FRANCESCA DI FAZIO | In una stanza sono raccolte sculture in legno, tracce di libri e burattini. Vi si entra con una curiosità meravigliata, quasi bambina. Il burattinaio accoglie il pubblico presentando sé stesso e i suoi lavori, stabilendo fin da subito un rapporto duplice con lo spettatore: da un lato egli è se stesso, Gigio Brunello, dall’altro, per ovviare alla difficoltà di parlare di sé in prima persona, egli è personaggio di nome Armando, impersonificato da una lignea statuetta.
All’interno dell’Alpe Adria Puppet Festival, organizzato dal CTA di Gorizia, Gigio Brunello è presente con una retrospettiva che riguarda il suo universo artistico e biografico, in occasione della presentazione del suo libro Tragedie e commedie per tavoli e baracche, una raccolta dei testi da lui scritti insieme a Gyula Molnàr per gli spettacoli in baracca e su tavolo.
Prima dello spettacolo Beati i perseguitati perché di essi è il regno dei cieli, andato in scena l’ultima sera del Festival, Brunello si fa contastorie proponendo per tre sere di seguito Miracoli, un racconto in tre episodi fra storie personali, aneddoti e accadimenti. Allestito insieme a Lanfranco Lanza, Miracoli è un’inedita proposta teatrale, un racconto di note biografiche oppure un’autobiografia romanzata, una serie di eventi rivisitati da colui che quegli eventi ha vissuto, un’irrompere della fantasia nelle vicende personali.
Il racconto è infatti strutturato come un intreccio inestricabile di realtà e finzione, di immedesimazione di Brunello con l’universo delle sue creazioni, tanto da divenirne in qualche modo parte e non rimanendo soltanto creatore. La narrazione della sua individuazione come mestierante di burattini è intervallata alla presentazione di alcuni suoi personaggi, di storie che lo hanno segnato tanto nel percorso privato quanto in quello artistico.
Comincia dunque il racconto della conversione di Armando e delle sue visioni, di quando Shakespeare lo visitò in deliri febbricitanti, di quando fu moralmente ferito dall’ideologia degli anni ’70 e dall’avvento della regia collettiva, di come meditò di chiudersi in baracca. Passando attraverso ironiche rievocazioni di sacre rappresentazioni mai avvenute, presentazioni di alcuni personaggi e delle loro storie, ritrovamenti di enigmatici ex-voto, si delinea il percorso artistico del burattinaio e si è introdotti al suo peculiare universo di “realismo magico” (si veda a tal proposito la video-intervista di Renzo Francabandera).
Brunello si riconferma come un re-inventore del teatro di figura, proponendo un dispositivo teatrale tanto nuovo quanto antico, che prende dal racconto orale del teatro popolare, passa per il teatro di narrazione novecentesco e muove verso un’ibridazione di poetiche, senza tralasciare una vivida componente visiva. Continuando nel suo percorso di rimessa in discussione dei linguaggi, Brunello, dopo aver già sperimentato l’uscita del burattinaio dalla baracca nei suoi spettacoli su tavolo (la Trilogia di Mestre), lascia qui ogni supporto ligneo per raccontarsi in una forma di fantasioso bildungsroman, un racconto favolistico e biografico al tempo stesso.
Miracoli è un’indagine immaginifica sul significato di conversione, non tanto in chiave religiosa ma piuttosto filosofico-letteraria: conversione come cambiamento, illuminazione, crisi. Ri-visitazione della sua personale conversione, di quando fin da bambino sentì che da grande voleva fare il burattinaio, delle contraddizioni interne che ha dovuto superare per affermare la sua credenza di fronte a una Mestre operaia che faticava a condividere il suo sguardo. Il filo del racconto rimane teso tra vividi ricordi di vissuto e aspetti universalistici di riferimenti poetici, intrattenendo lo spettatore con un gioco acuto di verità e ironia.