RENZO FRANCABANDERA | È uno spettacolo destinato al sicuro successo questo Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte che, con la regia di Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani, chiude il 2018 del Teatro dell’Elfo. Un anno che riporta questo gruppo di lavoro anche alle nomination per i premi Ubu grazie al progetto Afghanistan.
Cosa possiamo dire di questo spettacolo?
Innanzitutto che è la riduzione per la scena di un romanzo bestseller di Mark Haddon, fatta da Simon Stephens, portata in Italia grazie a una coproduzione fra il Teatro dell’Elfo e lo Stabile di Torino, e a una traduzione pulsante e viva affidata a un grande talento della parola come Emanuele Aldrovandi.
Il nutrito gruppo di attori che porta in scena la vicenda del giovane adolescente autistico alle prese con i genitori divorziati e con un impossibile viaggio alla ricerca della madre data per morta, si muove dentro uno spazio scenico vuoto se non fosse per il pensiero scenografico di Andrea Taddei che, su tre superfici di proiezione disposti sulle due pareti laterali e sul fondo della scena, raccoglie le proiezioni video realizzate da Francesco Frongia sui disegni di Ferdinando Bruni. Si tratta di un’operazione assai meritoria, che conferisce a tutta la messinscena un carattere fantastico e onirico ma anche molto reale. Una sorta di graphic novel che si anima sotto gli occhi dello spettatore, curatissima come quelle di William Kentridge, con quel senso di movimento sporco che in questo caso mantiene un nitore particolarissimo e curato con grande attenzione fin nei minimi dettagli, fino alla creazione di un font originale per i caratteri. Una vera sciccheria scenica come non se ne vedevano da tempo. Merita un premio, senza dubbio alcuno.
La vicenda del romanzo parte dall’ammazzamento di un cane della vicina di casa di cui il ragazzo autistico, Christopher, viene sospettato. Entrerà così in scena prima l’acida vicina, poi l’ansioso padre, quindi la madre, data per morta ma in realtà andata via di casa con il marito della vicina. Quando il ragazzo troverà le molte lettere che lei gli ha scritto e che il padre gli ha tenuto nascoste, scapperà dalla casa nella provincia campagnola per andarla a cercare in città.
Dieci gli attori coinvolti nella recita: dal talentuoso ma già straordinariamente maturo ventiquattrenne Daniele Fedeli nel ruolo di Christopher, a Davide Lorino e Alice Redini che interpretano i suoi genitori, Elena Russo Arman nei panni della maestra che lo convince a raccontare la sua storia, e poi ancora Corinna Agustoni, Cristina Crippa, Marco Bonadei, Alessandro Mor, Nicola Stravalaci e Debora Zuin a creare attorno ai protagonisti un universo di figure credibili e ben scolpite.
La loro forza scenica è esaltata dal notevolissimo lavoro sui movimenti scenici di Riccardo Olivier e Chiara Ameglio, che li guidano nei micro movimenti finanche nelle scene più statiche, conferendo a questa inquietante parata di personaggi da fumetto una forza rara, dinamica, sostenuti anche dalle musiche originali di Teho Teardo, mai invasive e capaci di esserci senza prendere inutilmente la scena, alla ricerca di un dialogo sempre fecondo ora con gli attori ora con la parte grafica.
Del resto dello spettacolo per un verso vorremmo dire e per altro no, Per non togliere agli spettatori il gusto di addentrarsi in una creazione davvero immaginifica, coerente e compatta con intenzione registica pregevole, spettacolare in senso moderno che fa leva su un gruppo di attori affiatato e capace di entrare nella logica dell’operazione con coerenza. Le oltre due ore di spettacolo sono tali solo sulla carta, perché in realtà il tempo scenico in alcuni momenti è davvero bruciante, capace di punte di pathos alte, che regalano anche qualche fremito di suspance.
Merita lo spettacolo nel suo complesso, ma anche il giovane attore protagonista, che avevamo già apprezzato sempre qui all’Elfo l’anno scorso in Malagrazia di Phoebe Zeitgeist, e che si carica addosso un metronomo scenico che continua a battere per tutto il tempo, con capacità di raccogliere e rimandare a tutti gli altri interpreti il senso dello spettacolo, costruito attorno alla sua figura fragile e inarrestabile.
Un lavoro certamente adatto anche ai ragazzi che spesso hanno letto il libro come esercizio di narrativa nelle scuole e che possono godere di questa trasposizione scenica originale, che gioca sull’umorismo senza calcar mai la mano, rispettando non solo la fragilità del protagonista ma anche e soprattutto di tutta l’umanità che gli gira attorno, che alla fine non è meno vulnerabile.
Ed è proprio questo forse il lascito del finale, in cui il ragazzo diventa davvero super protagonista e gli altri, piccoli umani, sono un po’ costretti a denunciare in modo allegro le proprie debolezze. Saltiamo inutili quanto ovvie riflessioni morali invitando gli spettatori alla visione di un prodotto teatrale di qualità, tradizionale e originale allo stesso tempo, classico e innovativo. Insomma un lavoro riuscito.
LO STRANO CASO DEL CANE UCCISO A MEZZANOTTE
di Simon Stephens dal romanzo di Mark Haddon
traduzione Emanuele Aldrovandi
regia Ferdinando Bruni e Elio De Capitani
scene Andrea Taddei
costumi e disegni Ferdinando Bruni
maschere Saverio Assumma
musiche originali Teho Teardo
movimenti scenici Riccardo Olivier e Chiara Ameglio di Fattoria Vittadini
video Francesco Frongia
luci Nando Frigerio
suono Giuseppe Marzoli
con Corinna Agustoni, Cristina Crippa, Elena Russo Arman, Alice Redini, Debora Zuin, Nicola Stravalaci, Daniele Fedeli, Davide Lorino, Marco Bonadei, Alessandro Mor
assistente alla regia Alessandro Frigerio
assistente scene costumi Roberta Monopoli
assistenti tirocinanti Accademia di Brera scene-costumi Luna Aulehla, Silvia Pagano, Leonardo Locchi
coproduzione Teatro dell’Elfo e Teatro Stabile di Torino
prima nazionale – questo spettacolo è presentato per gentile concessione della Warners Bros. Entertainment
Spettacolo sostenuto nell’ambito di NEXT 2018/19