ANTONIO CRETELLA | C’è un elemento della novella e maldestra repressione della libertà di espressione e di critica che nullifica immediatamente l’atto di censura e lo rende solo una muscolare prevaricazione fine a stessa: al contrario degli anni ’20 o ’30, la continua e assidua riproducibilità del presente attraverso lo smartphone rende sostanzialmente inutile la rimozione di uno striscione, la cancellazione di una scritta o di un murales e, anzi, la sparizione dal reale del referente oggettivo contribuisce all’iconizzazione dell’atto.
La fotografia analogica e la pellicola cinematografica avevano già avviato questo processo, divenuto via via più intenso con il migliorare della tecnologia e la più ampia accessibilità a essa; ma vi era sempre la possibilità di distruggere la riproduzione dell’atto, impedire la diffusione fisica dell’immagine o del filmato intervenendo sui canali di distribuzione asincrona dell’informazione. Oggi invece, l’asincronia tra l’atto e la sua moltiplicazione digitale è praticamente nulla: dal graffito raffigurante il bacio appassionato tra Di Maio e Salvini al pittoresco Zorro che ammonisce a restare umani di fronte al palco sovranista, passando per gli striscioni rimossi, la repressione, la cancellazione, il soffocamento arrivano quando già un post che li raffigura è divenuto virale sui social, rendendo del tutto superflua la rimozione e ridicolmente odiosa l’opera di chi la mette in atto.