VALENTINA SORTE e RENZO FRANCABANDERA | Che cosa lega un posto come l’Everest di Vimodrone – ex post-lavoro e balera alle porte di Milano – e la Compagnia Stalker Teatro, gruppo torinese attivo da oltre trent’anni nel campo dell’educazione e della sperimentazione teatrale? Ovviamente molto più di una semplice ospitalità.
In questo contributo critico uniamo alla riflessione di Valentina Sorte sull’intervento performativo di Stalker Teatro a Vimodrone, la video intervista a Gabriele Boccacini realizzata da Renzo Francabandera e visibile in fondo all’articolo.

everest-vimodrone-ev470x246L’Everest di Vimodrone è nato circa quarant’anni fa come sala da ballo, molto frequentata, che il sabato sera e la domenica pomeriggio dava spazio alla danza. Dopo un periodo di inattività, nel 2011 la struttura è stata assorbita da CoopCell, che da anni sostiene progetti di riqualificazione architettonica a vocazione sociale, e nel 2014 è diventata la sede di Industria Scenica che l’ha rilevata offrendo una proposta culturale in grado di preservare la storia del posto con un’esigenza di sperimentazione e innovazione sociale. Nella gestione della programmazione culturale dell’Everest, Industria Scenica ha coniugato l’imperdibile appuntamento del sabato sera con il liscio a numerosi progetti educativi, interventi di drammaturgia di comunità e spettacoli di sperimentazione e di grande valore artistico.

Il filo conduttore che dalla balera porta fino a Stalker Teatro sta proprio nella drammaturgia di comunità. In senso stretto e in senso lato. Da una parte Industria Scenica ha lavorato, nel 2015, a esperienze cooperative di socialità partecipata insieme alla comunità vimodronese, realizzando Vimostory; dall’altra ha fatto del progetto Adotta uno spettacolo il motore della stagione teatrale. Le associazioni del territorio adottano cioè uno spettacolo della stagione, promuovendolo e sostenendolo insieme alla stessa Industria Scenica. Il cartellone dell’Everest diventa così una vera azione di partecipazione culturale e di scambio.

In un luogo attento alla coesione sociale, al territorio e alla storia dei suoi abitanti l’intervento della compagnia torinese – vincitrice del premio Enriquez nel 2009 e da sempre sensibile alla drammaturgia dell’ambiente – assume ancora più senso. Steli-Reaction, l’appuntamento scelto come apripista per la serata dell’11 gennaio, ha saputo creare attraverso una precisa azione performativa/ambientale una nuova comunità, provvisoria ma coesa.

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Steli Reaction

Gli hashtag che Stalker Teatro sceglie come aggregatori tematici per Steli – #visual art, #performance art, #community – sottolineano sia la cifra performativa del lavoro, a metà strada fra arti visive e teatro, che il suo valore sociale, imprescindibile. Non solo per quanto riguarda la sua genesi, a Castello di Rivoli nel 2012, con diversi gruppi di lavoro, ma anche per i suoi esiti su un pubblico e su una comunità ogni volta nuovi. In questo caso Vimodrone.

La ricerca di Gabriele Boccacini, Adriana Rinaldi, Dario Prazzoli, Gigi Piana e Stefano Bosco, è stata condotta all’interno di un ciclo sperimentale più ampio – Reaction – con il Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli, a partire da alcune opere d’arte contemporanea e dell’Arte povera in particolare: Vedere e conoscere di J. Kosuth, Igloo e Serie numerica di Fibonacci di M. Merz, Respirare l’ombra di G. Penone, La natura della bestia di G. Macuga, Containers e Children di C. Boltanski, Solitudine di R. Mucha e la distesa di scarpe e cappotti “senza titolo” di J. Kounellis.
Dalle risposte emotive e cognitive scaturite da queste opere sono nati, insieme ai gruppi di lavoro, dei “dispositivi performativi” basati sull’utilizzo di alcuni materiali o di semplici oggetti di scena. Nel caso di Steli si è trattato di lunghe aste di legno, dello spessore di qualche centimetro e di colori diversi (rosso, arancione, giallo, verde, blu, viola).

Partendo dall’installazione di alcune “strutture portanti” da parte dei performer all’interno della pista da ballo dell’Everest, il pubblico è stato invitato a entrare nello spazio scenico e a comporre una fitta trama di assi, steli di legno appunto, disposti in modo casuale ma attento. Prendere parte a questa costruzione collettiva ha fuso insieme creazione artistica, gioco performativo e rito sociale. Il risultato finale è stato una grande scultura scenica e ambientale dal forte impatto visivo.

Il primo livello di lettura di questo lavoro è sicuramente immediato. Steli interroga il nostro senso dell’abitare uno spazio. Uno spazio fisico, uno spazio intimo, uno spazio comunitario, uno spazio pubblico, uno spazio privato. Case. Tunnel. Passaggi. Soglie. Interstizi. Dentro. Fuori. Spazi che i nostri corpi abitano e che allo stesso tempo ci abitano. Spazi attorno a cui i nostri corpi girano o che girano attorno a noi. Il riferimento alla poetica merziana è evidente. Non è un caso che Igloo sia tra le opere ispiratrici del ciclo Reaction.

Altri livelli di lettura sono invece legati ai linguaggi utilizzati e alla natura performativa dell’evento. Il senso di appartenenza a una comunità provvisoria e a uno spazio comunitario non scaturisce da un’elaborazione intellettiva ma nasce dall’azione collettiva. La riflessione arriva in un altro momento. Il pubblico, una volta intuite le regole del gioco, prende parte all’evento. Diventa azione e si inserisce in una situazione, senza delegare a nessuno il senso di ciò. Un’azione che nonostante tutte le variabili di casualità è un atto di responsabilità, di cura e attenzione verso gli altri e viceversa. Un’azione che porta con sé una trasformazione e che non lascia identici a se stessi. Azione e reazione. La cosa sorprendente è che tutto questo avviene attraverso un linguaggio molto semplice e accessibile. Divertente.

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Kanu

A seguire, un altro bel modo di fare comunità che ha legato la rete associativa di Vimodrone alla proposta teatrale dell’Everest. Nel quadro del progetto Adotta uno spettacolo, la sezione E. Ottolini dell’ANPI ha presentato al pubblico il lavoro della Compagnia Piccoli Idilli, Kanu. Gli interpreti Daouda Diabate, Kadi Coulibaly e Mamadeni Coulibaly, diretti da Filippo Ughi, hanno rievocato il fascino dei cantastorie d’Africa, proponendo un racconto originale e brillante, con tratti di fine umorismo e una forte gestualità.
In un momento storico in cui prendono piede nuovi fascismi e nuovi razzismi, anche i partigiani mutano le proprie forme di resistenza e di lotta, facendosi promotori, come in questo caso, di una compagnia da sempre attenta ai temi della diversità e dell’incontro tra culture.

L’Everest e Industria Scenica (nelle persone di Andrea Veronelli, Serena Facchini, Isnaba Miranda, Ermanno Nardi e Francesca Perego) si dimostrano così una vera impresa di innovazione culturale e sociale. Un luogo accogliente che riesce a intercettare il bisogno di comunità e di cultura di diverse generazioni.

Ripercorriamo qui invece la storia di Stalker con la video intervista di Renzo Francabandera a Gabriele Boccacini, direttore artistico di Stalker Teatro.

 

 

STELI REACTION

Compagnia Stalker Teatro
Progetto e regia di Gabriele Boccacini
Musiche originali di Stanislao Lesnoj e SmZ / Riccardo Ruggeri
Performer Adriana Rinaldi, Dario Prazzoli, Gigi Piana, Stefano Bosco

 

KANU

Compagnia Piccoli Idilli
Regia di Filippo Ughi
Con Bintou Ouattara
Musica dal vivo a cura di Daouda Diabate e Kadi Coulibaly
In collaborazione con Mamadeni Coulibaly

Everest – Vimodrone (MI)
11 gennaio