ELENA SCOLARI | In occasione delle prove aperte di Who is the king della compagnia Musella/Mazzarelli al Teatro Franco Parenti di Milano abbiamo intervistato Paolo Mazzarelli per capire meglio la genesi e lo sviluppo di questo grande progetto shakespeariano che prenderà un periodo di produzione (con Marche Teatro) di ben sei anni.
Lino Musella e Paolo Mazzarelli stanno collaborando con Andrea Baracco per questo affascinante e ambizioso “monstrum” teatrale.
Prove aperte che mostrano un lavoro già concettualmente avanzato, molte scene sono quasi complete (non dal punto di vista tecnico ma di prove si è trattato), la qualità interpretativa della compagine dei dieci attori in scena è omogenea e la scrittura drammaturgica evidenzia un’attenzione a incastri e rimandi interni che sembra una chiave vincente per avvinghiare il pubblico alle prossime puntate.

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Lino Musella, Paolo Mazzarelli, Andrea Baracco

ES: Qual è lo scopo principale di questa operazione?

PM: Vogliamo mettere in scena una vera e propria serie teatrale, un progetto diverso da qualunque altra cosa fatta in teatro in italia finora. È prima di tutto una grande sfida drammaturgica. Si tratta di riscrivere, ridurre, adattare l’intero corpus dei drammi storici di Shakespeare, vorremmo arrivare a materiali di un’ora e 20 circa per ogni capitolo della serie.

ES: Da cosa è scaturita l’idea del parallelo con le serie televisive? Che ormai sono un genere con un’altissima attenzione alla scrittura.

PM: Shakespeare con i drammi storici ha inventato ante litteream l’idea di una scrittura seriale. Racconta centoventi anni di storia inglese, re dopo re, principe dopo principe, una saga a tutti gli effetti. I primi due drammi, Riccardo II e Enrico IV parte prima diventeranno uno spettacolo di circa tre ore, che presenteremo a ottobre al Franco Parenti.
Già qui c’è un’idea di serialità: lo spettacolo coprirà gli eventi narrati nel Riccardo II ma si irrompe già nell’Enrico IV. Il sipario si chiude e si riapre come se fossero passati alcuni decenni.

ES: Bisogna conoscere bene la storia dei Plantageneti, per non perdersi tra dinastie e rami familiari: York e Lancaster…

PM: Sì, ma non si tratta di fedeltà storica, è già Shakespeare a tradire la Storia: molti dei re di cui ci racconta non avevano non avevano quei caratteri nella realtà, noi cerchiamo di fare un ulteriore tradimento realizzando in scena il mondo inglese di allora in un’essenzialità estetica e visiva.
La natura psicologica del personaggio di Riccardo II è volutamente lasciata incomprensibile dall’autore. Noi daremo vita a uomini che non sono così diversi dai reali inglesi di ora, le cerimonie e le dinamiche “di palazzo” non sono poi così dissimili.

ES: Nella prova a cui abbiamo assistito c’è un monologo di re Riccardo che ricorda molto quello del Macbeth:

Un povero attore tutto compreso nella parte che si agita per un’ora sul palco
dopo di che non se ne sente più parlare.
È una storia raccontata da un idiota piena di urla e furia
è qualcosa che non significa nulla

E anche il personaggio del giardiniere, a suo modo, può ricordare l’Ofelia di Amleto, no?

PM: Sì, è vero, alcuni monologhi si ripetono quasi uguali in diversi suoi testi, per esempio le donne dei suoi drammi dicono quasi sempre le stesse cose, si disperano per uomini che non le amano veramente, sono spesso sull’orlo di una crisi di nervi… La citazione che fai di Macbeth è giusta, ci piace l’idea di disegnare atmosfere che lancino echi di ciò che verrà dopo, nei successivi blocchi di lavoro.

ES: Almeno per ora le scenografie sembrano piuttosto sobrie e i costumi non troppo connotati storicamente, è lo stile che volete mantenere?

PM: Vogliamo stare su un filo, che non sarà una ricostruzione d’epoca ma che ricordi esteticamente quel passato sottolinenando la modernità di Shakespeare, un gigante che continua a parlare, oggi, dell’Uomo. Ma questo oggi non passerà attraverso sciatte attualizzazioni, che non ci interessano affatto. In scena ci saranno pochi elementi che allontanino da un banale contemporaneo senza calarsi in un preciso tempo storico.

ES: Pensate che questo approccio a Shakespeare possa attirare anche un pubblico giovane?

PM: Avere tanti spettatori giovani sarebbe un risultato fantastico! Crediamo che l’idea della serie e degli agganci tra un capitolo e l’altro possa appassionare anche loro.

Who is the king

drammaturgia e regia Lino Musella, Paolo Mazzarelli
supervisione alla regia Andrea Baracco
luci Pietro Sperduti
scene Paola Castrignanò
sound design e musiche originali Luca Canciello
costumi Marta Genovese
con Massimo Foschi, Marco Foschi, Annibale Pavone, Valerio Santoro, Gennaro Di Biase, Josafat Vagni, Laura Graziosi, Giulia Salvarani, Paolo Mazzarelli, Lino Musella
Produzione Teatro Franco Parenti, La Pirandelliana, MARCHE TEATRO