LAURA NOVELLI | Arriva sull’ampio palcoscenico della Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica con un sorriso serenamente empatico e un’eleganza non priva di energia. L’orchestra, il coro e i cantanti solisti sono già pronti per l’esecuzione.
Le luci si abbassano. Gli spettatori si ammutoliscono pressoché all’unisono. Ma lui, John Adams, noto compositore e direttore d’orchestra statunitense pluripremiato – svariati Grammy, un Classic Brit Award e nel 2003 il Premio Pulitzer per la musica –, si prende qualche minuto per introdurre – in italiano – la sua complessa opera-oratorio The Gospel According to the Other Mary(Il Vangelo secondo l’altra Maria, su libretto di Peter Sellars) che l’Accademia di Santa Cecilia ha presentato, in prima esecuzione italiana, come uno dei titoli più attesi del Romaeuropa Festival 2018.
Adams spiega con disarmante semplicità che si tratta di una Passione di Cristo declinata secondo lo sguardo di Maria Maddalena e che i temi affrontati, per quanto eterni, risultano estremamente contemporanei: «Si parla di speranza e delusione, di malattia, di morte, di violenza sulle donne, di condanne a morte, di solidarietà, mescolando tempo biblico e nostro presente, la storia di Gesù e quella delle donne messicane arrestate dalla polizia in California». Il musicista racconta poi di aver composto il lavoro nel 2012 (anno in cui debuttò in forma di concerto alla Walt Disney Concert Hall di Los Angeles), «prima dunque che il movimento #MeToo nascesse”. La citazione non è casuale visto che l’intera opera, teatralissima nella sua struttura testuale e nella delineazione dei personaggi, è un affresco raffinato, colto, ma anche carnale e passionale delle donne. Alcune di esse appartengono al paesaggio evangelico e biblico; altre alla cronaca dei nostri tempi; alle poesie e alle prose di alcuni e alcune intellettuali del ‘900. Ed è proprio attraverso questa forza generativa, femminea, che The Gospel (composto da Adams a più di dieci anni di distanza dal precedente oratorio El Niño, dedicato alla Natività) rilegge la Morte e la Resurrezione di Cristo facendone vettori non solo di un messaggio di pace, solidarietà e com-passione ma anche e tanto più di un afflato di Amore sospeso tra sacro e profano.
Il primo atto – articolato in sei scene, così come il secondo, per una durata totale di oltre due ore – è quello che maggiormente si sofferma sul tema della Maddalena e che «si chiude – dice ancora Adams – con un meraviglioso testo sulla Pasqua ebraica scritto da Primo Levi. Parole che, a qualche settimana dalla strage antisemita nella sinagoga di Pittsburgh, suonano quanto mai attuali. Parole che invitano tutti, ognuno di noi, a sedersi al tavolo della Pasqua: ebrei e non ebrei, connazionali e stranieri. Parole piene di umanità e benevolenza. Parole di cui abbiamo molto bisogno in questa epoca così problematica».
La musica – orchestrata secondo i dettami di quel “motorismo” che caratterizza lo stile di Adams – e le voci canore giocano ovviamente un ruolo di primo piano e organizzano l’impianto scenico stesso scandendo, con toni, timbri e strumenti diversi – protagonisti, oltre ai fiati e agli archi, le percussioni, il cimbalom e il basso elettrico – e con un’impetuosità di fondo che a tratti cede a movimenti più larghi e distesi. Ma, allo stesso tempo, i diversi passaggi drammaturgici – dal miracolo della resurrezione di Lazzaro al dramma della crocifissione e alla resurrezione di Gesù che chiude l’oratorio), nonché le Parole si ergono qui a struttura portante di significati enormi e sono capaci persino di rovesciare certi cliché interpretativi. La Maddalena, ad esempio, è una figura estremamente moderna, concreta, viscerale che ondeggia tra spiritualità ed erotismo mostrando sempre la sua incondizionata dedizione a Cristo. È lei che lo ascolta, lo cerca, lo veglia, lo riconosce dopo che lui è risorto.
Questa modernità di Maddalena è uno degli aspetti più affascinanti, pietosi, umani, del libretto di Sellars. Libretto che prende a prestito diversi brani dei Vangeli (le prime due scene, bellissime, sono incentrate sulla vicenda di Maria Maddalena, di sua sorella Marta e di suo fratello Lazzaro con versetti di Luca e Giovanni), ma anche molte voci di scrittori, giornalisti, poeti e poetesse come Rosario Castellanos, Rubén Darìo, Dorothy Day (attivista cattolica e pacifista americana), Louise Erdrich, Hildegard von Bingen, June Jordan e, appunto, Levi: autori che Sellars mescola sapientemente, sovrapponendoli in un continuum privo di cesure e lasciandoli vibrare in un’alternanza linguistica di poesia e prosa, toni aulici e toni prosastici, parabola biblica e realtà contemporanea, scorci realistici e respiri onirici, spesso carichi di una visionarietà accesa e violenta. Basti considerare l’incipit del secondo atto, laddove Gesù è in preda a un’infuocata visione notturna: scende dalla croce, la distrugge, seppellisce i suoi genitori vivi e parte per Beirut e Damasco dove lo attendono folle affamate pronte alla rivoluzione.
Così come estremamente potenti e angoscianti risultano le scene nelle quali il figlio di Dio muore e ai piedi della croce, in una notte scura e piovosa, Maria lo veglia insieme ai fratelli.
Sospinta in una zona espressiva che oserei definire “di confine” tra Morte e Resurrezione (tanto che sembra esserci un rispecchiamento evidente tra Lazzaro e Cristo), la prima parte dell’opera ha un andamento musicale solenne, potente, fragoroso, trionfante. Non mancano, tuttavia, momenti di silenzio e di pacatezza salmodiante – quale è quello, molto intenso, del passaggio in cui il Coro canta i versetti di Isaia: «Cieli, piovete dall’alto / e fate piovere giustizia: / Io, il Signore, ho creato tutto questo…» – e passaggi molto compassati in cui i timbri bassi prediligono una sonorità commuovente e quasi ovattata, senza però risultare enfatici né retorici. Primo fra tutti, proprio il brano di Levi sulla Pasqua ebraica: «Questa è la sera delle differenze, / in cui s’appoggia il gomito alla mensa / perché il vietato diventa prescritto / così che il male si traduca in bene…».
Il tema della morte di Cristo e della pioggia notturna torna poi nel secondo atto e si allarga come in adagio attraversato da onomatopee musicali e flebili suoni. Le parole forti di Louise Erdich (da Battesimo del desiderio) abbassano il mistero del sacrificio di Cristo a una laicità che invoca l’umano, cheta sua volta, ci chiama in causa al di là del nostro credo religioso e al quale è difficile sottrarsi.
Dopo la pioggia sboccia la primavera ma è solo un preludio dolce al terremoto che, con le sonorità forti delle percussioni, accompagna i passi evangelici che raccontano la Resurrezione di Cristo, il pianto di Maria Maddalena – disperata «perché hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno deposto» – e l’incontro finale tra i due che chiude questo viaggio sublime nelle aporie della sofferenza di ogni tempo e ogni luogo.
Davvero egregia risulta l’esecuzione dell’Orchestra e del Coro dell’Accademia di Santa Cecilia (diretto dal Maestro Ciro Visco), cui si alternano con pari bravura i cantanti Kelley O’Connor (mezzosoprano, Maria), Elisabeth De Shong (contralto, Marta), Jay Hunter Morris (tenore Lazzaro) e un trio di controtenori composto da Daniel Bubeck, Brian Cumings e Nathan Medley.
Differentemente da precedenti allestimenti, la versione presentata a Roma non prevede intarsi danzati o teatralizzati. Eppure di grande teatro si tratta. Malgrado la staticità dell’impianto scenico, l’opera è infatti mossa, fluente, progressiva. E certamente scava rivoli di riflessione emblematici. In un certo senso – e non so bene perché – mi vengono in mente un capolavoro della canzone d’autore italiana come l’album La Buona Novella di Fabrizio De André e due romanzi molto recenti, La parte migliore di Christian Raimo e Paolina di Marco Lodoli, che citano entrambi – in modo del tutto autonomo – proprio il passaggio del Vangelo nel qualei si narra la visita di Gesù a casa di Maria, Marta e Lazzaro.
E allora, uscendo dalla sala, mi convinco che in questa Maddalena di Adams/Sellars ci sia soprattutto il ritratto di una profetica sensibilità umana capace di veicolare un bisogno di amore incondizionato e coraggioso. Questo credo sia il nocciolo della questione: la passione che ci muove gli uni verso gli altri. La cena di Pasqua appunto.
THE GOSPEL ACCORDING TO THE OTHER MARY
Opera-oratorio in due atti
Musica John Adams
Libretto Peter Sellars
Testi tratti dalla Bibbia e da Rosario Castellanos, Rubén Darìo, Dorothy Day, Louise Erdrich, Hildegard von Bingen, June Jordan e Primo Levi
Orchestra e Coro dell’Accademia di Santa Cecilia
Direttore John Adams
Cantanti: Mezzosoprano Kelley O’Connor Contralto Elisabeth DeShong Tenore Jay Hunter Morris Controtenore I Daniel Bubeck Controtenore II Brian Cummings Controtenore III Nathan Medley
Romaeuropa Festival
Auditorium Parco Della Musica di Roma
2-4 novembre 2018