LAURA BEVIONE | L’ispirazione per creare arte è sovente generata da fatti apparentemente casuali, come un acquisto svogliato in un mercatino delle pulci visitato per sfuggire al maltempo. L’artista polacco Janek Turkowski compra uno stock di ben 64 bobine Super8 e, dopo averle pazientemente visionate tutte, si rende conto che registrano una fetta significativa della vita di una donna della ex Germania dell’Est, una tale Margarete Ruhbe.
Con l’ausilio di un portatile e di uno schermo – il resto della scenografia è rimasto bloccato all’aeroporto di Berlino, frastornato dalla visita di Erdogan – Turkowski ripercorre scoperte, congetture, stravaganze sorte durante l’analisi minuziosa dei filmati: chi c’era dietro la cinepresa? Perché quella donna prima indossava degli occhiali e ora non più? C’era forse una relazione fra quei due? E la moglie di lui aveva capito?
Gite organizzate in amene località della Germania comunista ovvero nelle vicine repubbliche baltiche, passeggiate nei boschi in compagnia di un cane affettuoso, l’inconfondibile architettura del socialismo reale… L’artista polacco descrive luoghi e sottolinea particolari soltanto all’apparenza secondari ma racconta altresì i procedimenti tecnici che gli hanno permesso di visionare e poi digitalizzare i filmini, a testimoniare di una curiosità non soltanto superficiale.
Sì, poiché il rischio di essere tacciati di insensibile desiderio di farsi gli affari degli altri è lì, in agguato, ma Turkowski, che è artista assai sensibile, lo scansa con disinvoltura e palesa un sincero interesse a svelare i “misteri” suscitati dal filmino. E si spinge così a rintracciare la finora fantomatica Margarete, oggi rigogliosa centenaria ospite di una casa di riposo. L’anziana svela gli enigmi sorti dopo la visione e ricorda insieme a – o, meglio, per – noi la propria giovinezza e la quotidianità dei remoti anni Sessanta del secolo breve.
L’artista polacco parte da un object trouvé per intessere una narrazione avvincente, mostrando come quella voyeristica curiosità che ci spinge ad acquistare vecchie foto di famiglia nei mercatini delle pulci possa tramutarsi in necessità di indagare il passato, lumeggiarne quegli aspetti meno noti poiché ignorati dalla Storia con la S maiuscola. Il desiderio di restituire identità e preziosità a esistenze altrimenti neglette. O, forse, l’illusione di garantire anche a se stessi una futura memoria…
Ricostruisce, invece, la vita di una persona niente affatto sconosciuta il messicano Gabino Rodriguez, membro del collettivo artistico Lagartijas Tiradas al Sol: Montserrat è, infatti, sua madre, di cui perse le tracce quando aveva appena sei anni.
Su un palcoscenico affollato di piante e delimitato sul fondo da uno schermo e, in proscenio, da fotografie in bianco e nero e documenti vari, il performer ripercorre la propria appassionata e rigorosissima quête, alla ricerca di quell’insostituibile tesoro che è la figura materna. Il diario della giovane Montserrat: è a Londra e ama un fascinoso poeta che muore tragicamente. Torna nella nativa Costa Rica per poi trasferirsi a Città del Messico e sposarsi. Un certificato di morte – rivelatosi falso – ne dichiara il decesso, confermato da un segno che indicherebbe il punto preciso di un bosco in cui le sue ceneri sarebbero state sparse… Gabino, però, non è convinto, qualcosa gli dice che sua madre è ancora viva, il filo che li lega non è spezzato.
Detective privati poco affidabili e parenti reticenti se non veri e propri sabotatori non impediscono all’autore/protagonista di scoprire la verità e guardare almeno una volta negli occhi colei che l’ha generato. Un incontro che, nondimeno, non scioglie quella frustrazione e quella costante tristezza che avvolgono la vita di Gabino, anzi…
L’artista messicano parte sicuramente dalla sua autobiografia ma sceglie di incasellare il proprio magmatico vissuto in una struttura scientifica, testimoniata dal preciso schema che, proiettato sullo schermo, accoglie lo spettatore, quasi ad avvertire che ciò cui sta per assistere non è tanto un racconto viscerale e “immediato” quanto un’accurata e razionale riscrittura del passato, in cui verità e “quasi” verità si confondo e scivolano ogn’ora l’una nell’altra. Gabino Rodriguez sa bene che il ricordo è necessario proprio perché non oggettivo e che, in fondo, ognuno di noi, ogni giorno, ricama con arte la propria autobiografia.
Lo spettacolo, stringente e appassionante come un giallo, coinvolge e allo stesso tempo interroga lo spettatore, spingendolo a riflettere sul labile confine fra finzione e realtà e convincendolo che vivere in costante equilibrio su quei due universi è unica condizione a garantirci la sopravvivenza.
MARGARETE
di e con Janek Turkowski
MONTSERRAT
testo, regia, interpretazione Gabino Rodriguez
collaborazione artistica Luisa Pardo, David Gaitàn
collaborazione ai video Carlos Gamboa, Yulene Olaizola, Nicolàs Pereda
produzione Lagartijas Tiradas al Sol
Spazio 1929 e Sala Teatro Lac
Lugano, 29 settembre 2018