CATERINA BONETTI | Kate Finn, la paziente zero, uno dei più celebri casi di ortoressia diagnosticati, ha ispirato il lavoro di Ilaria Falini che, nei panni di Sara e dei suoi amici, di chi ha vissuto con lei gli ultimi anni della sua esistenza, ha portato in scena, al Teatro Due di Parma, il monologo Kate Finn – Il meno per il più.
Sara è una giovane donna ossessionata dalla ricerca di cibo salubre con cui curare il suo corpo, sempre più provato da dieta e digiuno, sotto lo sguardo attonito di chi le vuole bene e non comprende, fino in fondo, la sua scelta. Preoccupazione, tentativi di cura, accoglienza e vicinanza non servono a tenere Sara attaccata alla vita.

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Ilaria Fallini si muove sulla scena sola: indossa, di volta in volta, i panni della protagonista, di un giovane del quale lei si è invaghita, della sua coinquilina, di una cameriera che osserva, a debita distanza, le sue ossessioni nel corso di una cena; ancora, del vicino, della volontaria che, in ambulanza, l’accompagnerà nel suo ultimo viaggio. Ciascuna voce racconta Sara, ma l’impressione dello spettatore è quella di non riuscire a cogliere, fino in fondo, la sua essenza. Si arriva piano al cuore dello spettacolo, all’intima confessione che avvicina non solo la protagonista al pubblico, ma il pubblico stesso ai suoi ricordi, alle sue paure, al suo quotidiano sfuggire, attraverso piccoli riti propiziatori e manie, al rischio della malattia, della morte, dell’esistenza stessa.
Sara non è matta e non è malata, lo dicono le persone a lei vicine, lo pensa anche il pubblico, sul finale. Sara non vuole essere magra, non cerca la bellezza esteriore o l’eterna giovinezza: vuole essere sana e la sua ossessione la conduce in direzione ostinatamente contraria. Ilaria Falini muta corpo e muta forma, con una precisione che colpisce.

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Il pubblico ride, piange, si arrabbia, s’immedesima, ma soprattutto si ferma a riflettere sulla facilità di certi giudizi e sulla sottile linea che divide la cosiddetta normalità – chi negherebbe l’importanza di una dieta sana? – dal disagio psichico autodistruttivo.
Il delicato lavoro sui personaggi, sulla gestualità, le parole, la corporeità, contribuisce a dare una forma precisa e un preciso spazio alla scena spoglia. Vediamo i luoghi: la casa, il bar, il ristorante, l’orto del vicino; vediamo perfino i ricordi, ne sentiamo quasi il sapore.

Il racconto si chiude senza alcun giudizio morale, ma con un rito catartico, un atto semplice, come il desiderio, il solo capace di tenere, davvero, attaccati alla vita. Con delicatezza, senza urlare, con un ritmo scenico molto distante dalla confusione contemporanea in cui viviamo immersi.

 

KATE FINN – IL MENO PER IL PIÙ

di Ilaria Falini e Fulvio Pepe
regia Fulvio Pepe
produzione Fondazione Teatro Due

Teatro Due di Parma
17-28 ottobre 2018