ALICE FIUMALBI | Carrozzeria Orfeo, con la regia collettiva di Gabriele De Luca (autore del testo), Massimiliano Setti e Alessandro Tedeschi, ci trascina in un vortice di ironia e malinconia; in un dialogo tragicomico con la contemporaneità, della quale sottolinea l’assurdità, scagliandosi contro i finti buonismi e l’ipocrisia da cui è caratterizzata.
I personaggi creati da Gabriele De Luca sono così paradossali da essere reali e tangibili più che mai. Ognuno di questi, all’inizio apparentemente assorto nelle sue dipendenze, debolezze, credenze, stile di vita, porta con sé il suo dramma, che si disvela nel corso dello spettacolo.
Tutti gli interpreti riescono in modo magistrale, immedesimato ed intenso, a rendere la complessità dei loro personaggi ma colpisce soprattutto il rapporto aggressivo, rancoroso e spietato tra madre e figlio, rispettivamente impersonati da Beatrice Schiros e Gabriele De Luca, che viene fuori in tutta la sua passionalità crudele.
La scenografia, habitat di questi personaggi, contribuisce insieme alle luci di Diego Sacchi e le musiche di Massimiliano Setti a creare atmosfere allucinate, visionarie ed oniriche, come nella scena-coreografia corale della sequenza ritmica creata dagli attori con tazzina e cucchiaino da caffè.
Più che mai appropriato il sottotitolo dello spettacolo: “dedicato a tutti i familiari e a tutte le vittime dei familiari”. Carrozzeria Orfeo, nonostante il linguaggio colorito e il gusto provocatorio, dimostra una grandissima empatia nei confronti degli ultimi della società che porta in scena.