PAOLA ABENAVOLI | Accostarsi a un classico è sempre una sfida. Accostarsi a un romanzo complesso come I Miserabili lo è forse ancora di più. Al dilemma classico, ovvero mantenere intatte ambientazioni e stile o darne una lettura contemporanea, si aggiunge qui quello relativo all’adattamento, parte ardua di un lavoro su un romanzo di 1500 pagine e dalle molteplici letture e sfaccettature.
Se, come nel caso della versione firmata da Franco Però, si sceglie un impianto classico (d’altra parte, strada quasi obbligata, vista appunto la complessità dell’opera), la necessità è quella di puntare su elementi di forza per dare ritmo e intensità alla messa in scena, facendo risaltare riflessioni profonde, peraltro di grandissima attualità.
E sicuramente la scenografia di questo imponente lavoro è uno degli elementi atti a questo scopo: corroborata da luci impostate sui chiaroscuri, che rendono perfettamente le atmosfere del racconto (ad esempio all’inizio, con il chiarore su Jean Valjean e sul vescovo, che sembrano emergere dal nero dello sfondo), la scena si modifica a vista, di volta in volta, con tre componenti mobili, tre “monoliti” che vengono spostati dagli attori e dai quali emergono quinte, porte, velatini, che danno vita alle diverse ambientazioni. Ciò crea quel dinamismo necessario a uno spettacolo di quasi tre ore e che ingloba situazioni, momenti, tempi storici differenti.
Momenti e tempi che l’adattamento di Luca Doninelli ben sintetizza, pur se qualche personaggio e qualche parte del racconto avrebbero meritato più spazio (magari Fantine e il sacrificio di Éponine).
Ma è nella resa scenica, nella trasposizione sulla scena, che quella poesia, quell’epicità del racconto, quell’intensità di rapporti tra protagonisti, che sono insiti nel romanzo, in parte mancano. Proprio l’attualità dei temi, primo fra tutti il dilemma su cosa sia male, cosa sia bene, cosa sia giustizia, cosa sia legge (su cui si interroga Javert nel monologo del sottofinale, uno dei pochi momenti in cui l’intensità di questi argomenti traspare con forza), avrebbe avuto necessità di essere maggiormente sottolineata, come asse portante, sentimento dirompente, insieme al conflitto interiore del protagonista e a quello con il nemico Javert, che sulla scena non deflagra come ci si aspetterebbe.
Scelte stilistiche, rispettabili sicuramente, ma che impediscono allo spettacolo di uscire dalla dimensione di trasposizione lineare e formalmente accurata per diventare capolavoro, la cui anima conquista. Di rivoluzionare – come i giovani francesi cercano di fare, nella Storia e nel romanzo, un aspetto su cui puntava il musical, anche nella versione cinematografica del 2012, come elemento principale – pur restando nella classicità della messa in scena. Come accade nel caso di un’altra scelta, quella interpretativa del protagonista, dove un Franco Branciaroli si attesta su una recitazione che punta un po’ troppo sull’enfasi e che, soprattutto negli incontri/scontri con Javert (un più incisivo Francesco Migliaccio), non crea quel conflitto, quella tensione che ci si aspetterebbe.
I giovani del cast, invece, danno freschezza al racconto: su tutti, l’interprete di Éponine, Valentina Violo, dà carattere al personaggio ed è capace di prendersi la scena.
Se, dunque, l’adattamento e l’impianto scenografico ci riportano alla grandezza di un lavoro e di una produzione in grado di rinverdire i fasti di un teatro di prosa classico (cui guardare, comunque, sempre con attenzione), convince meno la resa scenica che non riesce ad avere quel quid in più per emozionare, per tirar fuori l’anima potente di un romanzo che interroga e si interroga su argomenti tanto attuali e che rendono – in ogni caso – necessari questi spettacoli: per riflettere su di noi, attraverso un racconto teatrale. Del resto il senso, questo, del teatro stesso.
I MISERABILI
di Victor Hugo
adattamento teatrale Luca Doninelli
regia Franco Però
con Franco Branciaroli
e con Alessandro Albertin, Silvia Altrui, Filippo Borghi, Romina Colbasso, Emanuele Fortunati, Ester Galazzi, Andrea Germani, Riccardo Maranzana, Francesco Migliaccio, Jacopo Morra, Maria Grazia Plos, Valentina Violo
scene Domenico Franchi
costumi Andrea Viotti
luci Cesare Agoni
musiche Antonio Di Pofi
produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia – Ctb Centro Teatrale Bresciano – Teatro de Gli Incamminati
Teatro Francesco Cilea – Reggio Calabria
Stagione Le maschere e i volti
6 marzo 2019