mimmo Paladino collocate tra i palchetti del secondo ordine. La perentoria significanza di autori teatrali che guardano la scena da spettatori, stride ed esplode nella memoria di un’altra immagine, collocata qualche anno fa proprio nello stesso posto: uno striscione ad opera degli allora occupanti che recitava la frase “Com’è triste la prudenza”.
Quella frase non più visibile, sostituita ora dalle magnifiche opere di Paladino, rimbomba con più ardore tra le poderose mura della sala settecentesca. Prudenza è il sostantivo idoneo a sintetizzare la conferenza stampa presieduta dal direttore del Teatro di Roma Antonio Calbi e il Vice Sindaco con delega alla Crescita Culturale Luca Bergamo. Apprendiamo che il futuro del Valle è incerto e traballante come la graticcia ancora da riparare.
Al momento infatti le amministrazioni comunali sono impegnate nella redazione di un capitolato di gara europeo con cui verrà assegnato l’appalto dei lavori. Dunque cosa è successo dal 2014, anno dello sgombero? L’assessore spiega che il ritardo degli inizi dei lavori non può essere imputato nell’interezza alla giunta comunale, poiché solo nel 2016 il Mibact ha ceduto il Demanio al Comune di Roma, allora rappresentato dal Commissario Tronca. Dal 2016 ad oggi, è iniziata la “prima fase” dei lavori del valore di 300.000 euro, più o meno (si resta prudenti nell’ enumerare cifre precise) stanziati per realizzare alcune coperture, ricollegare i bagni con l’accesso disabili e acquisire le informazioni catastali, necessarie per avviare i lavori: “Un lavoro archeologico –spiega Bergamo- per recuperare la documentazione riguardante l’impianto antincendio, quello elettrico e idrico. In assenza di questi dati sarebbe stato impossibile formulare un capitolato”.
Solo dopo la pubblicazione del capitolato si passerà alla “seconda fase”, ovvero gli interventi di messa a norma degli impianti e di restauro conservativo, con risorse del valore di un milione e mezzo di euro stanziati dal Comune di Roma e un altro milione e mezzo di euro stanziati dal Mibact. Ma in sala ci si chiede quando e come arriverà invece la “terza fase”, quella cioè della riapertura definitiva del teatro e della sua programmazione. Ancora prudente la risposta: “Impossibile azzardare una data precisa”, dice Bergamo, non prima di tre anni comunque.
Ma qual è il disegno progettuale per la gestione del Teatro? e qui ancora Prudenza! Prudenza!: “Lo immaginiamo vivo, un luogo aperto non solo la sera per vedere lo spettacolo, ma un’ organismo che produca conoscenza continuamente”. Questa euforica elargizione di attività a corredo di quelle spettacolari sarà coordinata dal Teatro di Roma, all’interno di un sistema di rete costituito da diverse istituzioni culturali. Il Teatro Valle dunque si inserirà nel già avviato processo dei “Teatri in Comune”, un sistema che vede coinvolti il Teatro Biblioteca Quarticciolo, Il Teatro Lido di Ostia, il Teatro di Tor Bella Monaca, il Teatro Villa Doria Pamphilj, e che consente a ciascuna istituzione di mantenere autonomia gestionale e artistica, se pur coordinata da Teatro di Roma.
Sul criterio di affidamento della direzione altra spruzzatina di prudenza: è troppo presto per potersi pronunciare a riguardo, ma non sembra essere improbabile l’ipotesi di un dialogo pubblico che tenga in considerazione le ricche proposte lasciate in eredità dal periodo di occupazione. “Sono convinto che l’elaborazione derivata dall’occupazione sia di grande ricchezza -dice Bergamo- e che vada recuperata e raccontata qui dentro. Il nostro desiderio è che questo racconto si possa fare insieme a loro. Il motivo per cui abbiamo deciso di aprire intanto lo spazio è proprio perché abbiamo tenuto conto di quella richiesta di ridare alla collettività un bene comune. Non potendo garantire una programmazione, vista l’inagibilità del teatro, lo riapriamo in maniera creativa, attraverso una serie di attività”.
MB | “Il 14 giugno 2011 abbiamo occupato un teatro del 1727 per attuare una rivolta culturale. Siamo in continua trasformazione”.
Con queste parole inizia “l’avventura” del Valle Occupato. Un’avventura che parte dall’idea di restituire i beni comuni alla cittadinanza, aprendo uno spazio d’azione tra la logica del profitto dei privati e l’asfissiante burocrazia pubblica. Un’appropriazione, un progetto da condividere con compagnie, artisti, operatori, spazi indipendenti di Roma e in Italia per sperimentare una progettazione partecipata e una diversa organizzazione del lavoro basata sulla cooperazione. Queste erano le linee programmatiche del collettivo Lavoratrici e Lavoratori dello spettacolo, che si proponeva di creare un luogo né pubblico né privato, ma governato da artisti e cittadini ispirato da un principio di uguaglianza tra persone.
Un’occupazione durata tre anni, che ha visto lo storico sito impegnato in svariate attività: prosa, performance, concerti, musica, incontri culturali, arrivando anche a diversi riconoscimenti, compreso l’UBU nel 2011 come “esempio di una possibilità nuova di vivere il teatro come bene comune”. Un’esperienza comunque non priva di contraddizioni e scelte che hanno spesso lasciato interdetti. Il teatro più antico di Roma trasformato diverse volte in discoteca, con bar e cucina annessi, consegnato a un pubblico poco attento a mantenerne l’integrità e che ha causato danni piuttosto visibili. Occupazione conclusa pacificamente l’11 agosto 2014 con la consegna libera del teatro alle autorità comunali e la questione della futura gestione ancora aperta.
L’uscita del Collettivo ha lasciato di fatto il teatro in uno stato di completo abbandono. Molte sono state le promesse fatte dalle diverse amministrazioni avvicendatesi nella Capitale, ma nessuna ha poi mantenuto le aspettative. Si era rimasti all’11 giugno 2016, quando un gruppo di attivisti ha simbolicamente rioccupato la stabile. Dopo di che è calato l’oblio e il silenzio. Facendo sprofondare il Valle in condizioni di sempre maggiore degrado.
DdA | Nel 2014 l’allora Assessore Flavia Barca aveva convocato una serie di esperti, Mimma Gallina, Christian Ianone, Alessandro Leon, Marxiano Melotti, per la redazione di un Rapporto sul futuro del Valle pubblicato nel giugno dello stesso anno. Un ricco Dossier che analizzava punti di forza e criticità delle proposte derivate dalla gestione informale, e che sanciva la necessità di tener conto dei risultati che questa “ha prodotto in termini di innovazione teatrale, culturale, gestionale e sociale […] E’ importante consentire ai valori e all’esperienza che TVBC (Teatro Valle Bene comune, il soggetto giuridico elaborato dagli occupanti) ha prodotto di essere parte del codice genetico della futura soluzione gestionale”, si legge nel Rapporto.
E in effetti, pur non citato, è da quel rapporto che il Teatro Valle sembra risorgere incespicando, non solo perché ne riflette la soluzione gestionale auspicata dallo studio, ovvero il suo affidamento al Teatro di Roma con finanziamento di progetti a soggetti terzi, ma anche perché tiene conto delle proposte in merito all’offerta culturale. Sul rapporto si legge: “la soluzione per il futuro del Teatro Valle, da un punto di vista dell’offerta, non può prescindere da nuovi principi informatori: il teatro come luogo aperto; la contaminazione dei linguaggi; la multifunzionalità, ovvero il superamento di una programmazione esclusiva della rappresentazione teatrale per comprendere anche iniziative di stampo convegnistico, eventi ed esposizioni; la formazione; l’attenzione al pubblico nuovo. Soluzioni queste che respirano oggi nel programma lanciato durante la Conferenza Stampa: esposizioni, incontri, performance, progetti di formazione.
In attesa dunque di un epilogo, la magra consolazione è che tra un prologo e un interludio, quanto meno non si siano perse le tracce dell’antefatto. Il 7 Aprile 2018 si esce dal Valle con l’amaro in bocca lasciato da un prudente contentino, ma soprattutto con la grottesca consapevolezza, che quel contentino non è il frutto della progettazione ponderata della famosa “prima fase” dei lavori di cui parla l’assessore Luca Bergamo, ma è il riflesso sgualcito, biecamente imbellettato e confezionato, di un’esperienza di impegno politico, artistico e sociale durata tre anni, che sicuramente prudente non è stata.
Di seguito l’integrale della conferenza stampa