ANTONIO CRETELLA | A ogni tornata elettorale si pubblicano pamphlet sulla sospensione del suffragio universale, alcuni dei quali sono arrivati a teorizzarne in modo provocatorio la totale eliminazione. Buona parte di questi articoli, in realtà, non fa altro che suffragivevidenziare le idiosincrasie del concetto di democrazia in senso contemporaneo. Che la democrazia sia un concetto antico, è infatti un falso: quella greca non aveva nulla a che vedere con il suffragio universale, ma si configurava a tutti gli effetti come un governo elitario, giacché ad Atene solo individui adulti di sesso maschile, in possesso della cittadinanza potevano esercitare diritti politici; circa un decimo della popolazione totale.
Nel corso della storia la base elettorale dei regimi democratici si è andata via via allargando, per età e per censo, ma solo nel ‘900 si afferma il suffragio universale, un evento, quindi, tutto sommato recentissimo, di cui possiamo analizzare gli effetti solo adesso, effetti che si combinano con quelli prodotti dalla formazione, dell’informazione e dell’informatizzazione.
La prima evidente constatazione è che l’esercizio dei diritti politici non coincide sempre con la piena coscienza di essi: sotto questo aspetto, il suffragio universale può rivelarsi un’arma a doppia taglio. Non è un caso se la scuola si prefigge, in teoria, la formazione del cittadino e che mai come oggi il riformatore punti sulle cosiddette “competenze di cittadinanza”, che restano tuttavia nella pratica fortemente disattese. Nel divario tra godimento del diritto e coscienza di esso si insinua l’ombra della propaganda, che dirige dall’esterno i flussi di voto incosciente al fine di generare unicamente consenso attraverso un meccanismo che l’era della comunicazione di massa ha magnificato. Secondo la lezione di Sartori, il consenso è l’antitesi della realtà, una distopia interpretativa deliberatamente scollegata dal mondo di cui pretende di essere fedele immagine. È in tal senso che la democrazia è un problema non problematizzato sotto il peso del taboo della dittatura che rende sospetta ogni analisi o denuncia le storture intrinseche delle democrazie odierne.
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