LAURA BEVIONE | Spesso i festival sono appuntamenti estemporanei: una settimana, dieci giorni di spettacoli concentrati in un particolare e predeterminato periodo dell’anno. Una vetrina incastonata in un contesto altrimenti estraneo alla scena. Ci sono, invece, festival che, attorno alla rassegna vera e propria, sanno immaginare e realizzare un progetto più ampio, che ne faccia sentire la concreta presenza anche negli altri periodi dell’anno, magari attraverso prove aperte e residenze, incontri e presentazioni, spettacoli proposti da artisti in qualche modo legati all’idea di teatro sviluppata e perseguita dalla direzione.
Uno di questi festival è Concentrica, rassegna “diffusa” – sul territorio e nel tempo – giunta alla sua sesta edizione e curata da La Caduta di Torino. Un cartellone articolato che prevede appuntamenti fino a marzo 2019 e che quest’anno ha già debuttato in agosto, a Deiva Marina (La Spezia), con la messinscena di Sabl(h)ier, una performance site-specific “a sorpresa”, creata dalla compagnia di danza italo/francese Cie MF di Francesco Colaleo e Maxime Freixas. Questo evento ferragostano è stato il primo delle Anteprime pensate da Concentrica 2018 e seguito, il 6 ottobre scorso, da un insolito incontro fra teatro e gioco di ruolo, Edith’s Party, organizzato dal Collettivo Canvas insieme a Terre Spezzate e ospitato presso gli Arca Studios, a Torino.
A testimoniare l’interesse per la multidisciplinarità e la contaminazione dei linguaggi artistici che è sotteso alle Anteprime – così come al festival vero e proprio – ecco i tre appuntamenti dedicati all’arte cinematografica e realizzati in collaborazione con il meritevole Il Piccolo Cinema, appartato nella periferia nord di Torino.
Il cinema dialoga, poi, con il circo nell’ultima delle anteprime, in cartellone il 1 e 2 novembre al teatro Concordia di Venaria: Á nos fantomes della compagnia belga Menteuses, una sorta di “balletto surrealista” i cui protagonisti, abilissimi acrobati, paiono lottare con i propri fantasmi.
Uno spettacolo inedito preceduto, il 27 ottobre, dalla penultima anteprima di Concentrica, anch’essa decisamente originale: si tratta di Gran Glassé, che la compagnia toscana Gli Omini porta in scena nel torinese Spazio Flic e di cui ci regala qualche anticipazione nell’intervista che abbiamo avuto l’opportunità di farle.
Nella presentazione del vostro spettacolo, sottolineate come esso sia il frutto di dieci anni di indagini “sul campo”. Ci potete raccontare meglio dove e come si sono svolte?In effetti i pezzi che fanno parte di Gran Glassé arrivano un po’ da tutta Italia: da Crema a Frosinone, da Bolzano al Molise, dalla costa alla sperduta montagna. Sono frammenti di racconti di vite reali, memorie orali trascritte, testimonianze della quotidianeità dei nostri contemporanei.
Gli Omini sono nati così già nel 2007. Con un progetto, Memoria del tempo presente, che prevede la costruzione di spettacoli tramite indagini territoriali. In pratica, negli anni, la compagnia si è insediata per brevi periodi in varie realtà, spesso paesini o quartieri, per ascoltare le persone, sondare il terreno, stimolare al dialogo e all’apertura. Quelle de Gli Omini non sono interviste precostituite, non propongono temi e non hanno altro obiettivo che quello di entrare in intimità con la persona che ci si ritrova di fronte. Consapevoli che più si va nel dettaglio, più si trova l’universale, anche nelle nostre piccole vite.
Alcuni progetti d’indagine hanno portato alla realizzazione di spettacoli che sono a tutt’oggi in repertorio. Altri, invece, come Tappa, avevano lo scopo di mettere in scena uno spettacolo unico e irripetibile, nato dal territorio per essere restituito solo a quel territorio, a quel pubblico, in sintesi, che ci aveva dato le parole.
Dopo più di dieci anni di ricerca, il nostro archivio, in continua crescita, iniziava a essere vasto. E, soprattutto, c’erano rimasti dentro, imprigionati, alcuni personaggi che non ci si sono mai staccati di dosso e che avevano avuto una vita troppo breve.
Da lì, è nata la voglia di riesumarli e pensare a un varietà che li ospitasse tutti. Volevamo portarli con noi, quei povericristi. Però volevamo anche ballare.
Insieme a voi sul palco gli Extraliscio, un’orchestra che propone un “punk da balera”: come l’avete incontrata e come avete collaborato?
Diciamo che l’inizio è stato abbastanza punk. O, almeno, senza paura. O, meglio, ci ha guidato l’istinto. E ci ha provato che l’istinto ogni tanto c’azzecca.
Un giorno, un’amica, parlando di altro, ci disse che c’era un gruppo che ci sarebbe piaciuto. Ci disse che un polistrumentista pazzesco, compagno di una vita di Capossela e fondatore di Saluti da Saturno, si era messo in testa di tirare su un gruppo insieme a due veterani del liscio. Vecchie glorie della riviera col capello tinto e il brillantino al dente. In quel progetto ci parve di vedere un’anima splendida e simile alla nostra. Vedemmo il video di Alla fermata e quella sensazione fu confermata. Chiamammo Mirco Mariani e ci accorgemmo che quella sensazione era reciproca.
E, per farla breve, la prima volta che ci siamo incontrati tutti è stato il giorno stesso del debutto di Gran Glassé.
Un incontro scoppiettante. Una serata esplosiva. Ci provò che la sintonia c’era. E che un tale gruppo di matti, non si poteva fermare. Così abbiamo deciso di continuare. E continuiamo. Ci divertiamo e ci sbalordiamo tutt’oggi a vicenda.
Non è la prima volta che partecipate a Concentrica: cosa vi piace di questa rassegna?
Concentrica è l’esempio di una rete che funziona. Ci ha fatto conoscere posti nuovi e continua a farlo. È una rassegna mobile e vasta, ma che è riuscita a mantenere vivo il contatto con il pubblico e con il territorio. Ha uno sguardo attento e rispettoso nei confronti del lavoro delle compagnie. Le accoglie, le conosce e le segue. E fa passare sempre delle serate extraordinarie.
Rassegna Concentrica
Agosto 2018 – Aprile 2019