ROBERTA RESMINI | La storia è semplice: Andrea (Anna Foglietta) e Boris (David Sebasti) sono nel parcheggio di un ristorante fuori città. Lei, madre single e impiegata in una farmacia, è in macchina e fuma nervosamente una sigaretta in preda alla rabbia a causa di un furioso litigio con il suo amante, un piccolo imprenditore di verande, che sta cercando di convincerla ad uscire, malgrado il passo falso dal lui appena commesso: farsi scappare che quel ristorante gli è stato consigliato da sua moglie.
È andata in scena al Teatro Carcano di Milano dal 18 al 28 ottobre la commedia Bella Figura, che l’autrice Yasmina Reza ha scritto per il regista Thomas Ostermeier e la compagnia del teatro Schaubühne di Berlino.
Yasmina Reza nasce a Parigi, da padre iraniano e madre ungherese. Nel corso di una lunga carriera costellata di successi e premi, è stata attrice, drammaturga, sceneggiatrice, scrittrice di romanzi, regista di cinema. Le sue pièce teatrali, a cominciare da Conversation d’apres l’enterrement, Art (1994), sino a Le dieu du carnage, sono state rappresentate con successo nei teatri di tutto il mondo. Anche in questa commedia padroneggia in modo impareggiabile quell’humor paradossale che l’ha fatta amare da registi come Roman Polanski, per il quale ha collaborato come sceneggiatrice al film Carnage, peraltro tratto da una sua pièce e alla quale Bella Figura fa immediatamente pensare; quasi come se tutte le sue opere fossero legate da un sottile filo cui, di volta in volta, si rimanda.
Bella Figura esplora la notte che segue a quell’errore fatale del personaggio di Boris. Una vicenda che va a complicarsi con l’arrivo di nuovi personaggi. Una seconda coppia entra in scena: Eric (Paolo Calabresi) e Françoise (Lucia Mascino), insieme a Yvonne (Simona Marchini), la madre di Eric. Dopo poco emerge che Françoise è amica della moglie di Boris.
Una tragedia divertente e una commedia degli equivoci allo stesso tempo, dove le pulsioni dei personaggi sono messe in risalto grazie anche alla interessante regia di Roberto Andò che lascia loro il giusto spazio di interpretazione.
I cinque personaggi sono tipi umani all’apparenza ben variegati: Andrea, attraente, sexy, irrazionale, con il suo vestitino rosso e blu e i tacchi, alterna momenti litigiosi a scene passionali con il suo amante Boris, figura elegante e persona disinvolta e istintiva. C’è poi Françoise, inamidata dentro gonna e camicetta, rigida nei giudizi, incasellata dentro schemi dai quali non riesce a uscire, anch’essa in preda a discussioni con il suo compagno Eric, uomo distinto, in completo grigio e cravatta che tuttavia non manca di flirtare con Andrea e di abbandonarsi a telefonate di lavoro durante la cena. Infine c’è la strepitosa Yvonne, alla continua ricerca della sua borsetta contenente il taccuino in pelle di struzzo inglese, sul quale segna appunti riguardo le medicine che può prendere e che, con la sua ingenuità, riesce a sdrammatizzare i momenti di forte tensione e a impedire un’ecatombe dei sentimenti.
Piano piano le contraddizioni e le nevrosi dei personaggi emergono e si ribaltano nel loro contrario: la disordinata Andrea si abbandona a una tenerissima telefonata con sua figlia Sophie, mentre Françoise, dall’apparente rigore morale, si ritrova ad abbracciare Andrea e ad affermare di aver perso il controllo della situazione. A turno tutti si ritrovano a prendere delle gocce calmanti, mostrando una fondamentale insoddisfazione verso la vita e un’inadeguata capacità di controllo sugli eventi. Si creano alleanze, che si rompono mano a mano che la vicenda va avanti.
La scenografia è minimalista e funzionale, ben equilibrata nell’economia della pièce. Quando si apre il sipario si vede un’auto ferma nel parcheggio del ristorante e, a destra, la scala di accesso al piano superiore dove si trovano la sala del ristorante e il bagno. Il movimento dei personaggi in questi tre spazi contribuisce a frammentare ulteriormente il ritmo sincopato dalle sconclusionate discussioni, quasi a voler rendere un senso di insofferenza verso le situazioni socialmente imbarazzanti vissute dai personaggi in scena, persi nella continua – e talvolta maldestra – ricerca di realizzare la loro faccia più felice, indirettamente riferendosi a quelle vissute dal pubblico in sala. Le luci illuminano di volta in volta l’ambiente dove ha luogo la scena principale, aiutando lo spettatore a concentrarsi sui dialoghi e sulle azioni.
La trama risulta decisamente ridotta all’osso e poco sviluppata, ogni momento sarebbe buono per le due coppie per congedarsi e mettere fine alla serata insieme, mentre si trovano pretesti per continuare a rimanere e discutere, spostando di volta in volta la conversazione su qualche nuovo argomento, tanto che Françoise arriva a dire: «Sono esausta. Non so neanche più quale sia il problema». Questo trova continuità con quanto afferma la stessa Reza: «Nelle mie opere non racconto mai vere e proprie storie, dunque non dovrebbe sorprendere se lo stesso accade anche qui. A meno che non si consideri l’incerta e ondeggiante trama della vita, di per se stessa, una storia».
Il focus della pièce risulta essere invece sui dialoghi. Ciò che colpisce di questa rappresentazione è il linguaggio sagace, ironico e tagliente che si trasforma in una carneficina, al punto da mettere in discussione anche le coppie apparentemente ben funzionanti. La musica intervalla i dialoghi, ma non ha lo scopo di fare da sfondo alle parole e di accompagnarle, addolcire o accrescere il loro potere, bensì di bloccare ogni tentativo di comunicazione tra i personaggi. Tant’è che viene bruscamente interrotta quando i dialoghi riprendono. L’effetto finale è quello di provocare un divertimento accompagnato però da un disagio sottile che investe l’intimo dello spettatore, sfidato da una rappresentazione potente, ma a tratti, secondo noi, un po’ d’élite.
BELLA FIGURA
di Yasmina Reza
Con Anna Foglietta, Paolo Calabresi, Lucia Mascino, David Sebasti e con Simona Marchini Regia Roberto Andò Scena e luci Gianni Carluccio Costumi Gemma Produzione Gli Ipocriti Melina Balsamo
Teatro Carcano – Milano
18-28 ottobre 2018