MARGHERITA SCALISE | Annig Raimondi porta in scena, al PACTA.dei Teatri Salone di Via Ulisse Dini fino al 19 maggio, La Commedia della Vanità di Elias Canetti. Non sono molti a conoscere approfonditamente le opere teatrali dell’autore premio Nobel, ben più famoso per romanzi come Auto da fé e La lingua salvata, sebbene i suoi tre drammi fossero considerati da lui stesso i suoi capolavori.
La Commedia della Vanità (qui il testo integrale) è la narrazione, nell’arco temporale di un trentennio, di una realtà alternativa distopica, dove un governo totalitario decreta che la vanità è immorale e che va pertanto abolita. A questa decisione seguono diverse leggi, le più dure delle quali impongono l’immediata distruzione di specchi e ritratti, la messa al bando dei fotografi e la pena di morte per il reato di adulazione. La distruzione della possibilità di guardarsi comporta tuttavia esiti non previsti: le persone smettono di riconoscersi, perdono la propria identità e vagolano come malate senza più riuscire a capire chi sono. L’eliminazione dell’immagine porta così alla perversione di recarsi, come malati viziosi, in un sanatorio-bordello dove, pagando, ci si può specchiare. Come ogni divieto proveniente da un governo totalitario, la sua applicazione senza compromessi porta alla disumanizzazione e all’ottenimento dell’effetto contrario a quello desiderato.
Elias Canetti, scrisse la sua opera nel 1933 in Austria, mentre assisteva al consolidarsi inquietante dei totalitarismi del XX secolo: il rogo degli specchi con cui si apre lo spettacolo è un evidente richiamo al rogo dei libri avvenuto in quello stesso anno nella Berlino nazista, così come la ricerca di approvazione pubblica e i toni pomposi di alcuni personaggi che ricoprono ruoli di potere sono una chiara restituzione satirica dell’apparato mediatico di Goebbels o di Pavolini e del suo MinCulPop. Annig Raimondi si mette sulla scia della restituzione di questa atmosfera malsana, ma la rappresentazione resta troppo aderente all’originale, non cogliendo l’occasione, drammaturgicamente feconda, di sviluppare collegamenti con la politica contemporanea; rimane pertanto un vago senso di retorica, come di generica polemica senza uno sviluppo particolarmente brillante.
La Commedia della Vanità è il primo drama di Elias Canetti (in lingua viennese, come tutti i suoi testi), ma presenta una già matura padronanza della lingua e delle sue possibilità. I personaggi mostrano appieno quella che sarà poi definita la “maschera acustica”, ovvero una specificità di linguaggio propria per ciascuno di essi. Alcuni personaggi parlano in dialetto, altri in maniera sgrammaticata, altri ancora con balbuzie e così via. I personaggi, sono, dunque, il loro modo di parlare. Ed è proprio a partire da questo felice incontro tra linguaggio e ritratto umano che la regia di Annig Raimondi disegna sulla scena personaggi grotteschi, a tratti macchiettistici, delineati dagli attori con padronanza dell’uso del corpo e della voce. I molti ruoli previsti dal testo vengono ridistribuiti sui sei attori in scena, e proprio la differenziazione linguistica permette la comprensione della variazione dei personaggi. È sicuramente nel lavoro con il corpo che lo spettacolo trova il suo maggior punto di interesse, grazie all’incarnazione della parola canettiana: non riducendosi a creare delle ‘maschere’ da commedia dell’arte, gli attori propongono personaggi certamente grotteschi ma con tratti umani. È così che attori maturi possono interpretare bambini piccoli e assillanti, o che la stessa Raimondi rende, allo stesso tempo, due fratelli incarnati nella stessa fisicità.
Quale segreto svela Canetti a noi uomini del XXI secolo, così affezionati alla nostra immagine, tanto da concederci quotidianamente il lusso del selfie? Innanzitutto, l’autore individua il primo pericolo della perdita di identità personale, e cioè il rifluire in una massa indistinta: così nello spettacolo ognuno porta addosso a sé un fantoccio, identico per tutti. E oggi, il tentativo di far aderire ogni nostro autoritratto alla moda imperante, non è affatto diverso dall’aver perso del tutto il contatto con la propria reale identità. Per questo è possibile, come accade in una scena dello spettacolo, che un personaggio veda in un passante qualsiasi una copia di sé semplicemente permettendogli di indossare i propri abiti: la moda non ragionata appiattisce ogni identità.
In secondo luogo, la Commedia mette in luce l’importanza di accettare il proprio cambiamento; ambientando il testo su un arco di trent’anni, Canetti ci permette di vedere il decadimento dell’uomo incapace di afferrare la propria crescita. Il corpo umano, come tutto ciò che è legato alla vita, per non morire deve trasformarsi: la non accettazione del proprio cambiamento conduce a un’inevitabile perdita della propria umanità. Con questa idea, Canetti coglie appieno lo spirito del proprio tempo, congelato in un testardo e monolitico desiderio di affermazione di un unico, immodificabile, punto di vista; nella messa in scena, la sensazione di immobilità temporale e di non progresso regna sovrana: l’unico indizio dato allo spettatore sono le proiezioni delle parole “dieci anni dopo”, mentre i personaggi non invecchiano sensibilmente.
Lo spettacolo di Annig Raimondi, pur non riuscendo a sviluppare fino in fondo certi aspetti sotterranei del testo, sa riflettere sulle tematiche dell’identità e della massa, richiamando, attraverso immagini evocative, il catastrofismo del Novecento e la sua incarnazione nei corpi degli individui. Ricorrente è, tra tutte, quella di una carrozzina abbandonata sul palco ravvolta nella plastica nera: metafora di un giovane futuro che, nel 1933 come oggi, olezza di cattivi presagi.
LA COMMEDIA DELLA VANITÀ
di Elias Canetti
traduzione Bianca Zagari
con Maria Eugenia D’Aquino, Paui Galli, Riccardo Magherini, Alessandro Pazzi, Annig Raimondi, Eliel Ferreira de Sousa
regia Annig Raimondi
musiche originali Maurizio Pisati
spazio scenico Lazlo Ctrvlich
disegno luci Manfredi Michelazzi
costumi Nir Lagziel
assistente costumi Marlene Pisati
oggetti di scena Progetto Ri-costruzione ASST Lodi
produzione PACTA . dei Teatri con il contributo di NEXT – Regione Lombardia
PACTA . dei Teatri Salone di Via Ulisse Dini, Milano
3 maggio 2019