LAURA BEVIONE | Si è chiusa giovedì scorso la XVIII edizione del festival Interplay che, ancora una volta, ha offerto preziose occasioni di conoscenza e riflessione su quanto accade nello sfaccettato universo della danza contemporanea, italiana e internazionale. In particolare, abbiamo riscontrato una volontà di ridefinire un vocabolario avvertito quale eccessivamente rigido a fronte di una realtà artistica che, se da una parte, ricerca contaminazioni e ibridismi; dall’altra, ripensa e tenta di rifondare su nuove basi il rapporto con il pubblico – fra l’altro numeroso e attento, a segnalare un interesse per la danza diffuso e consapevole.
Realizza una vera e propria analisi socio-antropologica dal vivo il coreografo e danzatore valdostano Marco Chenevier con il suo Questo lavoro sull’arancia, esplicitamente ispirato ad Arancia meccanica e mirato a testare il tasso di etica – ovvero di spregiudicatezza – degli spettatori, cui è richiesto un intervento diretto nello spettacolo, il cui svolgimento essi stessi possono determinare e variare, lanciando palline, aereoplanini di carta ovvero arance, oppure offrendosi “volontari” per compiere azioni moralmente discutibili in cambio di denaro. Il tasso di crudeltà delle “torture” cui i due danzatori in scena si sottopongono cresce esponenzialmente col procedere dello spettacolo così come il “peso” etico delle responsabilità che il pubblico è tenuto a prendersi. Uno spettacolo la cui efficacia dipende inevitabilmente dalla qualità del coinvolgimento degli spettatori, molti dei quali ci sono parsi accogliere le serissime provocazioni di Chenevier quale gioco spensierato e, forse, proprio questa leggerezza è già inquietante indizio di un senso etico a dir poco malfermo… Ma lo spettacolo di Chenevier, proponendosi appunto quale volubile dispositivo scenico in cui la coreografia assume un ruolo inevitabilmente subalterno, interroga non soltanto maturità e natura del senso etico ma altresì l’identità di un’idea della danza contemporanea che non si accontenta di “raccontare” storie ovvero “suggerire” emozioni e stati d’animo, bensì di intervenire concretamente nella realtà in cui si trova a vivere. Obiettivo ambizioso e affatto condivisibile per raggiungere il quale, nondimeno, ci pare essenziale non rinunciare alla priorità della danza stessa, magari ripensandone e riplasmandone il linguaggio: Marco Chenevier è artista intelligente e attento e siamo certi che saprà sviluppare in questa direzione la sua poetica.
Due modalità diverse di guardare al pubblico sono quelle adottate da Salvo Lombardo e dal Collectif A/R. In entrambi i casi si parte dallo stare in mezzo alla gente, traendo da essa stimoli e pensieri. Ma se per il coreografo e danzatore catanese l’osservazione degli altri – nel suo caso i frequentatori di un music club – è spunto per una restituzione sul palco di pose, atteggiamenti e movimenti registrati nella memoria dei suoi danzatori senza che la soggettività del ricordo si tramuti però in creativo ripensamento di quanto testimoniato; il gruppo guidato dal francese Thomas Demay parte dalla strada e dai suoi temporanei abitanti per intessere con essi un dialogo vivo e vivificante, in cui le dinamiche dell’anonimo attraversatore dello spazio cittadino offrono spunto per inventare coreografie semplici eppure originali, genuine eppure non ingenue. Gli altri diventano fonti di ispirazione e non semplici modelli da scimmiottare.
Gli altri sono anche i non professionisti – fra cui tre rifugiati provenienti dall’Africa – coinvolti, insieme a ballerini professionisti e a un musicista, dal coreografo e danzatore Andrea Gallo Rosso nel suo Moving Closer, azione concentrata sulla relazione e sullo spostamento, sull’avvicinarsi a se stessi e agli altri senza timori e con maggiore consapevolezza della propria intrinseca ricchezza. Una coreografia attraversata da una necessità e da una sensibilità tutt’altro che di maniera e che sa restituire l’istintiva e potente universalità della danza.
Una qualità che è ribadita dagli spettacoli di due coreografi provenienti dal Medio Oriente, capaci di mescolare le proprie culture con il linguaggio della danza contemporanea: parliamo del siriano – rifugiato dal 2010 in Francia – Mithkal Alzghair e dell’iraniano Sina Saberi. Nel suo Displacement il primo racconta con evidenza l’esperienza di spostamento non volontario che egli stesso ha vissuto così come la collegata condizione di prigionia che è in primo luogo impossibilità di decidere autonomamente del proprio destino. Sostituendo con il suono dei passi – con o senza anfibi – la musica e privilegiando il silenzio, Alzghair utilizza una danza tradizionale siriana, la Dabke, interpolandola però con la libertà e la fluidità concesse dalla danza contemporanea, così da rendere espliciti i motivi alla base del proprio spettacolo: la ricerca della libertà ostacolata da dittatura e guerra, il senso di fratellanza e il sentimento di pietas. Temi poeticamente trasfigurati invece nell’assolo di Sina Saberi, in cui si alternano luce e oscurità, lentezza e repentina accelerazione del movimento, danza a terra e in posizione eretta, misticismo orientale e contemporaneità. Quindici minuti di puro e lirico incanto.
Altrettanto concentrato è l’assolo della giovane Luna Cenere, intitolato Kokoro, termine giapponese che significa “essere interiore”. Un corpo nudo, di schiena, in una posizione che lo fa assomigliare a un albero arcaico, impercettibili movimenti dei muscoli, spostamenti improvvisi ovvero quasi trascurabili, minimalismo orientale. La danzatrice utilizza il proprio corpo per scrivere nel palcoscenico vuoto una sorta di introspettivo e formalmente impeccabile haiku.
E Kokoro è il titolo di un altro spettacolo del cartellone di Interplay, proposto dalla spagnola Lali Ayguadé che declina in modo originale il “modello” teatro-danza per raccontare l’ansia, la perdita di lucidità e, infine, la follia che pervadono persone in contesti apparentemente ordinari. I quattro splendidi danzatori sanno rendere con divertita ovvero struggente efficacia la spensieratezza così come la disperazione che invadono, senza avvertire, le esistenze di uomini e donne come noi, facendone vacillare un’identità che si reputava solida e immutabile.
Festival Interplay: Teatro Astra, Casa Teatro, Lavanderia a Vapore, Torino e Collegno (TO), 22, 25, 29 e 31 maggio.
PRESENT CONTINUOUS
Ideazione, coreografia e regia Salvo Lombardo
Elaborazioni sonore Fabrizio Alviti
Interpreti Cesare Benedetti, Lucia Cammalleri, Daria Greco, Salvo Lombardo.
Produzione Festival Oriente Occidente
QUESTO LAVORO SULL’ARANCIA
Coreografia Marco Chenevier
Interpreti Alessia Pinto, Marco Chenevier
Produzione Aldes
L’HOMME DE LA RUE
Coreografia Thomas Demay
Compositori e musicisti Paul Changarnier, Sébastien Hervier
Interpreti Olivia Cailaud, Léa Darrault, Thomas Demay
Produzione Collectif A/R
MOVING CLOSER
Coreografia Andrea Gallo Rosso
Interpreti Andrea Gallo Rosso e altri sei interpreti, danzatori professionisti e non
Produzione Interplay
DISPLACEMENT
Coreografia Mithkal Alzghair
Interpreti Rami Farah, Shamil Taskin, Mithkal Alzghair.
Produzione Godsbanen, Aarhus; Musée de la Danse – CCN de Renne set de la Bretagne; Foundation AFAC; Les Treize Arches – Scène conventionnée de Brive ; con il sotegno di Centre National de la Danse, Pantin ; Studio Le Regard du Cygne ; Théâtre Louis Aragon, Scène conventionnée danse de Tremblay-en-France.
PRELUDE
Coreografia e interpretazione Sina Saberi
Costumi Reza Nadimi
Luci Ali Kouzehgar
Musiche Aliakbar Moradi, Keyhan Kalhor
Produzione Maha Collective
KOKORO
Coreografia e interpretazione Luna Cerere
Produzione Körper, in collaborazione con Virgilio Sieni /Centro Nazionale di Produzione.
KOKORO
Coreografia Lali Ayguadé
Scenografia Xesca Salvà
Luci Fabiana Piccoli
Interpreti Anna Calsina Forrellad, Nicolas Ricchini, Sergi Parés, Diego Sinniger de Salas
Produzione Mercat de les Flors e Temporada alta, con il supporto di Generalitat de Catalunya and nunArt