ANTONIO CRETELLA | Nel corso del Medioevo, un numero considerevole di dottrine eretiche si diffuse in Europa richiedendo spesso un intervento tutt’altro che pacifico del Papato per difendere la “vera fede”. Tali movimenti si basavano spesso su un desiderio di ritorno al cristianesimo delle origini, con un forte richiamo al pauperismo e all’ascetismo, in netta contraddizione con la costante secolarizzazione della Chiesa nel corso del Medioevo. Lo stesso San Francesco, prima di dichiararsi del tutto asservito all’autorità di Roma, fu visto come un potenziale eresiarca proprio per l’accentuato spiritualismo e la spasmodica ricerca della semplicità e della povertà, che ai tempi sembravano di per sé una critica non tanto velata agli sfarzi della corte papale. Tre secoli dopo, sulla stessa critica si fondò il ben più minaccioso attacco di Lutero all’establishment cattolico: scandalizzato dalle ricchezze del clero e dalla vendita delle indulgenze, Lutero sfidò l’ipocrisia del Papa in cerca di fondi per la costruzione di San Pietro, fondi da reperire con la vendita di posti in paradiso. Quello tra cristianesimo e ipocrisia, insomma, è un deleterio connubio che affonda le sue radici già nei primi secoli della Chiesa, e le doppie, tripli, quadrupli morali erano e sono la normalità di tanti buoni cristiani, o per meglio dire, con ardita crasi, “ipocristiani”, dentro e fuori il clero. Che il Papa inviti all’ateismo piuttosto che aderire a una forma ipocrita di cristianesimo, fa certamente scalpore, soprattutto perché nemmeno lui crede a quel che dice.
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