LAURA BEVIONE | È l’eterno adolescente Peter Pan ad aprire il pomeriggio della seconda giornata del festival torinese Giocateatro. Dello spettacolo – intitolato, semplicemente Peter Pan – era già stata proposta una prima versione, in cui i bambini sperduti e la ciurma di pirati di Capitan Uncino erano interpretati da sei allievi della scuola del Teatro Stabile di Genova che, insieme alla fondazione Teatro Ragazzi e Giovani produce il lavoro. I giovani attori erano stati capaci di offrire un’originale caratterizzazione dei propri personaggi, ciascuno contraddistinto da particolari “abilità” – fare le onde con la pancia, assumersi sempre la colpa, avere immancabilmente una macchia sulla maglietta…

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Foto Federico Pitto

Nella versione portata in scena al Giocateatro, invece, sono sul palcoscenico gli interpreti di Peter Pan, Wendy e Signor Darling/Capitano Uncino – rispettivamente Alessandro Pisci, Celeste Gugliandolo, Pasquale Buonarota – coadiuvati da sei bambini – tre maschi e tre femmine – precedentemente scelti fra i piccoli spettatori e incaricati di essere bambini sperduti o pirati.

L’accento è posto fin dall’esordio sul valore irrinunciabile dell’immaginazione ma, poi, si scherza sull’apprensività dei genitori e sulle loro incoerenze così come sull’irriducibile infantilismo di Peter Pan – felicemente accentuato dall’età non proprio “verde” del suo interprete – che non vuole andare a scuola, non vuole lavorare ma non vuole neppure imparare che cos’è l’amore – rifiuta il contatto fisico e ignora cosa sia un bacio.
Lo spettacolo, nondimeno, rifugge psicologismi o analisi sociologiche, sottolineando e rivendicando quali siano i propri interlocutori privilegiati, ossia i bambini cui è ovviamente ignota la sindrome di Peter Pan ma che, al contrario, sono spesso spinti a crescere più in fretta. Ecco, allora, che i tre interpreti attraversano la scena con levità, recuperando in se stessi quel fanciullino che si tende a relegare nelle zone più oscure del proprio io.
Un lavoro che diverte e coinvolge – pure grazie alle canzoni eseguite anche scendendo in mezzo al pubblico – e ottiene ciò che promette all’inizio: l’essere un sogno a occhi aperti, che fa (ri)scoprire la confortante magia dell’immaginazione.

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Foto Federico Pitto

Una qualità che, insieme all’inquieta curiosità, anima il protagonista de Il paese dei quadrati, (Compagnia Melarancio e Cada Die Teatro) spettacolo ispirato, per quanto concerne la storia narrata, al racconto di Pinin Carpi, L’isola dei quadrati magici e, per quanto riguarda invece l’aspetto visivo, all’opera pittorica di Paul Klee, di cui è riprodotto in scena un dipinto e sul cui modello sono costruite le sagome degli abitanti “quadrati” dello strano paese in cui giunge il protagonista.
Questi è un marinaio – lo interpreta con amabile affabilità Gimmi Basilotta – incapace di fermarsi troppo a lungo sulla terraferma: un irresistibile formicolio lo spinge ognora a nuove avventure sulla sua barca – riprodotta in modellino in scena. Dopo essere sopravvissuto a un naufragio, il marinaio approda su un’isola decisamente insolita, dove mancano curve e cerchi e tutto è rigorosamente squadrato. Una regolarità geometrica che, nondimeno, non nega il desiderio dei suoi abitanti quadrati di divertirsi, ballare e cantare; azioni che sono loro impedite da un crudele Principe Nero che da qualche tempo governa con triste crudeltà l’isola. Ma l’arrivo del marinaio, lo “straniero tondo”, spingerà gli abitanti a ribellarsi e a riprendersi le proprie vite…

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Il racconto procede snello e incantato, assecondato dalle musiche eseguite dal vivo e ricorrendo anche a strumenti non ortodossi: lastre di metallo e vari oggetti in legno e corda che compongono l’immaginosa scenografia. Una favola che parla dell’inquietudine di chi è sempre alla ricerca di nuovi orizzonti e della legittima rivendicazione della libertà di ridere e cantare a proprio gusto…

Casca il mondo vert_rE un’altra favola, immaginifica e istruttiva senza essere didascalica, è quella narrata da Beppe Rizzo nel suo Casca il mondo, casca la terra, una vera e propria ballata per attore solo e pubblico, cui è chiesto esplicitamente di partecipare cantando i ritornelli delle canzoni ed eseguendo semplici coreografie sul posto. L’artista, armato di chitarra e genuina passione, racconta la paradigmatica vicenda di due popoli – i gialli e gli azzurri, gli uni abitanti di un torrido deserto, gli altri di un paese di ghiaccio – in conflitto fra loro. In realtà i due paesi non sanno nulla l’uno dell’altro, se non atavici e distorti stereotipi che li spingono a dichiararsi guerra, mentre i loro rispettivi sovrani si godono la vita alle loro spalle, sfruttandone le ricchezze. Saranno due bambini a rivelare ai propri concittadini l’infondatezza dei loro pregiudizi, a smascherare l’egoistica arroganza dei loro monarchi e a promuovere un accordo fra i due popoli che, da quel momento in poi, vivranno insieme in una zona intermedia fra i loro rispettivi paesi caratterizzata da un clima favorevolmente tiepido.

Uno spettacolo lieve e coinvolgente, che emoziona e fa riflettere su quanto facilmente ci lasciamo contagiare da stereotipi infondati e odii proditoriamente stimolati per raggiungere fini del tutto personali…

Leggera e divertente è stata pure l’esibizione di live painting proposta dall’artista giapponese Izumi Fujiwara che, scegliendo una modella fra il pubblico, insegna ai bambini non soltanto il particolare linguaggio di Picasso ma, soprattutto, la necessità di osservare con attenzione e cura chi ci sta vicino.

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Una necessità ribadita pure dal pirotecnico Matthias Martelli nel suo esilarante ma pure arguto e spiazzante Nel nome del dio web, intelligente satira sulla universale dipendenza dagli apparati tecnologici – dallo smartphone al tablet, dai dispositivi a comando vocale agli assistenti virtuali – e dai social network.

L’attore-giullare mette in scena una vera e propria cerimonia profana – la “i-messa” – in cui Don Aifon rende omaggio alle nuove divinità da cui facciamo dipendere la nostra quotidiana felicità: i like su Facebook e Instagram, la connessione veloce e sempre disponibile, il wireless… Martelli ci racconta pseudo parabole e miracoli contemporanei – portare la connessione là dove era inopinatamente scomparsa – e ci mostra la testimonianza di una ragazza divenuta dipendente dai like tanto da essere ricorsa a una terapia di disintossicazione.  L’attore, poi, duetta in amoroso dialogo con la sua assistente vocale Robertxa e, ancora, ci mostra in diretta l’elezione del nuovo capo della chiesa mondiale, papa Amazon, che invita al consumo senza ritegno…

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Foto Giorgio Sottile

Un crescendo di ironica eppure rabbrividente distopia che fa molto ridere, certo – per esempio, nella lettura di commenti paradossali eppure del tutto reali scritti da utenti di Facebook a proposito di opere d’arte immortali quali il Colosseo o il Requiem di Mozart – eppure genera una disturbante inquietudine. Ecco allora che giunge, coerentemente, quel finale accorato e riflessivo: il frinire delle cicale che ci aveva accolto in sala prima dell’inizio dello spettacolo risuona di nuovo, rilassante e allo stesso tempo autoritariamente necessario. Martelli, concentrato e appassionato, invita a ritornare nei boschi, a disconnettersi per un po’ e a uscire di casa. E, soprattutto, ricorda quanto sia importante stare insieme per davvero, guardandosi negli occhi, toccandosi, e non solo virtualmente. La vita vera e gli uomini e le donne vere esistono ancora e sono là, fuori dalle nostre case, per le strade delle città e nella natura, dove ancora si può godere del cinguettino di un uccellino vero, e non un tweet…

Lo spettacolo di Matthias Martelli, un attore sorprendente per capacità mimetiche e infinite risorse espressive, è un intelligente, amaro e provocatorio apologo sulla deriva dell’umanità – fra duecento anni, immagina l’artista, saremo probabilmente ricordati come i “webebeniti” – che regala moltissime risate ma agghiaccia nel ritratto di una società che progressivamente sta perdendo se stessa. E, dunque, il finale – quel reiterato e appassionatamente angosciato invito a stare per davvero insieme – riesce forse a toccare anche quegli spettatori che, pur ridendo, non hanno smesso di chattare neppure durante lo spettacolo, come la nostra vicina che, in effetti, abbiamo visto abbandonare la sala piuttosto imbarazzata e pensosa…

 

PETER PAN
drammaturgia Giorgio Scaramuzzino, Pasquale Buonarota, Alessandro Pisci
regia Giorgio Scaramuzzino
scene e costumi Lorenza Gioberti
luci Aldo Mantovani
musiche Paolo Silvestri
interpreti Pasquale Buonarota, Alessandro Pisci, Celeste Gugliandolo; e, nelle repliche del 30 e 31 marzo, Francesco Bovara, Simone Cammarata, Michele De Paola, Gianmarco Mancuso, Davide Mazzella, Federico Pasquali
produzione Teatro Nazionale di Genova, Fondazione TRG Onlus

CASCA IL MONDO CASCA LA TERRA – Ballata dei contrari
da un’idea di Valentina Diana
drammaturgia Gianfranco Di Chiara, Beppe Rizzo
musiche e interpretazione Beppe Rizzo
produzione Oltreilponte Teatro

PICASSO, RITRATTI!
di e con Izumi Fujiwara
produzione Studio Ta-daa!

IL PAESE DEI QUADRATI
di Gimmi Basilotta, Alessandro Lay
regia Alessandro Lay
scenografie Jacopo Fantini
musiche Roberto Avena, Isacco Basilotta
interpreti Gimmi Basilotta, Isacco Basilotta, Jacopo Fantini
produzione Compagnia Melarancio, Cada Die Teatro

NEL NOME DEL DIO WEB
testo e regia Matthias Martelli, in collaborazione con Alessia Donadio
luci e scene Loris Spanu
elementi scenografici Claudia Martore
costumi Monica Di Pasqua
musiche originali Matteo Castellan
consulenza artistica Domenico Lannutti
artist coach Francesca Garrone
interprete Matthias Martelli
produzione Fondazione TRG Onlus

Casa del teatro ragazzi e giovani,
Torino, 31 marzo e 11 aprile 2019