ANTONIO CRETELLA | Nel 1920 uscì in Danimarca il film espressionista Pagine del libro di Satana, basato sul romanzo I dolori di Satana del 1895 di Marie Corelli. Nel film, come nel libro, la figura del Maligno svolge il consueto ruolo di diavolo tentatore che la tradizione cristiana gli attribuisce, ma al contrario delle interpretazioni precedenti, ogniqualvolta Satana riesce nell’intento di corrompere un’anima, lo si vede volgere un inorridito sguardo di sconforto per ciò che ha appena fatto invece che sogghignare per l’anima che si è appena guadagnato. Satana, infatti, è costretto a tentare gli uomini come punizione per la sua antica ribellione a Dio: ogni anima che si perde allunga il suo supplizio, ogni anima che gli resiste lo accorcia, ragione per cui Satana si trova nella triste e paradossale condizione di essere causa del suo stesso supplizio e di sperare, nel contempo, di fallire; situazione che fa di Dio un sadico con un vizioso senso dell’umorismo.
Film e libro rappresentano solo una delle tante reinterpretazioni della figura di Satana che a partire dal Paradiso Perduto di Milton assume i tratti propri di un antieroe, più che di un antagonista, una figura ribelle che finì per incarnare nel pensiero politico e filosofico la carnalità, la materia, il progresso, la scienza, l’opposizione al cieco principio di autorità e al fanatismo, la voce fuori dal coro del consenso acritico.
È in questa veste che Carducci nel 1863 gli dedica un inno, della cui forma non fu mai contento, ma che pure difendeva come esaltazione delle potenzialità umane avvilite dalla cappa della superstizione, dell’appartamento culturale e morale di un cristianesimo divenuto ormai da secoli strumento di potere e controllo delle masse. È dunque abbastanza chiaro il motivo per cui ai dittatori in pectore Satana non stia tanto simpatico.
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