ANTONIO CRETELLA | La Resistenza italiana al Nazifascismo fu un movimento composito che riunì sotto un’unica bandiera esperienze politiche estremamente diverse tra loro, talora antitetiche e all’apparenza inconciliabili: comunisti e cattolici, anarchici, repubblicani e monarchici, socialisti e financo ex membri attivi del regime, la cui unica caratteristica comune fu l’essere stati estromessi dal Parlamento e dall’esercizio della democrazia dalla dittatura del PFN, partito unico del regime. L’intesa raggiunta dagli esponenti delle diverse correnti non fu momentanea né infruottosa, ma si estese per alcuni anni al fine di ripristinare la democrazia rappresentativa su nuove basi, con l’abbandono dell’ormai logoro Statuto Albertino e la stesura di una Costituzione che raccolse il contributo di tutte le anime della Resistenza, un fatto per nulla scontato visto che la fine della guerra avrebbe potuto immediatamente riaccendere la rivalità tra le correnti.
Quale possa essere il carattere divisivo di un movimento che miracolosamente trovò la quadra tra avversari politici che si erano dati e si sarebbero dati a lotte feroci in Parlamento rimane alquanto oscuro, visto che al contrario anche oggi il 25 aprile ci consente di trovare ancora un accordo unanime sull’idiozia di chi lo afferma con insistenza.
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