GIORDANA MARSILIO | “Nuovi linguaggi della scena contemporanea” è il motto che accompagna il Festival Primavera dei Teatri (27 maggio – 2 giugno), per la direzione artistica di Dario De Luca e Saverio La Ruina e per la direzione organizzativa di Settimio Pisano.
I direttori propongono un festival innovativo, aperto alla sperimentazione e all’avanguardia con artisti diversi eppure tutti caratterizzati da una grande forza creativa e dalla qualità delle loro proposte. L’intento di Primavera dei Teatri è avvicinare il teatro contemporaneo ad una piccola comunità e portare attenzione culturale sul territorio calabro.
La comunità di Castrovillari aderisce a questo invito a teatro, anche se è predominante la componente anagraficamente matura. Forse occorre nelle prossime edizioni (l’anno prossimo saremo alla ventesima) anche uscire da teatro, essere magari anche performativi e fuori dagli spazi teatrali, per avvicinare ancor più i giovani: portare Maometto dalla montagna è la prossima urgenza. Moltissimi i critici e gli addetti ai lavori presenti, perché comunque Primavera dei Teatri resta terreno assai fertile per il teatro d’avanguardia, una realtà necessaria per la Calabria e la scena contemporanea italiana.
Qui riproporremo un panorama degli spettacoli dei primi giorni del festival.
Teatro delle Ariette – Attorno a un tavolo – piccoli fallimenti senza importanza – La compagnia formata da Paola Berselli, Stefano Pasquini e Maurizio Ferraresi propone una dinamica ormai consolidata come quella del ‘teatro da mangiare’. In una sala del Palazzo di Città di Castrovillari gli spettatori, che di lì a breve diverranno commensali, si siedono intorno ad una tavolata. Con musica di sottofondo e con una gestualità dosata e precisa la tavola viene apparecchiata dai due uomini mentre Paola Berselli recita una sorta di poesia sull’esistenza “Quando sei nato? In che lingua sei nato?”. Come in un rituale si viene iniziati a quest’esperienza in cui si condivide, cibo, storie e ‘piccoli fallimenti’, senza importanza, perché da ogni piccola sconfitta escono nuove idee, strade alternative da percorrere per risolvere problemi che ci sembravano insormontabili. Questo spettacolo coinvolge gli interpreti e chi vi partecipa, poiché a essere messa a nudo è l’anima umana con le sue fragilità e le sue forze, in un ambiente di rito in cui si viene introdotti alla vita comune fatta di ricordi, di speranze e di emozioni e dove il mangiare insieme diventa il collante per unirsi. Sicuramente non è la componente recitativa a prevalere all’interno di questa esperienza, quanto maggiormente quello che le Ariette portano in tavola-scena: la ritualità del convivio che diventa teatrale, uno spazio in cui spettacolarità e vita si fondono.
Gaetano Colella – Icaro caduto – Gaetano Colella decide di affrontare la storia di Icaro e Dedalo per trattare un tema universale: il rapporto padre-figlio. Il legame conflittuale con la figura genitoriale spinge Icaro a volersi affermare come individuo, indipendente e libero. La ricerca verso se stesso gli farà, però, capire che la sua identità non può scindersi da quella della figura paterna, per la quale nutre rancore, credendo che non lo abbia mai amato abbastanza. Come nel girone dell’Inferno, Icaro dovrà combattere con i proprio demoni per poter ritrovare identità e riscoprire l’amore del genitore. Infatti, solo placando i suoi fantasmi interiori potrà volare verso la sua libertà. Nei momenti più critici e di svolta per Icaro, Colella restituisce un personaggio umano e sofferente, che tocca lo spettatore e lo travolge, portandolo a provare la pietas romana.
La drammaturgia propone un mito classico, mantenendo intatto il suo elemento per così dire di insegnamento, ma al contempo rendendolo più moderno e fruibile. Ciò nonostante, alcuni sipari umoristici, come quando Icaro narratore racconta dei vari personaggi che incontra, imitandone le voci e cambiando intonazione, risultano, in una narrazione così cupa e profonda, in alcuni casi assai distonici. L’introduzione dell’elemento ironico va qui calibrato con maggior attenzione.
Libero teatro – Commedia all’italiana– Max Mazzotta interpreta i panni di un regista fallito che tenta il riscatto, girando un film in stile commedia all’italiana. La scenografia è ben realizzata, poiché, grazie alla presenza di macchine da presa, proiezioni, camere che mostrano le riprese fatte, lo spettatore viene subito trasportato su un set cinematografico; ma ciò non basta a far procedere la storia nella giusta direzione. Infatti, nonostante l’impegno e la bravura della compagine attoriale, alcune insistenze drammaturgiche che calcano la mano su dinamiche di ammiccamento e gags, riducono l’arguzia della trovata scenica, schiacciandola su un esito più scontato. Un’emulazione dei canoni della commedia all’italiana quella cercata dalla regia che, nonostante cerchi di rendere omaggio al genere e ai suoi maggiori interpreti, proiettando sul fondo dal palco, senza tono, scene di film con Anna Magnani, Marcello Mastroianni, Totò, Sophia Loren o Giulietta Masina, non riesce a cogliere e a riproporre a pieno la raffinatezza che ha consacrato la commedia all’italiana.
Officina Teatro – Amore ricucito – Da un testo di Anthony Neilson, uno dei maggiori esponenti dello “In-Yer-Face-Theatre”: una coppia deve confrontarsi con il dolore più grande, la perdita di un figlio. I due si ritrovano imprigionati in una spirale di giochi erotici pericolosi pur di ricucire il loro rapporto ormai infranto. Il linguaggio duro, violento e scurrile del testo viene controbilanciato da un ambiente asettico e minimalista, quasi purista, in cui prevale il bianco e cubi trasparenti. Su questo scenario spiccano i due protagonisti vestiti in rosso lei (Ylenia Santo) e in blu lui (Mirko D’Urso). Nonostante il coraggio mostrato da regia e interpreti nell’approccio ad un testo di tale difficoltà e durezza, il coinvolgimento pieno dello spettatore – in ipotesi sconvolto dalla brutalità di alcune frasi – rimane lontano, forse anche per una certa distanza che gli interpreti mantengono dal personaggio e dalle parole che lo costruiscono.
Angelo Colosimo – Simu e Pùarcu – In questo spettacolo si affronta il tema dell’uccisione del giovane Santino Panzarella e se ne parla tramite la metafora della tradizione – molto sentita nella realtà calabrese – dell’abbattimento del porco, che serve per spiegare le dinamiche ‘ndranghetistiche, affrontate in un monologo dall’ideatore ed interprete Angelo Colosimo, che passa da un linguaggio più diretto sulla morte a metafore legate a modi di dire del dialetto calabrese. Con il protagonista in piedi dietro ad un tavolo che si agita e parla come uno showman, si ha l’impressione di assistere al freak show di un folle e squallido macellario/’ndranghetista, sensazione amplificata dal gioco di luci dai colori rosso, viola, arancione e verde accesso.
L’unica parte critica di uno spettacolo basato sulla parola e che punta sull’aspetto realistico del linguaggio, è proprio la difficoltà da parte del pubblico non regionale di comprendere fino in fondo le sfumature verbali di una tematica sofferente e crudele. Forse l’uso del calabrese è necessario, ma a quel punto suggeriamo il ricorso a sovratitoli per permettere a tutti di capire appieno uno spettacolo che ha un forte potenziale di comunicazione.
Compagnia Teatrale Petra – Per prima cosa – In un mix di dialetti del sud come lucano, pugliese e calabrese, Antonella Iallorenzi e Fabrizio Pugliesi denunciano il depauperamento del Meridione che viene sempre di più abbandonato dallo Stato. I due protagonisti vivono già in condizioni molto umili, ma la situazione peggiora con l’affacciarsi ogni volta di una figura misteriosa che bussa alla loro porta per espropriargli in modo kafkiano qualcosa, una volta una sedia, una volta il tavolo o il baule. Alla povertà scenica e di vita dei personaggi corrisponde un impoverimento della parola. Frasi dette a mezza bocca rendono talvolta difficile la comprensione per lo spettatore, ma alla fine ciò non conta profondamente, perché gli interpreti si fondono talmente tanto con la perdita di cognizione del reale dei loro personaggi, tramite la gestualità e le loro espressioni che, con una speranza che viene sempre disattesa, guardano fiduciosi fuori la finestra verso un futuro beckettianamente migliore, che non sembra mai arrivare. Così, anche con un dialetto non ben definito ed un linguaggio alle volte criptico, gli interpreti riescono comunque a trasmettere il vero sentimento della storia: miseria e disperazione possano prosciugare lentamente la ricchezza interiore.
Teatro dei Borgia – Eracle Odiatore – Il mito di Eracle viene trasposto alla società odierna nella quale un uomo, un padre, perde tutto dall’oggi al domani, cadendo così in un tunnel di disgrazia e solitudine. L’uomo troverà un conforto folle sui social, che man mano gli affideranno delle prove da superare in un gioco malato. Come Eracle, così anche l’attore Michele Maccagno dovrà affrontare delle prove, il quale deve appellarsi ad una grande concentrazione, poiché recita il testo facendo esercizi da ginnastica: corsa, squats, salti, flessioni e molto altro. Infatti sul palco ci sono solamente attrezzi da palestra. Qui si affronta una doppia prova, da una parte quella dell’attore, che deve soffrire e faticare proprio come il suo personaggio, dall’altra quella del pubblico che deve cercare di rimanere concentrato sulla storia senza farsi distrarre dagli esercizi svolti da Maccagno. Le prove fisiche che l’attore svolge crescono di intensità con l’impennarsi della storia e delle emozioni del personaggio, creando una simbiosi interessante tra i vari livelli, che si intrecciano con grande equilibrio. Gli esercizi e la narrazione in ultima analisi non disturbano lo spettatore, poiché Maccagno calibra l’azione e la parola, riuscendo a coinvolgere chi lo ascolta nella crescita di follia del suo Eracle ancorché intento nelle sue fatiche ginniche. L’escamotage infatti si rivela scelta interessante ed efficace, poiché la diacronia tra gesto e parola aiuta a sottolineare maggiormente come il pensiero e l’azione di Eracle siano dissociati e staccati l’uno dall’altra, preso in balìa di quella che poi diventerà follia. Infatti Eracle ucciderà la sua famiglia e se stesso. Uno spettacolo nel complesso riuscito che torna come nelle recenti produzioni della compagnia i miti antichi al mondo di oggi, per farci riflettere ancora sulla loro attualità iconica.
Quotidiana.com– Episodi di assenza 1. Prima che arrivi l’eternità – scienza vs. religione – Vestiti di bianco e rimbalzando su delle palle di gomma Roberto De Sarno, Pietro Piva, Roberto Scappin, Antonella Spina, Paola Vannoni interpretano, con intelligente sarcasmo, un dibattito sul senso della religione, interrogandosi sulla sua origine e la sua funzione, esprimendola tramite una riflessione profonda con umorismo satirico, senza mai cadere nel ridicolo.
Il corpo e il movimento, come rappresentanti della scienza, hanno un ruolo fondamentale nello spettacolo. Infatti, il gruppo di attori dà vita a gustosi intermezzi coreografici – sulle note ad esempio degli Arctic Monkeys o dei CCCP Fedeli alla linea – che però, a lungo andare, ripetendo in principio sempre gli stessi gesti, risultano lunghi e rischiano di appesantire uno spettacolo che è di fatto una prova interessante di filosofia umoristica.
La Compagnia Teatrale Occhisulmondo realizza Teoria del Cracker (o della vita puttana) di e con Daniele Aureli, nel quale, tramite un monologo toccante, si narra la storia di un paesino circondato da fabbriche e inceneritori. I suoi abitanti, uno ad uno, spariranno, uccisi dal cancro provocato dalle industrie. Aureli racconta con diversi registri, dal nostalgico, al rancoroso, al sofferente le diverse storie, dando voce a questi fantasmi dimenticati, in un testo che coglie il segno, non per commuovere lo spettatore, ma per ricordargli il senso della vita. Lo spettacolo restituisce sul piano visivo, drammaturgico e attoriale l’ambiento tossico e la solitudine di un paese ormai fantasma, ben reso grazie ad una scenografia completamente nera e coperta di polvere bianca, proprio come il protagonista.
Teatro delle Ariette
di Paola Berselli eStefano Pasquini
regia Stefano Pasquini
con Paola Berselli, Stefano Pasquini e Maurizio Ferraresi
audio e luci Massimo Nardinocchi
scenografia e costumi Teatro delle Ariette
segreteria organizzativa Irene Bartolini
ufficio stampa e comunicazione Raffaella Ilari
produzione Teatro delle Ariette
Icaro caduto
di e con Gaetano Colella
regia Enrico Messina
costume Lisa Serio
disegno luci Loredana Oddone
cura del suono Raffaele Bassetti
datore luci e audio Francesco Dignitoso
distribuzione e organizzazione Mary Salvatore
produzione Armamaxa teatro / Paginebianche teatro
Commedia all’italiana
scritto e diretto da Max Mazzotta
con Antonella Carchidi, Matteo Lombardo, Paolo Mauro, Alma Pisciotta, Francesco Rizzo, Max Mazzotta
direzione tecnica, video Gennaro Dolce
audio Matteo Mancini
luci Iris Balzano
costumi Rita Zangari
assistente testo e regia Ilaria Nocito
organizzazione Iris Balzano
foto, backstage Antonella Carchidi
Amore Ricucito
regia Gaddo Bagnoli
con Mirko D’Urso e Ylenia Santo
assistenza alla regia Eleni Marangakis
light Design e tecnica Giovanni Voegeli(Irradia Lugano)
audio Eleni Marangakis
scenografia Claudia Raisi
produzione Officina Teatro
Simu e Pùercu
di e con Angelo Colosimo
regia Roberto Turchetta
disegno luci Nicola Caccetta
consulenze musicali Marianna Murgia
foto di scena Feresh Bottega di Immagini
organizzazione generale Massimiliano Girvasi
produzione Wobinda
Per prima cosa
di e con Antonella Iallorenzi, Fabrizio Pugliese
scritto e diretto da Fabrizio Saccomanno
luci e scene Angelo Piccinni
produzione Compagnia Teatrale Petra
in collaborazione con Ura Teatro
prodotto con il sostegno di Residenza Teatrale di Novoli – Associazione Principio Attivo Teatro – Factory Compagnia Transadriatica
Eracle Odiatore
Regia Gianpiero Borgia
di Fabrizio Sinisi
da Euripide
con Michele Maccagno
Produzione: Il Teatro dei Borgia
Episodi di assenza 1. Prima che arrivi l’eternità – scienza vs. religione
con Roberto De Sarno, Pietro Piva, Roberto Scappin, Antonella Spina, Paola Vannoni
drammaturgia quotidianacom
progetto scenico Roberto Scappin
Produzione quotidianacom/Kronoteatro/Armunia Festival Inequilibrio
con il sostegno di Regione Emilia Romagna, Kilowatt Festival, Santarcangelo dei Teatri /Residenze artistiche, PIMOff /Progetto residenze, Cantiere Moline (Emilia RomagnaTeatro, ATER)
grazie a Teatri di Vita, Bologna
Teoria del cracker (o della vita puttana) di
e con Daniele Aureli
primo spettatore Massimiliano Burini
dramaturg Giusi De Santis
drammaturgia e regia Daniele Aureli
cura del suono Nicola “Fumo” Frattegiani
assistenza tecnica Amedeo Carlo Capitanelli e Matteo Svolacchia
tecnico luci Christian Sorci
produzione Occhisulmondo
foto Michele Tomaiuoli
Spettacolo vincitore premio Giuria Popolare Tuttoteatro.com Dante Cappelletti 2017