RENZO FRANCABANDERA | Questo terrazzo che vede passare il teatro italiano e si ferma a riflettere e discutere non di questo o quello spettacolo nello specifico, ma di quello che l’esperienza dell’arte è nella vita delle persone. Forse questo è più interessante che il parere puntiforme su un atto scenico, come se fosse possibile considerare una creazione artistica separata da un percorso, dalle scelte, persino dall’età, dall’esperienza, dai luoghi. Dalla politica e dalla morale. Riuscire a parlare liberamente di tutte queste cose è circostanza a volte rara, per quel sistema di schermi e anche di velleità che l’arte produce.
Mettersi in qualche modo a nudo con se stessi è scelta complessa. Ecco perchè questa video intervista che vi propongo oggi a Carmelo Rifici è un valore.
Rifici nato nel 1973, laureato in Lettere Moderne, si è diplomato nel 2000 alla Scuola di Teatro dello Stabile di Torino ed ha collaborato a lungo con Luca Ronconi dalle produzioni del Progetto Domani, legate alle Olimpiadi di Torino 2006 in avanti, fino a Fahrenheit 451 di Bradbury, Ulisse doppio ritorno di Botho Strauss e tanti altri.
Ma aveva già iniziato con alcune sue regie come i Cinque capitoli per una condanna, tratto da Victor Hugo, per il Teatro Stabile di Torino nel 2001. E poi nei teatri indipendenti di Milano il Verdi, la Contraddizione.
Dal 2003 al 2006 è stato regista residente al Teatro Litta di Milano. Un passaggio significativo nel 2009 le regie de I pretendenti di Jean-Luc Lagarce e Il gatto con gli stivali, una recita continuamente interrotta, di Ludwig Tieck, entrambi per il Piccolo Teatro di Milano, con cui, di lì in poi, inizierà una collaborazione che non si è più interrotta, diventando poi direttore della Scuola di Teatro intitolata a Ronconi. Tre anni fa, proprio nel mese di maggio è stato nominato direttore artistico di LuganoInScena, una nomina da poco rinnovata per il prossimo triennio. I premi, la collaborazione con i tanti giovani drammaturghi italiani, fino alle ultime profonde con Angela Demattè.
Successi e difficoltà di una vita da manager dell’arte e artista allo stesso tempo, la compresenza del ruolo del direttore artistico e del regista, l’argine alla deriva dell’iperpop e la sostenibilità economica per le grandi strutture.
Morale, compromessi, libertà dell’arte, strumenti per il pubblico, tempo: un viaggio in tutte queste questioni, guardando al domani. Di questo abbiamo parlato. Sul terrazzino. All’imbrunire.
Buona visione