FRANCESCA GIULIANI | Una generazione che scappa dai ruoli passivi che le attribuiscono cercando di affermare la propria autonomia attraverso una serrata critica al mondo degli adulti e alla società stessa: è questa l’atmosfera che pervade gli otto corti teatrali presentati al premio Scenario Infanzia 2018 in occasione della prima edizione del festival omonimo che si è tenuta dal 21 al 24 giugno a Cattolica (RN). L’associazione Scenario, che si occupa da trent’anni di monitorare lo sviluppo del nuovo teatro, promuovendo e valorizzando la cultura teatrale in Italia, e che da alcuni anni si è mossa per donare nuova linfa vitale anche al teatro ragazzi, ha premiato come vincitore Storto di InQuanto teatro e ha assegnato due menzioni speciali: una a Fratellino e Fratellina di Asini Bardasci e l’altra a Domino di Generazione Eskere. Seguendo le tracce che sono affiorate da molti dei lavori visti, in questo racconto verranno attraversate le tematiche più rilevanti sottolineando fin d’ora l’attenzione rivolta a quel particolare periodo generazionale che sembra emergere da quasi tutti i lavori scenici sia per i protagonisti sia per l’età di riferimento: l’adolescenza.

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ph. Diane | Ilaria Scarpa | da “Storto”

La fiaba come viaggio per catturare il reale

A proposito della fiaba Gianni Rodari scriveva che contemporanea “sarà quella fiaba che tenterà di inserire nella dimensione fiabesca cose, persone, problemi del nostro tempo; o che semplicemente userà il linguaggio fiabesco per parlare, con i bambini di oggi, delle cose di oggi; o che muovendosi sulla stessa linea, tenterà di rinnovare il linguaggio fiabesco”. Sembrano seguire questa traccia alcuni dei lavori selezionati dall’associazione Scenario. In questi infatti le fiabe classiche vengono rilette attraverso un’attenta riscrittura scenica che non solo attualizza la struttura fiabesca ma evidenzia anche l’emergere di un mondo contemporaneo dove non sembra esserci spazio per quella dimensione “spensierata” che è tipica della fanciullezza. Il viaggio resta il filo rosso della dimensione testuale. In Fratellino e Fratellina Asini Bardasci rileggono la fiaba di Hansel e Gretel costruendo un dispositivo scenico nel quale il racconto drammatico si sviluppa attraverso una precisa intersezione tra movimenti scenici, immagini e sonoro. Il bosco e la casetta di marzapane di Hansel e Gretel vengono qui traslati nei non-luoghi moderni per eccellenza: un’area di sosta dove vengono abbandonati dai genitori, un ecomostro – palazzo abbandonato in costruzione dove cercano rifugio – e un incrocio cittadino affollato da auto e persone che corrono all’impazzata: sulla scena si muovono i due attori, impermeabile rosso lei, impermeabile blu lui, costruendo un potente dialogo tra i loro corpi e i paesaggi contemporanei proiettati sullo schermo. Con Dreaming Beauty, Maddalena Reversa crea un’installazione immersiva dove ambienta attraverso sei stanze per un solo spettatore alla volta – a Cattolica ne sono state presentate solamente due per tre spettatori alla volta – la fiaba de La bella addormentata. Qui il viaggio sensoriale è vissuto in prima persona dallo spettatore che dovrà attraversare, munito di indicazioni e di cuffie, le stanze. Nella prima le riflessioni sul tempo che scorre si sovrappongono all’odore umido del bosco e la semioscurità è rotta dalle fievoli e tremolanti lampade sui lati; nella seconda le pareti di specchi fanno riflettere forse un po’ didascalicamente sull’identità richiamata anche dalle parole sussurrate alle orecchie. In Rautalampi la Compagnia Garofoli/Nexus parte dal ricordo della narrazione di una fiaba della tradizione rom raccontata dalla nonna della protagonista. Qui c’è il viaggio di Licia, un’adolescente rom, mostrato da due differenti punti di vista: da una parte mettendo in scena il processo di costruzione del personaggio e quindi il lavoro dell’attrice fuori e dentro il campo rom dove sono stati fatti laboratori con il regista gli attori e i residenti; dall’altra mettendo in luce il processo di differenziazione che dalla storia narrata dalla nonna porta all’emarginazione vissuta dall’adolescente nel difficile rapporto con l’ambiente scolastico e nella contrastante perché “diversa” passione, la box. La scena costituita di quattro sedie rosse si trasforma velocemente da palestra a scuola mentre sul retro scorrono le immagini reali del campo rom di Salone, a Roma.

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ph. Diane | Ilaria Scarpa | da “Fratellino e Fratellina”

La famiglia come metafora della societàLa famiglia come metafora della società

Un altro aspetto che si potrebbe dire fiabesco se letto come traslazione di quella che è la figurazione del “cattivo” nell’intreccio favolistico è la famiglia. Quest’ultima è il filtro attraverso il quale vengono individuati anche tutti i conflitti che attraversano la società. In Storto di InQuanto Teatro c’è sussurrata sottotraccia una famiglia che non accetta la disabilità. È la ragazza “strana” che, incontrato il “nerd” della nuova scuola, si lamenta con lui dei genitori che hanno optato per un nuovo trasloco alla ricerca di bravi dottori che salvino il figlio “storto”. In Rautalampi una famiglia, e anche una scuola, che non accetta l’alterità. In Fratellino e fratellina emerge fin da subito un mondo adulto che non riconosce le proprie responsabilità: un mondo adulto che impone, attraverso la voce esterna di uno Stato che proclama a gran voce editti, ai suoi giovani di crescere, lavorare e fare soldi. Nel mondo onirico di LonelyOfficine Montecristo ricrea brevi quadri scenici in cui delle figure con il volto coperto da maschere o sacchetti di carta si muovono su una scena quasi spoglia dove le figurine sembrano mosse dall’impatto della musica sui loro corpi. Come in un film muto scorrono le didascalie su cartelli che entrano dai bordi scena. C’è Clara una vecchia che al cimitero piange il ritratto del marito morto, poi appare una figura-orologio che danza e subito dopo lo scorrere del tempo in casa di Clara è scandito da un fastidioso ticchettio che ricopre la scena di una tragica malinconia. In uno di questi quadri appare un monolocale con il classico trittico famigliare seduto in una stanza ammobiliata Ikea: un ragazzo muto e senza volto è circondato dai due genitori, anch’essi senza volto, un padre muto e costantemente coperto dalle pagine di un quotidiano e una madre, variopinta, con capelli spropositati che le coprono gli occhi, intenta a blaterare al cellulare completamente inconsapevole di quello che accade intorno; si fermerà solo nel momento in cui un barbone, nella scena successiva al parco, le passerà a fianco e incutendole una folle paura la farà scappare a gambe levate. Poi c’è la grande famiglia di Domino di Generazione Eskere. Qui i protagonisti, un potente gruppo coeso di giovani attori, affiancati da un bambino-tiranno cercano di festeggiare un compleanno che diventerà infinito. In questa lotta per apparire al meglio agli occhi del festeggiato, costantemente insoddisfatto, gli attori monteranno e smonteranno la scena fatta di cubi e due panche colorati, generando sincronicamente nuove scene e nuovi mondi giocosi per lo “spietato mostriciattolo” da loro creato.

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ph. Diane | Ilaria Scarpa | da “Domino”

Solitudine, abbandono e ricerca della “felicità”

La solitudine sembra essere la sensazione primaria, l’estrema deriva di una società in crisi. Da questo disorientamento emotivo, tratteggiato spesso da un abbandono più o meno esplicito, non resta che fuggire nella speranza di trovare una qualche “felicità” difficile da identificare. C’è chi la cercherà in un altro universo possibile come S e V le figure protagoniste di Cosmonauta degli Universidi Valentina Pagliarani. C’è chi la rincorrerà attraverso un viaggio oltreoceano come i due protagonisti di Storto di InQuanto Teatro che sembrano scappare da una cosiddetta normalità che raffigura l’altro nel “mostro”: attraverso un racconto che si fa vocale oltre che visivo, con le proiezioni di immagini fumettistiche a sottolineare certe caratteristiche dei personaggi o degli eventi detti a parole, il viaggio sembra farsi metafora di una ricostruzione di sé attraverso l’accettazione della propria diversità. C’è chi la cerca nascondendo il proprio genere per tramutarsi in un maschio come in Come quando è primaveraBinario1310 cerca l’alterità di un paese in guerra – siamo a Kabul ci dicono i soprattitoli – per raccontare le discriminazioni di genere che ancora invadono buona parte della superficie terreste: qui una bambina deve abbandonare la sua fisicità per travestirsi da maschio e così poter entrare a scuola esaudendo il suo sogno di studiare.

Verso un finale

La visione che sembra uscire dai mondi attraversati da questi giovani gruppi teatrali sembra essere quella di una precisa denuncia dello statuto di adolescenti in lotta contro un mondo adulto che cerca di tenerli a bada. Consapevoli di questo status raccontano con ferocia, senza comicità e senza ironia, ne resta qualche traccia solo nelle figure grottesche di Lonely, il difficile travaglio dell’età adolescenziale in perenne tumulto emotivo e senza appigli a cui aggrapparsi: non c’è famiglia, non c’è scuola, non c’è società. Non sembra esserci niente e nessuno a sostenerli e a riconoscerli come soggetti sociali. Non resta che la fuga per scontrarsi con l’ignoto, e forse anche con sé stessi, per trovarsi: questa sembra la soluzione che si annida in questi primi venti minuti di messe in scena. Non resta che aspettare gli spettacoli finali per vedere disciolti alcuni di questi nodi. Non manca già la bellezza che sta in quella particolare cura e attenzione alla relazione tra corpi e oggetti, tra corpi e immagini proiettate, tra corpi e sonoro, tra scena e temi narrati: c’è una competenza che, come ha sottolineato anche la giuria, dimostra una piena consapevolezza artistica.

 

Fratellino e Fratellina

Asini Bardasci (Mondavio, Pu)
scritto da Paola Ricci
con Filippo Paolasini, Paola Ricci
regia Filippo Paolasini, Paola Ricci
luci, audio e video mapping Fabio Dimitri
8-12 anni
Lonely – Spettacolo in musica sulla poesia della solitudine

Officine Montecristo (Arezzo)
di Giovanni Firpo
regia Giovanni Firpo
scene Flavio Pezzotti
musiche originali Francesco Leineri
con Luigi Biava, Corinna Bologna, Bianca Friscelli, Roberta Morelli Francesco Tozzi
assistenti Gloria Carovana, Lucia Leonardi
8-15 anni

Cosmonauti degli Universi… Entrate dalla finestra

Valentina Pagliarani (Cesena, Fc)
regia Valentina Pagliarani
con Sissj Bassani, Valentina Pagliarani
suono Glauco Salvo
luci Filippo Tappi, Sofia Rossi
scenografie Zhou Haoran, Sofia Rossi, Aurora Vivenzio
organizzazione Letizia Pollini
8-12 anni
Dreaming Beauty

Madalena Reversa (Padova)
ideazione Madalena Reversa
scene, scene, musiche, voci Maria Alterno, Richard Pareschi
luci Mattia Dal Bianco
assistenza tecnica Davide Semilia
14-18 anni
Rautalampi

Compagnia Garofoli/Nexus(Roma)
con Laura Garofoli, Nedzad Husovic, Nexus
testo e regia Nexus
scrittura di scena Laura Garofoli, Nedzad Husovic, Nexus
assistente alla regia Alessandro Giova
traduzione italiano-romanès Nedzad Husovic
12-18 anni
Domino

Generazione Eskere (La Spezia)
regia Alice Sinigaglia
drammaturgia collettiva
interpreti Leonardo Bernardini, Gianmaria Meucci, Claudia Natucci Tommaso Pistelli, Caterina Rosaia, Alice Sinigaglia
Davide Sinigaglia, Giordano Tommaseo
8-12 anni

Storto

InQuanto teatro (Firenze)
con Davide Arena, Elisa Vitiello
testo Andrea Falcone, Matilde Piran
illustrazioni Mattia Vegni
disegno luci e tecnica Monica Bosso
regia Giacomo Bogani
13-18 anni
Come quando è primavera

Binario1310 (Roma)
regia e costumi Marco Fasciana
drammaturgia Giulia Canali, Marco Fasciana, Caterina Marino
Interpreti Giulia Canali, Caterina Marino
collaboratore tecnico Tommaso Capodanno
9-13 anni