ANTONIO CRETELLA | Fosco Maraini, padre di Dacia, è ricordato principalmente per la Gnosi delle fanfole, una raccolta di poesie da lui stesso definita metasemantica. Buona parte delle parole delle poesie, in particolare nomi, aggettivi e verbi, è inventata dall’autore stesso, eppure il senso generale del componimento appare chiaro, poiché i lemmi, attraverso un gioco di ancestrali onomatopee, di rapporto tra suono e stato d’animo, di parentele di radici, suggeriscono una possibile interpretazione del loro significato: un senso di profonda tristezza aleggia nei «budriosi» meriggi, mentre il simpatico «lonfo» ce lo immaginiamo calmo e tranquillo, incapace di «vartecare» o «gluire». Parole che suggeriscono rispettivamente il movimento e il fare un verso. Evocazione di un enigmatico significato che appare velato, ma non completamente opaco, la parola metasemantica gioca con gli schemi interpretativi del soggetto leggente, ne mette in atto un implicito copione mentale, scenografia di una storia possibile.
Non è forse la stessa sensazione che abbiamo provato di fronte al “pupularsi” dell’On. Manzo o alla “propensità” del vice ministro dell’Istruzione? Il pupularsi, un misto di popolarsi e pullulare, evocatore di uno spazio gremito che indefinitamente si gonfia sotto la pressione di presenze vorticanti, di carni scivolanti sulle carni come banchi di viscidi pesci. E la propensità? In questa propensità s’annega il pensier mio, una completa, precisa inclinazione con un senso di ineluttabile predestinazione che solo le parole tronche sanno dare. Stupidi noi a non comprendere tale grandezza!
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