LAURA NOVELLI |Domenica 4 novembre, ore 21. Mi sintonizzo su RaiRadio3 per seguire la diretta di Cenere e ombra, nuovo testo di Sergio Pierattini che Maria Paiato interpreta negli studi di Via Asiago cadenzando il suo dire sul tappeto sonoro composto ed eseguito da Gianluca Misiti. La vicenda del monologo si ispira a un fatto storico e a una figura femminile realmente esistita: Maria Bergamas, una donna triestina che perse il figlio nella Grande Guerra e che, come tante altre madri, non poté dare sepoltura al proprio ragazzo perché disperso sul Monte Cimone. Una madre, dunque, doppiamente privata del figlio. E chiamata, per un gioco del destino, ad attraversare quel dolore indicibile a nome di tutte le altre. Fu infatti lei a essere selezionata per scegliere il feretro da ospitare al Vittoriano quale simbolo dei militi ignoti di ogni tempo. L’assolo di Pierattini vibra a ogni frase di un’umanità e di una verità toccanti. La straordinaria voce dell’interprete restituisce tutte le atmosfere, gli ambienti, i movimenti del testo, e questo si muove sghembo tra i rivoli della Storia per diventare la storia di una famiglia, di una nazione, di un lutto collettivo, di una cerimonia pubblica, oltre che di una madre. La Paiato – recita il messaggio di un ascoltatore – sa abitare le parole […] e apre una porta nella memoria privata e storica di tutti noi.
La serata, che segna un debutto in prima nazionale dell’opera, fa parte del cartellone di Tutto esaurito! Il mese del Teatro di Radio3, rassegna a cura di Antonio Audino e Laura Palmieri giunta quest’anno all’ottava edizione. Il programma è ricco di eventi interessanti, molto diversi tra loro e votati, in larga misura, a posare lo sguardo su tematiche sociali di forte attualità. Inaugurazione il 30 ottobre con un’anteprima (Motus e VicoQuartoMazzini) realizzata in sinergia con il Romaeuropa Festival e conclusione il 30 novembre con un affondo (anche) autobiografico sul tema carcerario, che avrà per protagonista Sasà Striano.
Che la commistione dei generi, delle scritture e dei linguaggi sia il collante dell’intera programmazione lo si intuisce già dal titolo di questa edizione, Mondi: un termine/chiave che contiene in sé una costellazione di significati e rimandi. È la stessa Laura Palmieri a spiegare il perché di questa scelta.
Cosa vi ha spinti a dare questo titolo alla rassegna 2018?
La parola “mondi”, oltre a ricollegarsi in modo esplicito al titolo di Romaeuropa 2018 (Between worlds, ndr), quest’anno nostro partner per la prima volta, credo sia significativa soprattutto in relazione a ciò che Antonio e io abbiamo voluto mettere insieme: poetiche, generazioni, linguaggi diversi che tuttavia, in questa stessa diversità, sanno raccontare situazioni di disagio (penso per esempio al lavoro di Ascanio Celestini), di disuguaglianza sociale, di violenza. Ci sembrava urgente proporre un teatro spalancato sui nostri tempi; un teatro dove anche la riflessione storica fosse indirizzata a porre domande sul nostro mondo appunto.
Entrando più nel dettaglio del cartellone, quali sono i fili rossi maggiormente individuabili al suo interno?
Sicuramente vi è un nutrito gruppo di eventi che riguardano la prima guerra mondiale e più in generale una ri-lettura di alcuni momenti nevralgici della nostra storia nazionale. Oltre allo splendido testo di Pierattini, mi sembra doveroso citare, ad esempio, Senza vincitori né vinti…guera granda 15-18, un lavoro che Francesco Niccolini ha tratto da Mario Rigoni Stern e che, interpretato da Marco Paolini e Simone Cristicchi, mandiamo in onda in un’edizione registrata sul Monte Tomba a fine luglio. Così come credo sia molto interessante l’operazione che Daniele Timpano ed Elvira Frosini fanno in Acqua colonia, pièce che ha girato diverse piazze e che parla di colonialismo e neo-colonialismo sgombrando il campo da molti cliché e obbligandoci, nel contempo, a non distogliere l’attenzione dall’emergenza migratoria dei nostri tempi.
Un altro filo rosso molto importante di quest’anno è poi quello del carcere, da intendersi anche come prigione interiore, come mancanza di libertà, sia essa fisica, emotiva, psicologica. Si inseriscono in questa scia, solo per fare due esempi, sia il lavoro, molto poetico, di Clara Galante e Aniello Arena ispirato a Pensieri dal carcere di Pierre Clémenti (si intitola Una vita o Prove di liberazione e verrà trasmesso il 16 novembre, ndr) sia la serata conclusiva che sovrappone un testo di Jean Genet, Il giovane criminale, all’esperienza autobiografica di Striano per regalarci una riflessione sul concetto di libertà negata.
Oltre a questi due filoni principali, sembra di poter intercettare molte storie di violenza: tragedie familiari o affettive che suonano contemporanee e, insieme, quasi classiche.
Esatto. Basti pensare a un lavoro come Mi sa che fuori è primavera che Gaia Saitta ha scritto partendo dall’omonimo romanzo di Concita De Gregorio e dove si parla di un terribile fatto di cronaca: un padre rapisce le sue piccole figlie e le fa sparire prima di suicidarsi. Il tutto vissuto dalla parte di Irina, la madre/moglie vittima di questo dramma. Avevo visto lo spettacolo qualche tempo fa e mi aveva colpito molto, anche per l’impianto scenico, così abbiamo deciso di trasporlo alla radio con qualche aggiustamento e semplificazione tecnica (in diretta dalla Sala A il 20 novembre, ndr). Un altro titolo che affronta la violenza domestica e la prevaricazione negli affetti è La sorella di Gesù Cristo di Oscar De Summa; avremmo voluto mandarlo in onda il 25 novembre, data in cui quest’anno cade la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, ma abbiamo dovuto anticipare al 19 per motivi di palinsesto, mentre il 24 proporremo Nel regno profondo, scritto da Claudia Castellucci che lo interpreta insieme a Chiara Guidi. Dunque, due donne e due voci straordinarie, quanto mai adatte alla fruizione radiofonica.
Accanto alla programmazione degli spettacoli strettamente intesi, quali altri contenitori troviamo nella rassegna?
Potrei sintetizzare dicendo che Tutto esaurito! mette in campo anche un bouquet di eventi selezionati nel vasto archivio radiofonico della RAI, un ciclo di letture/incontri sulle fonti italiane delle opere shakespeariane e diversi appuntamenti beckettiani, tra cui una serata d’onore di e con Glauco Mauri. Una chicca della vetrina è poi l’evento La radio tra le righe che per la seconda volta realizziamo dagli studi di Milano in sinergia con Book City ed Elio De Capitani, chiamato ad interpretare brani della letteratura mondiale nei quali si parla della radio. Si tratta di un momento molto importante in cui rendiamo omaggio al nostro straordinario mezzo di comunicazione.
Come è cambiata la ricezione del pubblico negli ultimi anni?
É sicuramente aumentata. La vetrina teatrale di Radio3 è un appuntamento atteso; ce ne accorgiamo dagli spettatori che ogni anno tornano a trovarci durante le dirette in sala. Ma a testimoniare questa crescita sono soprattutto i numerosi messaggi e commenti che riceviamo sui social. Abbiamo lavorato intensamente in questa direzione e siamo riusciti a garantire una diffusione capillare ai nostri contenuti, per cui oggi raggiungiamo molte più persone di quante ne raggiungessimo otto anni fa”.
Che fisionomia ha pubblico che vi segue?
Direi che si tratta di un pubblico trasversale. Molti nostri affezionati sono colleghi, artisti e addetti ai lavori ma non manca la gente comune. Persone, professionisti che non lavorano nel teatro e che ci ascoltano da casa o vengono in sala con assiduità. Credo, inoltre, che sia molto apprezzato il nostro modo di raccontare il teatro. Il fatto di introdurre gli spettacoli o di parlare con gli artisti a fine serata fidelizza il pubblico e ci permette di arrivare in modo semplice e diretto anche ai giovani”.
Come si relaziona il mondo del teatro italiano con questa iniziativa radiofonica?
Il lavoro che Antonio e io facciamo, insieme a tutti i nostri collaboratori dietro le quinte della rassegna, in qualche modo è assimilabile a quello degli operatori teatrali. A volte produciamo dei lavori, come nel caso di Cenere e ombre. A volte le nostre produzioni hanno un futuro e diventano titoli che girano la Penisola. In altri casi, il solo fatto di essere ospitati alla radio (e mi spiace non aver potuto citare tutti gli eventi in scaletta quest’anno perché sono davvero tutti degni di nota) offre alle compagnie la possibilità di riflettere in modo diverso sul proprio lavoro, di aggiustarlo, modificarlo, dargli un ritmo nuovo. In fondo, la radio è un mezzo di comunicazione molto teatrale, anche se non c’è l’immagine.
TUTTO ESAURITO!
Il mese del Teatro di Radio3 | VIII edizione
30 ottobre / 30 novembre 2018
A cura di Antonio Audino e Laura Palmieri