RENZO FRANCABANDERA | Pare che questa storia sia nata in una tormenta. O almeno rinata.
Sì, perché questa è la storia di uno spettacolo che è tornato in vita a distanza di qualche anno dal suo primo allestimento del 2015, uno dei primi dell’allora emergente gruppo di appassionati di teatro che prese il nome di VicoQuartoMazzini, probabilmente ispirato dalla geografia dei primi scantinati in cui germogliò la passione malsana per il teatro.
Il caso vuole che i superstiti eredi di quel primo gruppo, che ancora formano la combattiva compagnia, Gabriele Paolocà e Michele Altamura, siano stati colti di sorpresa qualche tempo fa, nelle Marche, da una tormenta di neve che non solo ha impedito loro di tornare in Puglia, ma li ha costretti proprio a doversi fermare per alcuni giorni in quella che, a conti fatti, è una delle più belle regioni d’Italia, per certi versi anche poco conosciuta nei suoi gioielli naturalistici e paesaggistici.
Qui, oltre che dalla tormenta, la compagnia viene raggiunta dalla notizia dell’imminenza di un appuntamento di una certa visibilità, in occasione del quale proporre uno spettacolo. E lì i due viandanti infreddoliti, colti dalla tempesta di neve ma rifugiatisi presso la Rocca Roveresca di Mondavio dove è di casa la tenace e combattiva compagnia degli Asini Bardasci (Filippo Paolasini e Paola Ricci in collaborazione con Fabio Durso), hanno l’illuminazione, spinti anche dagli ospiti, di riallestire il classico pirandelliano.
La cosa nasce nella commovente cornice del Teatro Apollo uno stupendo teatrino ottocentesco da ottanta posti ricavato all’interno della ex chiesa di San Filippo Neri risalente al 1400; uno di quei posti pazzeschi per i quali vale la pena girare l’Italia, situato nel centro storico di Mondavio, borgo rinascimentale nelle colline della provincia di Pesaro Urbino. Il teatro nacque grazie all’intento di famiglie nobili che lo istituirono come “Teatro Condominiale” con un’architettura all’italiana che comprende tre ordini di palchi e una platea da trentasette posti più i vari palchetti. Lacrimuccia per la bellezza!
Morale della favola, Sei personaggi rinasce e dopo alcune date romane del 2018 ha fatto una bellissima tournèe negli stupendi teatri della provincia marchigiana, facendo registrare sempre il pienone, a dimostrazione della possibilità di poter combinare i classici, i cartelloni delle stagioni, con il coraggio di qualche regia giovane e che sfidi il pubblico anche del circuito meno metropolitano a uno sguardo sul teatro nuovo e destrutturante. A dimostrazione che è possibile fare il tutto esaurito senza il bisogno di inutili scorie della serialità televisiva.
Da questo punto di vista (e non solo da questo) l’operazione è stata un successo.
La riscrittura dell’opera del maestro del teatro del primo Novecento continua in un qualche modo a far riverberare i temi poetici intorno i quali VicoQuarto lavora da diversi anni, che ruotano essenzialmente attorno al rapporto fra giovani generazioni e arte, alla perdita dei sistemi e dei punti di riferimento ideologici e intellettuali novecenteschi, al cambiamento dei paradigmi legati alle arti sceniche e al potenziale del medium teatrale al giorno d’oggi.
Scorrendo attraverso i segni che Pirandello stesso ha lasciato nella sua creazione, la rivisitazione dà spazio ad un ad allestimento che, pur rispettando la natura intrinseca dell’opera, ne propone un codice che ha due principali caratteristiche: rispettare in qualche forma anche piuttosto leggibile l’originale, pur nel tradimento dello stesso, e realizzare questa operazione in formato accessibile e non intellettualistico, venendo fuori con un lavoro capace di parlare a più livelli e quindi di coinvolgere anche quel pubblico di base di tanti teatri dei circuiti regionali che ancora (e per fortuna!) affollano le sale e cercano un dialogo non impossibile fra classico e moderno.
La creazione di VQM sa rispondere a questa richiesta in forma onesta e lineare. Lo fa attraverso delle scelte di riscrittura e riduzione del testo originario, favorendone un ripensamento scenico affidato a cinque interpreti, e operando in uno spazio scenico sostanzialmente vuoto e rispettoso e persino di alcuni segni pirandelliani, come la famosa luce verde che, invece che arrivare nel finale per proiettare l’ombra dei personaggi sul capocomico, viene proposta fin dall’inizio per individuare in maniera assai interessante ed evocativa dal punto di vista scenografico, l’oltre mondo da cui nascono i personaggi. Una sorta di mondo immaginario ma tangibile, di freddezza spirituale, dove le figure si muovono in una dimensione ectoplasmatica come anime prima di incarnarsi nella policromia dell’incontro con chi le interpreta: una sorta di purgatorio dantesco da cui escono nel momento in cui trovano l’incarnazione con il corpo dell’attore. E se in Pirandello questa operazione profondamente non si compie, lo spettacolo di VQM invece vuole in qualche modo restituire il personaggio all’attore stesso, ribadendone una centralità che il teatro contemporaneo mette un po’ in discussione.
Anche questa è una riflessione critica sul senso del teatro oggi che nel volgere del riallestimento, fra scelte e codici a volte pop e ironici, magari non tutto il pubblico raccoglie, ma che uno sguardo più attento alla poetica della compagnia non fatica a ritrovare nelle loro produzioni, centrate, in fondo, su questo ruolo ingenuo, grottesco e fragile dell’attore. Tanto grottesco e fragile che qui lo spettacolo inizia con l’attore costretto, come in molti casi è, a distribuire i volantini del fast food per campare. Ma una volta entrato nella scena, quel posto, il palcoscenico, ha comunque una magia travolgente che alla fine assorbirà e neutralizzerà le demotivazioni dell’attore del nuovo millennio.
Positiva l’attenzione generale al movimento scenico. Al di là di qualche ridondanza iniziale, con una sorta di piccola coreografia in cui i vari personaggi ripercorrono la trama indicandosi l’un l’altro per far capire allo spettatore chi interpreta chi (ma a conti fatti un po’ confondendolo), la regia di Paolocà si muove dentro una serie di apprezzabili idee sceniche di rivisitazione dei personaggi in forma genuina, ironica, ma anche rispettosa delle abilità specifiche dei diversi interpreti: dalla cifra a tratti postdrammatica del padre di Michele Altamura, a una Alice Conti sempre capace di sfumature ambigue e profonde dei suoi personaggi, alla fisicità mimica e di grande presenza scenica di Simonetta Damato, fino a quella certamente meno esile ma comunque ben giocata di Filippo Paolasini.
Proprio il progredire delle repliche, dopo questo inizio di ripresa, non può che ulteriormente permettere un’amalgama fra gli specifici codici interpretativi attorali, così da rinsaldare il senso dell’operazione intellettuale di pacificazione contemporanea fra personaggi e attori.
SEI PERSONAGGI IN CERCA D’AUTORE
da Luigi Pirandello
uno spettacolo di VicoQuartoMazzini
con Michele Altamura, Alice Conti, Simonetta Damato, Filippo Paolasini, Gabriele Paolocà
regia, luci e suono Gabriele Paolocà
assistente alla regia Paola Ricci
prodotto da VicoQuartoMazzini, ATGTP
con il sostegno di Asini Bardasci