DOMENICO COLOSI | Cortocircuiti generativi per una ridefinizione del contemporaneo. Il Cross Festival di Verbania pone al centro della sua indagine il concetto di limite in un’ottica multidisciplinare: una visione che procede oltre la nozione di danza e atto performativo per sfociare in una riflessione quasi ontologica sull’esistenza umana. Paese ospite dell’ottava edizione del festival diretto da Antonella Cirigliano la Corea del Sud, presente in Piemonte con due delle compagnie più conosciute del circuito internazionale, Noname Sosu e Art Project BORA: sperimentazione e culto della tradizione convergono nel medesimo percorso caratterizzato da un’estrema semplicità compositiva abbinata a visioni polisemiche del reale.
Lavoro archeologico sulla psiche, Silentium del performer Choi Young-hyun elabora il tema dello sdoppiamento dell’io in rapporto dialettico con la metafisica. Nell’oscurità di una sala del Museo del Paesaggio, tra i dipinti di Ottone Rosai e Aldo Carpi, un tronco umano – banalmente una versione maschile della Nike di Samotracia – dispiega un gioco di illuminazioni industrial con l’utilizzo minimo di due lampadine tascabili: speleologo di un mondo già compiutamente postmoderno, l’interprete della Noname Sosu insiste su un processo di autoidentificazione baconiana; delle mani estranee (quelle della performer CheRin Feo) prorompono dunque dall’oscurità per aggiungersi alla composizione, in un piano di rivalutazione sacra del soggetto – quasi una citazione apocrifa della dea Kali in tempi di assoluto relativismo – dopo la morte di ogni Dio.
Chiusura di rassegna, invece, con il primo capitolo del progetto Tail Language firmato dall’Art Project BORA. Sul palco dell’avveniristico Teatro il Maggiore, opera ideata dall’architetto spagnolo Salvador Perez Arrojo sulla riva occidentale del lago, la compagnia coreana offre un campionario di suggestioni infantili tratte da fiabe e leggende nazionali. L’articolata progressione delle scene confluisce in una gestualità semplice ed immediata: la difficile conquista della posizione eretta, le torsioni di uomini-insetti, il gioco prolungato con involucri di carta che divengono paramenti, casa, bozzolo e culla. I dieci interpreti su un palco-ring da rimodellare a piacimento rinunciano all’uniformità per suggerire una direzione di gradualità della condizione umana (natura non facit saltus), privilegiando tuttavia il gesto artistico ad una compiutezza formale nella narrazione trascinati dalle evocative musiche ambient di Kim Jaeduk. Nella coreografia di Kim Bora le forme si spezzano ridefinendo di volta in volta gerarchie variabili, visione di un mondo di intersezioni empatiche che non necessitano della parola. Attraversamenti di senso, lungo ogni direzione.
Silentium
della compagnia Noname Sosu (Corea del Sud)
Coreografia e Lighting Design Choi Young-hyun
Performer Choi Young-hyun, CheRin Feo
Musiche Bjork, Ryoji IKEDA
Produzione Noname Sosu
Verbania, Museo del Paesaggio, 30 giugno 2018
Tail Language
della compagnia Art Project BORA (Corea del Sud)
Coreografia Kim Bora
Danzatori Choi Soyoung, Jo Hyewon, Jung Juryung, Lee Hyeji, Park Yura, Yoon Sunji
Lighting Design Lee Seungho
Musiche Kim Jaeduk
Produzione Art Project BORA
Verbania, Teatro il Maggiore, 1 luglio 2018