LAURA BEVIONE | Un uomo – Tizio – di età non definita, in viaggio verso casa dopo avere – forse – combattuto in una qualche guerra. Una coppia non più giovane con qualche difficoltà a dormire: la Nonna sogna e, al risveglio, deve immediatamente raccontare quanto vissuto in sonno al suo compagno di sempre, paziente e servizievole.
Tre personaggi – tutti interpretati con fluida versatilità da Andrea Fazzari – che incarnano motivi e sensibilità di Carillon, spettacolo ora riproposto dopo un anno di produttivo ripensamento che, nondimeno, non significa tradimento, bensì consapevole maturazione.
I due autori, Simone Schinocca – anche regista – e lo stesso Fazzari, sono partiti nella costruzione del proprio spettacolo ponendosi – e rivolgendola anche ad amici e a uomini e donne incontrati in contesti differenti – una domanda cruciale: che cos’è il desiderio?
Per il Nonno forse riuscire a dormire, per la Nonna rivedere il figlio, per Tizio tornare a casa. Desideri apparentemente semplici ma, si sa, l’esistenza umana è tutt’altro che lineare e consequenziale e pure le risposte scontate possono rivelarsi tutt’altro che tali.
Ecco allora che il percorso di Tizio – vestito di bianco, così come candide sono le pareti della stanza-mondo in cui si muove – può essere fisico – il personaggio affronta rupi e corsi d’acqua – ma appare in primo luogo un itinerario alla scoperta di se stessi.
La regia, non a caso, immerge il lavoro in un’atmosfera sognante e dichiaratamente anti-naturalistica e tratteggia i tre personaggi quali figure fiabesche: concretissime, certo – hanno sete e fame e sonno, si arrabbiano e si disperano, ridono e si rincuorano – eppure esemplari di sentimenti e bisogni di valore universale.
Tizio parla con gli uccelli e con un ponte ma non è un folle né un novello San Francesco, quanto un uomo che, di fronte agli ostacoli dell’esistenza, riflette con se stesso, si interroga e cerca risposte ai propri dilemmi. La Nonna ha sogni premonitori che non sono, appunto, che la vivida espressione dei suoi desideri, come teorizzò pure Freud. Il pragmatico Nonno ha imparato che voler bene significa accettare le fragilità l’uno dell’altro e scambiarsi piccole cortesie…
Personaggi in costante ricerca di qualcosa che completi la loro vita, cui pare mancare sempre quell’evento, quell’incontro, quell’oggetto che la renda pienamente realizzata. Ma se, come dicono i cartelli sopra le due aperture sul fondale, si tratta in entrambi i casi della “porta giusta”, forse la cosa più difficile da comprendere è che non esistono percorsi predefiniti, né tantomeno itinerari privilegiati paralleli a sentieri tortuosi.
La sfida più ardua, ci dicono con salda amabilità Schinocca e Fazzari, è capire quale sia davvero il nostro desiderio, la casa verso la quale dirigiamo il nostro cammino e i nostri sforzi.
Una domanda apparentemente banale, ma quanti saprebbero rispondere con immediata sicurezza? La nostra famiglia, il nostro lavoro, il nostro amore, noi stessi…
CARILLON
di Andrea Fazzari, Simone Schinocca
regia di Simone Schinocca
con Andrea Fazzari
produzione Tedacà
Teatro bellARTE, Torino
21 febbraio 2019
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