RENZO FRANCABANDERA | ogni tanto capitano le esperienze che non ti aspetti. Quelle riflessioni che ti nascono non tanto dallo sguardo sul palcoscenico ma da quello sulla platea.
Una di queste visioni tra virgolette mi è capitata qualche giorno fa al Teatro Erba di Torino, teatro che si occupa di quell’ area intermedia di offerta culturale accessibile, che cerca un dialogo con il pubblico affezionato, del territorio, sicuramente legato all’idea di teatro come forma di intrattenimento, ma capace comunque di guardare ai mutamenti della società, e al teatro stesso come elemento per ragionarci su e comprendere.
In questa stessa area di ispirazione creativa opera da molti anni Arcade Source, un sodalizio artistico nato agli inizi degli anni ’80 intorno alla figura di Ugo Chiti, e che ha poi sviluppato una sua poetica originale fra valorizzazione del patrimonio culturale toscano e tentativo di portare in scena una teatralità onesta, verrebbe da dire “operaia”.
Ed è proprio alla nobiltà di questa parola che pensavo, scorrendo i volti delle persone in sala a Torino, chiedendomi quale teatro oggi sia in grado di parlare alla gran parte di costoro. La sala era ben occupata, e lo spettacolo ha dialogato in forma accessibile con il pubblico, che ha a lungo applaudito.
Dal 1982 Arca Azzurra opera nel segno esclusivo della drammaturgia italiana contemporanea in un ininterrotto sodalizio con Ugo Chiti, vero e proprio “poeta di compagnia” dell’Arca Azzurra, e con significative aperture al lavoro di drammaturghi, attori e registi come Alessandro Benvenuti, Stefano Massini, Francesco Niccolini.
Dal primo spettacolo prodotto nel 1983, Volta la Carta… ecco la Casa, il sodalizio artistico ha dato un’attenzione continua all’evolversi della società contemporanea analizzata attraverso messe in scena più volte riprese e premiate, prima fra tutte La provincia di Jimmy, con un’attenzione particolare ai mutamenti storici e sociologici del nostro Paese.
In questa linea programmatica si muove anche il nuovo spettacolo donchisci@tte che deve la drammaturgia a Nunzio Caponio, e l’adattamento e la regia a Davide Iodice. Come si intuisce è uno spettacolo liberamente ispirato a Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes, interpretato da Alessandro Benvenuti e Stefano Fresi, che ha debuttato in prima nazionale mercoledì 5 dicembre, per poi riprendere la tournée a gennaio (in fondo alla pagina le date).
La vicenda è quella di un padre e un figlio, di una sorta di percorso di formazione verso l’utopia, che scorre fra piccoli estratti e rimandi al classico di Cervantes, e di uno sguardo a cosa e chi sarebbe oggi il cavaliere ingenuo, ma in fondo capace di alimentare il sogno di una società diversa.
Le scene di Tiziano Fario ci portano in un garage, come si intuisce da una saracinesca elettrica in fondo alla scena, all’interno del quale un povero illuso realizza video che posta sul suo profilo YouTube, mezzo per interagire con una platea di soggetti altri da sé.
L’uomo, sostenuto nelle sue convinzioni da spunti filosofici un po’ di vulgata, fra citazioni e aforismi, cerca di convincere il figlio della necessità della lotta senza paura, prendendo a modello il Samurai Musashi, pur consapevole dell’atrocità del mondo esterno e dell’inattaccabilità del nemico.
A questo immaginario da codice dell’onore orientale si ispirano i buffi e creativi costumi di Daniela Salernitano, la cui capacità di strutturare in modo evocativo i personaggi attraverso gli abiti è stata suggellata di recente dal David di Donatello per Ammore e malavita, l’originale musical diretto dai Manetti Bros. Le divise da combattimento, le armature contemporanee del Don Chisciotte e del suo fedele scudiero, realizzate con cuscini da sottoscala e altri oggetti di risulta, sono veramente una vetta creativa, forse non altrettanto riverberata da testo e scenografia che invece indulgono in qualche insistenza didascalica. Poteva esserci qualcosa in meno, lasciando al pubblico il compito di immaginare, in assenza.
La regia di Iodice si concentra sui due attori cercando di dare al primo un’aria ingenua senza che sfoci mai nell’imbecillità e al secondo l’aria diffidente e scontrosa senza arrivare alla macchietta autistica. Il combinato suona bene e arriva a un finale originale, moderno, a suo modo commovente ed esterno alla logica dello spettacolo stesso: un aggancio alla società vera, alla gente fuori dalla sala, che giura e promette di combattere in nome del bello. Una promessa davvero utopistica, ma semplice, potente, che si raccorda con quanto visto, e che spinge la visione in uno spazio creativo onesto.
È sicuramente un’operazione onesta, che cerca un dialogo con la platea in forma non sofisticata, e che cerca di lasciare un soffio poetico. Si potrebbe lavorare ancora oltre per sottrazione, senza che questo cardine dell’accessibile venga meno. Ma nel complesso lo spettacolo incontra le sue ragioni d’essere e il pubblico che chiede di incontrare.
È un teatro che esprime senza dubbio una sua necessità, non sancita da particolari sussulti critici, ma dal dialogo che vuole instaurare con una società a cui l’arte si rivolga con modalità ampia, inclusiva, e di cui forse spesso gli artisti dimenticano loro per primi l’esistenza. Sbagliando.
“donchisci@tte”
liberamente ispirato a Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes
di Nunzio Caponio
adattamento e regia di Davide Iodice
con Alessandro Benvenuti e Stefano Fresi
Scene di Tiziano Fario /
Costumi di Daniela Salernitano /
Luci di Andrea Garbini
Produzione Arca Azzurra Produzioni
Teatro Erba di Torino
5 dicembre 2018 – prima nazionale
Prossime date
10 gennaio 2019 | Teatro D’Annunzio | Latina |
12 gennaio 2019 | Teatro Excelsior | Reggello (Fi) |
13 gennaio 2019 | Teatro Roma | Castagneto Carducci (Li) |
14 gennaio 2019 | Teatro dell’Olivo | Camaiore (Lu) |
15 gennaio 2019 | Teatro degli Antei | Pratovecchio (Ar) |
18 gennaio 2019 | Teatro Sant’Antonio | Montecchio Maggiore (Vi) |
19 gennaio 2019 | Teatro Peroni | San Martino Buonalbergo (Ve) |
22 gennaio 2019 | Teatro Alfieri | Asti |
26 e 27 gennaio 2019 | Teatro Marrucino | Chieti (Ch) |