GIAMBATTISTA MARCHETTO | Allestito per la prima volta nel 1992 alla Alte Oper di Francoforte, il capolavoro di Frank Zappa The Yellow Shark inaugura il 62. Festival Internazionale di Musica Contemporanea della Biennale di Venezia.
Aperto a una “più attuale interpretazione del concetto di contemporaneità”, secondo il pensiero del direttore Ivan Fedele, il festival – dal 28 settembre al 7 ottobre – è dedicato alle influenze musicali tra Europa e Americhe sotto il titolo Crossing the Atlantic. The Yellow Shark di Frank Zappa, Maria de Buenos Aires di Astor Piazzolla, Aliados di Sebastian Rivas e il Victor Wooten Trio – che il direttore Fedele ha voluto nel programma – sono alcuni esempi di come ogni musica possa arricchirsi dell’esperienza dell’altra, assorbirne la lezione e restituirla in una nuova forma.
Un programma che, ancora una volta, si dipana nel segno dell’incrocio tra l’impatto visuale e il tessuto sonoro, tra un allestimento che muove immagini e scenografie oltre a invadere l’universo ascoltabile con interessanti proposte crossmediali.
The Yellow Shark è proposto nella versione integrale con i 26 elementi del Parco della Musica Contemporanea Ensemble diretti da Tonino Battista e la partecipazione di David Moss, uno dei più originali vocalist del mondo, già interprete dell’opera zappiana. Considerato la sintesi più alta dell’intelligenza creativa di Frank Zappa, The Yellow Shark è espressione di un pensiero musicale che attraversa in libertà tutti i generi, capace di fondere partitura orchestrale e improvvisazione, rock sperimentale e avanguardia accademica, performance e dettaglio interpretativo.
Anche il tango trova spazio nel Festival, quello di un altro eretico come Astor Piazzolla, che innerva il genere da ballo più popolare al mondo con strumenti, tecniche, stili diversi. A Venezia sarà Marcelo Nisinman, fuoriclasse del bandoneón, a dirigere la famosa opera-tango di Piazzolla, Maria de Buenos Aires, storia che sgorga dal realismo magico sudamericano, con la caratteristica mescolanza di sacro e profano, per la penna del poeta uruguaiano Horacio Ferrer.
Con un passato nel rock e nel jazz, Sebastian Rivas – Leone d’argento del Festival – si muove disinvoltamente tra sperimentazione digitale, acustica ed elettronica: alla Biennale porta Aliados, un’opera multimediale, con suoni immagini e voci manipolati in tempo reale e insieme un’opera del nostro tempo. L’opera rievoca l’incontro realmente avvenuto tra Augusto Pinochet e Margaret Thatcher, gli alleati del titolo ai tempi del conflitto per le isole Falkland.
Un mago del basso è Victor Wooten presenta in prima europea il suo ultimo CD, Trypnotyx, accompagnato da due musicisti magistrali: il batterista Dennis Chambers, session man con Scofield, McLaughlin, Santana, e il sassofonista e flautista Bob Franceschini.
Sull’ampio versante della musica arricchita e creata da dispositivi tecnologici, i concerti diventano sempre più spesso teatro, con interpreti-performer, ambienti sonori scenografici e installazioni immersive che trasformano lo spazio scenico e d’ascolto della musica.
Accade in Nidra di Giacomo Baldelli, concepita come opera multisensoriale, con brani che riconnettono la musica d’arte all’energia sovversiva del rock, come Trash TV Trance di Fausto Romitelli o Vampyr! di Tristan Murail. E accade anch in Le chant de la matière di Laura Bianchini e Michelangelo Lupone del Centro di Ricerca Musicale di Roma, che inventano grandi tamburi fatti di membrane interattive e dal fusto di metallo in grado di far risuonare la voce della materia come un’imponente sinfonia proiettandone le affascinanti vibrazioni su uno schermo, complice il percussionista Philippe Spiesser. O ancora come nei concerti dedicati al contrabbasso solo: di Dario Calderone, interprete di Ur, due riti per contrabbasso solo di Giorgio Netti in una versione amplificata che avvicina, allontana, immerge lo spettatore nel suono e nello strumento; di Florentin Ginot, che presenta Not Here, un concerto-scenografia in situ secondo lo stesso Ginot, dove trovano spazio ai quattro lati della scena altrettanti contrabbassi, uno per ogni brano, esplorando tutta la gamma sonora di questo strumento; di Charlotte Testu, che utilizza dispositivi elettronici per reinventare la tecnica strumentale del contrabbasso. Infine il duo di violoncelli aumentati di Norman Adams e Nicola Baroni: nei loro concerti partitura, programmazione computazionale ed esecuzione perdono i loro contorni tradizionalmente definiti e il suono “virtuale” emerge come un’effettiva conseguenza delle azioni che avvengono sul palco.
Applaudita come “la diva del pianismo d’avanguardia, interprete d’elezione di Cage e di Crumb, prima a coltivare l’arte del pianoforte giocattolo, Margaret Lang Ten esegue musiche di Cowell, Cage, Crumb.
Infine stili e generazioni diverse si incrociano nei concerti degli ensemble e dei quartetti invitati al Festival, attenti all’elemento dinamico, performativo, spaziale dell’esecuzione: l’Orchestra Haydn diretta da Tito Ceccherini, solisti il soprano Giulia Bolcato e il violinista Francesco D’Orazio; l’Ensemble Linea, fondato nel 1998 dal pianista e direttore d’orchestra Philippe Wurtz, già assistente di Kent Nagano e Peter Eötvös; il Mivos Quartet, fondato soltanto 10 anni fa a New York e già fra più agguerriti interpreti della musica contemporanea; il quartetto d’archi Untref, costituito solo nel 2011, ma fra i primi ensemble in Argentina dedicati alla musica che va dal secondo novecento ai nostri giorni.
È sempre il PMCE a presentare, inoltre, un concerto monografico dedicato a un compositore immenso come Elliott Carter, sempre all’ascolto del proprio tempo.
Il Leone d’oro alla carriera di questa edizione del Festival è stato attribuito a Keith Jarrett.
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