MATTEO BRIGHENTI | Macbeth uccide il sonno. Quello di Re Duncan, il suo e dell’intera Scozia. La macchia dell’omicidio è una notte che non passerà più. Lenz Fondazione, quanto mai voce del verbo “osare”, opprime ossessione e sangue nell’insonnia della natura stessa: Verdi Macbeth è cinto d’assedio con ventiquattro terrari abitati da migliaia di grilli e insetti vivi. La foresta di Birnam è il loro incessante e (di)sgraziato frinire, fermo su colonne grigie come lapidi. L’orizzonte non si muove da lì. È un tarlo di morte, scava cuore e cervello. E si riverbera in tutto il paesaggio della nuova opera scenica e musicale da Verdi e Shakespeare creata da Francesco Pititto (drammaturgia e imagoturgia) e Maria Federica Maestri (regia, installazione, costumi) su commissione in esclusiva del Festival Verdi 2018.
La sala Majakóvskij del Lenz Teatro di Parma è un vaso-mondo di Pandora. Il pavimento in scena è una sorta di specchio deformante, come a riflettere le passioni interiori dei personaggi distorte dalle ambizioni. Sul lato corto, opposto all’ingresso, si staglia uno schermo, che, per certi versi, rimanda ciò che è stato ieri, ma che ancora deve riaccaddere oggi. Ovvero, perpetua i fantasmi del coro dei profughi scozzesi (oltre 60 coristi del Coro del Teatro Regio di Parma diretto da Martino Faggiani e Massimo Fiocchi Malaspina) o l’allarme lanciato da Banquo (i performer Germano Baschieri, Mattia Sivieri, Ivan Fraschini, Daniele Benvenuti, sono ospiti della REMS di Mezzani, nella provincia parmense, dopo la chiusura dell’OPG). Sui lati lunghi di questo campo di specchi fronteggianti, siedono, separati dai terrari, il soprano Roxana Herrera Diaz (Lady Macbeth), il baritono Hyunwoo Cesare Kwon (Macbeth), il basso Eugenio Maria Degiacomi (Banquo), le storiche interpreti di Lenz Sandra Soncini (Lady Macbeth, già presente, al pari degli ospiti della REMS, nel primo attraversamento dell’opera shakespeariana), Valentina Barbarini (Ecate), e il Coro Giovanile Ars Canto Giuseppe Verdi diretto dallo stesso Degiacomi. Alle loro spalle, il pubblico, sistemato anche di fronte alla scena.
Il doppio segna la conflittualità degli spiriti in gioco fin dal titolo, Verdi Macbeth, e dal sottotitolo, Dramma fantastico e vero. Piave e Shakespeare, Verdi e rielaborazioni musicali e live electronics (Andrea Azzali), cantanti e attori, azione e registrazione, sono i poli opposti che Pititto e Maestri cercano di rendere complementari e compenetranti. L’ineluttabilità è un palindromo del buio che, in un verso o nell’altro, conduce sempre all’irreparabile. Pur se il corso della vicenda è stato alterato e la drammaturgia ne ha scombinato il testo, usando il Fatto, metamorfosi e vendetta del Fato, quale centro di attrazione e repulsione continua.
La natura non è madre, è matrigna leopardiana di annientamento e oblio; la violenza è femmina, allatta con il fiele tormenti e paure. Le Lady sono due volte Macbeth, come mantidi ammaliatrici gli infondono il coraggio incosciente di compiere l’impensabile. Un incantamento che si propaga alle corazze dei soldati, reietta corte di streghe del malaugurio: hanno seni pronunciati sul petto. Anche l’uomo è donna, in questo universo rovesciato dal delitto.
A un certo punto, il riflesso della proiezione quasi stringe l’ambiente in una fitta rete. I terrari ingabbiano gli animali, ma esiste una cella, grande quanto la vita, che imprigiona pure gli umani. Il nulla. Verdi Macbeth, fin qui, è un crescendo tragico e tecnologico insieme, dove, come scriveva Verdi, «il fantastico è cosa che prova l’ingegno, il vero prova l’ingegno e l’animo». L’acme è l’invocazione di Soncini all’odio crudele: le contorce la voce e il corpo, le scopre i seni, le scuote la schiena. Una trasfigurazione del male ricercata nella concretezza della carne. È un chiaro punto di rottura. L’opera scoperchia se stessa.
Si lascia quindi presagire che la nuova e ancora più alta sfida di Francesco Pititto e Maria Federica Maestri al palcoscenico sarà la dirompenza caotica dell’assassinio e i suoi effetti devastanti sulla lucidità di Macbeth e della Lady. Invece, tale sforzo si scopre utile solo a squilibrare la bilancia tra ‘misterico’ e ‘simbolico’ definitivamente a favore del secondo. L’immaginazione degli spettatori, sollecitata ad andare oltre, giù nell’abisso del disumano, viene ora rinchiusa tra quelle colonne da santuario di Ecate – dea che regna sui demoni, la notte, i defunti – e scambiata con l’attenzione necessaria per decifrare gesti e comportamenti. Ciò che si fa mira unicamente a riempire di senso (estetico) ciò che si dice o si canta a cappella.
Così, il “banchetto” dei reali usurpatori di Scozia è imbandito con della lattuga, cibo di cui si nutre il camaleonte chiuso nella teca in proscenio, sul lato corto d’ingresso alla sala. All’animale vengono offerte libagioni di insetti morti, presi da un cumulo sopra alla colonna accanto, che chiude il tempio malefico di Verdi Macbeth. Il potere, pur cambiando colore, si nutre di cadaveri. La morte è base e fondamento dei terrari, secondo una concezione meccanicistica del ciclo naturale.
Il rito teatrale si spegne, infine, nel rappresentare a cosa servono o rimandano oggetti, frasi, presenze. Il valore concettuale degli elementi compositivi è salvo, ma perduti sono la poesia e il dolore. Sembrano riaffacciarsi, imprevisti e determinati, dall’inferriata del finestrone in fondo, un’instante prima della conclusiva “andata a nero” per tutti quanti. Una luce chiara disegna i contorni della lotta eterna tra la volontà e il nostro destino.
VERDI MACBETH
Dramma fantastico e vero
da Verdi e Shakespeare
drammaturgia e imagoturgia Francesco Pititto
regia, installazione, costumi Maria Federica Maestri
rielaborazioni musicali ed esecuzione live electronics Andrea Azzali
cantanti Roxana Herrera Diaz, Hyunwoo Cesare Kwon, Eugenio Maria Degiacomi
interpreti Sandra Soncini, Valentina Barbarini
coro live Coro Giovanile Ars Canto Giuseppe Verdi diretto da Eugenio Maria Degiacomi: Jacopo Jorge Antonaci, Sara Bertoli, Luca Cesare Devalier, Mattia Furlattini, Guido Larghi, Giovanni Pelosi, Alessandro Puglia
coro in video Coro del Teatro Regio di Parma
maestro del coro Martino Faggiani
altro maestro del coro Massimo Fiocchi Malaspina
soprani Damiana Avogadro, Maria Letizia Bazzolo, Federica Bersellini, Livia Campanella, Lorena Campari, Alessia Cavalca, Sumika Kanazawa, Alessandra Maniccia, Felicity Murphy, Eleonora Pirondi, Maria Chiara Pizzoli, Lorelay Solis
alti Olga Kulicheva, Ewa Lusnia, Simona Mastropasqua, Marianna Petrecca, Gloria Petrini, Maria Vittoria Primavera, Donatella Riosa, Laura Rivolta, Deborah Salvagno
tenori Gianmarco Avellino, Lorenzo Baldini, Francesco Fontana, Giacomo Gandaglia, Marco Gaspari, Giovanni Gregnanin, Simone Lollobattista, Damiano Lombardo, Roberto Miani, Marco Angelo Müller, Dongmin Shin, Fabio Tamagnini
baritoni / bassi Daniele Cusari, Emanuele Dominioni, Maurizio Ferrarini, Enrico Gaudino, Matteo Mazzoli, Davide Ronzoni, Tiziano Rosati, Marcelo Schleier Sacco, Alfredo Stefanelli
performer in video Germano Baschieri, Mattia Sivieri, Ivan Fraschini, Daniele Benvenuti
shooting fotografico Fiorella Iacono
cura Elena Sorbi
organizzazione Ilaria Stocchi
segretaria di produzione Loredana Scianna
ufficio stampa e comunicazione Michele Pascarella
cura tecnica Alice Scartapacchio, Lucia Manghi
progetto acustico Beppe Pelliciari
media video Stefano Cacciani
assistente Marco Cavellini
produzione Lenz Fondazione
in collaborazione con Teatro Regio – Festival Verdi, Ausl Parma Dipartimento Assistenziale Integrato di Salute Mentale Dipendenze Patologiche e REMS
e con il sostegno di MiBAC – Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Emilia-Romagna, Comune di Parma nell’ambito di Parma 2020 Capitale Italiana della Cultura, EnERgie Diffuse Emilia-Romagna, Anno europeo del patrimonio culturale 2018, XIV Giornata del Contemporaneo a cura di AMACI – Associazione Musei d’Arte Contemporanea Italiani
Lenz Teatro – Parma
20 ottobre 2018