ANTONIO CRETELLA | Di Emma Bonino si possono dire molte cose, criticare alcune scelte del passato dettate, a suo dire, dalle circostanze, per non condannare le idee dei radicali alla marginalità politica, come alcune convergenze con la destra berlusconiana o il PD renziano, secondo il principio della giustificazione dei mezzi tramite i fini, ma parliamo comunque di una delle pochissime personalità politiche della prima repubblica che ha conservato la sua dignità e la sua credibilità, un politico apprezzato e rispettato in Europa, fedele ai principi di laicità dello Stato e soprattutto profonda conoscitrice dei principi della democrazia moderna, del complicato ma necessario equilibrio tra poteri e del sistema dei contrappesi che impedisce evoluzioni, o meglio involuzioni, in senso pericolosamente autoritario. Non è per ritrovarci nell’Italia degli anni 20 che siamo usciti dalla guerra con l’idea di Europa e con la fisionomia di uno Stato di diritto, non è per consentire alle smanie di una mandria di ignobili parvenu di rompere il giocattolo che faticosamente si era costruita l’impalcatura di una nazione moderna. Emma Bonino piange perché da veterana ha vissuto anni terribili in cui il sistema ha dovuto reggere ai colpi incrociati di forze eversive endogene ed esogene, tra terrorismo, devianza di Stato, mafie nei gangli vitali del potere, la progressiva sudditanza al capitalismo transnazionale a scapito dei diritti. Possiamo avere l’opinione che vogliamo su Emma Bonino, le si può obiettare di essersi invischiata con figure che hanno contribuito allo sfacelo attuale, ma il suo pianto è quello di una persona che ha lottato in prima linea e che si rende conto che alle soglie della morte tutto quello in cui credeva sta andando a rotoli, che i pilastri scricchiolano e nessuno sembra avere idea di ciò che sta accadendo.
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