LAURA BEVIONE |  La Trilogia sull’identità, ideata e diretta da Liv Ferracchiati con la sua compagnia, The Baby Walk, ha aperto venerdì 1 giugno la XXIII edizione del Festival delle Colline Torinesi che, da quest’anno, collabora con la Fondazione TPE diretta da Valter Malosti.

Per la prima volta, in una maratona faticosa ed esaltante – per gli interpreti così come per il folto pubblico -, sono stati messi n scena, l’uno di seguito all’altro, i tre capitoli dell’indagine – approfondita e ironica, empatica e lucidissima – condotta da Liv Ferracchiati a partire dal 2013: Peter Pan guarda sotto le gonne, Stabat Mater e, infine, Un eschimese in Amazzonia. Non ci dilunghiamo su questi spettacoli – i nostri lettori ne hanno già letto le recensioni su PAC – ma ci preme sottolineare come la possibilità di vederli in rapida successione consenta di riconoscere il percorso artistico compiuto dalla compagnia, di individuarne sperimentazioni e riusciti azzardi, ingenuità che si tramutano in forza espressiva ed esperienze individuali che diventano discorso universale. Perché, alla fine, è la rivendicazione della preziosa unicità dell’identità – non solo sessuale – di ciascuno di noi che a The Baby Walk preme rivendicare, in una società ancora ingabbiata in rigidi schemi di classificazione di una realtà complessa. 20180602_COLLINE18_phAndreaMacchia44

Una realtà plurale in cui l’incontro con l’Altro da sé non sempre è occasione di riflessione su se stessi e di arricchimento, anzi sovente conduce a sterili arroccamenti sul proprio granitico codice esistenziale: una riflessione sulla (im)possibilità del dialogo fra le culture è Ritratto di donna araba che guarda il mare, il testo – sferzante e tutt’altro che apodittico – scritto da Davide Carnevali e messo in scena da LAB121. La relazione fra uno “straniero” – non un “turista” ma un uomo europeo che, forse, viaggia per lavoro – e una donna che si dichiara “non araba” e rivendica una libertà che in realtà non possiede nella sostanza, diventa metafora dell’incomunicabilità fra due culture. Non solo, Carnevali accuratamente evita il dramma a tesi e intelligentemente complica la situazione, evidenziando come quella difficoltà di capirsi sia frutto altresì di un gioco della seduzione condotto secondo regole ben diverse dall’uomo e dalla donna. E, accanto, ai due, il drammaturgo crea altri personaggi: l’uomo che viene dal “Sud” ed è dunque emarginato; e i due fratelli – il più piccolo, attirato suo malgrado dall’Occidente, e il più grande, difensore della tradizione e delle leggi non scritte della difesa dell’onore e della famiglia. E, accanto a queste anonime ma umanissime creature, la città “araba”, costruita in scena con un dettagliatissimo plastico fatto vivere con una telecamera. Un luogo che è spettatore attivo di una vicenda esemplare di un’incomprensione che ha, fra le sue cause, l’incapacità – per pigrizia, per orgoglio nazionalistico? – di liberarsi di rassicuranti stereotipi.P2980748

E il prezzo della chiusura in nazionalistiche certezze è raffigurato con allegorica e potente esemplarità dal greco Blitz Theatre Group nel suo Late Night. Una sorta di sala da ballo circondata da rovine, sedie sbilenche e un microfono. Tre coppie in abito elegante ballano con maldestra inquietudine un valzer dopo l’altro e, a tratti, si avvicinano al microfono: mormorano qualcosa, vorrebbero dire ma preferiscono lasciare la parola a un altro, ricordano un passato non remoto. Le principali città europee ridotte in rovina, le “lunghe marce” alla ricerca di un luogo sicuro, la presa di coscienza delle esiziali illusioni da cui ci si è lasciati ammaliare. «La vita di un tempo non esiste più e non ve ne siete accorti, idioti»: parole che risuonano sinistre e premonitorie, così come l’autoaccusa di avere ceduto così facilmente a promesse consolatorie. E poi c’è l’amore, l’unica illusione che avrebbe meritato di essere seguita e che, invece, si è preferito accantonare.  Con crescente disperazione i sei danzano sulle macerie di un’Europa che ha dimenticato troppo velocemente il proprio passato – quello di “culla del pensiero” così come quello di scenario di genocidi indicibili – e che ora attende con ansia la morte. La compagnia greca mette in scena uno spettacolo disperato e disperante, che costringe a fare i conti con la spensierata leggerezza con cui si compiono le proprie scelte, politiche e private, poiché, alla fine, non esistono vie di fuga.DSC_9607

O, meglio, esistono, ma soltanto nella fantasia, come suggeriscono due altri spettacoli in cartellone al festival: I libri di OZ e Vieni su Marte. Nel primo Chiara Lagani offre una lettura drammatizzata di alcuni brani tratti dai romanzi di Franz Baum da lei stessa tradotti per la casa editrice Einaudi. Ad accompagnare l’appassionante lettura, la proiezione dei visionari disegni realizzati per la stessa pubblicazione da Mara Cerri. E, seguendo le vicende di Dorothy, sorge l’auspicio che, se un uragano dovrà travolgerci, allora speriamo che ad attenderci ci sia un mago di Oz pronto a regalarci una nuova esistenza.DSC_9238

Quella che, probabilmente, l’umanità non riuscirebbe a inventarsi se fosse davvero in grado di stanziarsi su Marte: VicoQuartoMazzini parte dal progetto Mars One, avviato nel 2012 con l’intento di raccogliere candidature quali futuri abitanti del pianeta rosso. I video delle auto-candidature fungono da intervallo e filo rosso fra i differenti quadri messi efficacemente in scena da Michele Altamura e Gabriele Paolocà e che esemplificano differenti volontà – o, meglio, necessità –  di partenza per un altrove: quella di chi vuole liberarsi dei “negri” e quella dell’insegnante precario desideroso di una cattedra, ma anche quella dell’artista di teatro che vorrebbe allestire Minetti di Thomas Bernhard e costruire un teatro su un cimitero marziano. E, fra questi sipari, quelli, surreali e struggenti, abitati da un marziano malinconico e da uno psicanalista assai pragmatico e razionale: il finale è affidato proprio all’uomo venuto dallo spazio che, immergendosi nella letteratura, riscopre quell’umanità – vulnerabile eppure robustissima – che sola può garantire la sopravvivenza della nostra specie…

www.festivaldellecolline.it,   www.fondazionetpe.it

PETER PAN GUARDA SOTTO LE GONNE; STABAT MATER, UN ESCHIMESE IN AMAZZONIA

Ideazione testi e regia Liv Ferracchiati

Dramaturg Greta Cappelletti

Scene Lucia Menegazzo

Costumi Laura Dondi

Disegno luci Giacomo Marettelli Priorelli

Suono Giacomo Agnifili

Con Linda Caridi, Luciano Ariel Lanza, Chiara Leoncini, Alice Raffaelli, Greta Cappelletti, Laura Dondi, Liv Ferracchiati, Giacomo Marettelli Priorelli

Produzione PETER PAN…The Baby Walk – Teatro Stabile dell’Umbria, con il sostegno di Campo Teatrale Milano e CAOS – Centro Arti Opificio Siri Terni. STABAT MATER MaMiMò e Teatro Stabile dell’Umbria/Ternifestival, in collaborazione con CAOS – Centro Arti Opificio Siri Terni. UN ESCHIMESE… Teatro Stabile dell’Umbria, Centro Teatrale MaMiMò, Campo Teatrale, The Baby Walk, in collaborazione con Residenza Artistica Multidisciplinare presso CAOS – Centro Arti Opificio Siri Terni. 

RITRATTO DI DONNA ARABA CHE GUARDA IL MARE

Di Davide Carnevali

Regia Claudio Autelli

Scene e costumi Maria Paola Di Francesco

Luci Marco D’Andrea

Suono Gianluca Agostini

Con Alice Conti, Michele Di Giacomo, Giacomo Ferraù, Giulia Viana

Produzione LAB121, in collaborazione con Riccione Teatro, con il sostegno di Next

LATE NIGHT

Ideazione e regia Blitz Theatre Group (Angeliki Papoulia, Christos Passalis, Yorgos Valais)

Drammaturgia Blitz Theatre Group / Angelos Skassilas

Coreografia Yannis Nikolaidis

Scenografia Efi Birba

Costumi  Vassilia Rozana

Luci Tasos Palaioroutas

Con Maria Filini, Yannis Nikolaidis, Angeliki Papoulia, Christos Passalis, Ioanna Rabaouni, Serafeim Radis

Produzione Onassis Cultural Center, Blitz Theatre Group; in coproduzione con La Filature – Scène Nationale de Mulhouse 

I LIBRI DI OZ

Di e con Chiara Lagani

Regia e animazioni video Luigi De Angelis

Illustrazioni Mara Cerri

Paesaggio sonoro Mirto Baliani

Suono Vincenzo Scorza

Produzione Elastica, Fanny & Alexander, in collaborazione con Giulio Einaudi Editore 

VIENI SU MARTE

Regia e interpretazione Michele Altamura e Gabriele Paolocà

Drammaturgia Gabriele Paolocà

Scene Alessandro Ratti

Costumi Lilian Indraccolo

Luci Daniele Passeri

Sound design Alessandro De Rocco

Riprese e video editing Raffaele Fiorella, Fabrizio Centonze

Produzione VicoQuartoMazzini, Gli Scarti; con il sostegno di Officina Teatro, Kilowatt Festival, Asini Bardasci, 20Chiavi Teatro; con il sostegno del MIBACT e di SIAE nell’ambito dell’iniziativa “S’illumina – Copia privata per i giovani, per la cultura”