RENZO FRANCABANDERA | Le Compagnie Malviste (LCM) sono impegnate da dieci anni nell’area metropolitana di Milano nella diffusione della pratica teatrale e della cultura come veicolo per la coesione sociale e motore dell’economia tutta. Lo strumento privilegiato per riacquisire la fiducia in sé stessi, contrastare la solitudine, risvegliare la creatività sopita e il confronto con la comunità, è il laboratorio teatrale.
Nella pratica laboratoriale il teatro è, in questa prospettiva, un mezzo per raggiungere un fine: socializzare, dando modo a chiunque di trovare il proprio spazio, alla ricerca di certezze e responsabilità. Un luogo in cui le persone si ritrovano mettendosi in gioco, ma anche luogo di potenziamento della rete di relazioni, stimolo dell’immaginario e occasione per scoprire una nuova identità.
I fautori di questo progetto che a breve saranno impegnati nel progetto 5 Miglia, sono Alvise Campostrini, drammaturgo, Alessandro Manzella, regista e Alessandra Matera, educatrice. Abbiamo intervistato Campostrini per un ragionamento su teatro e azione sociale”
LCM nasce con un intento di inclusione. Ma dove finisce l’assistenza sociale e inizia la pratica teatrale? Ci sarà un punto, un momento in cui il fine artistico sancisce una sorta di supremazia. Lo avete identificato nella vostra pratica?
Le Compagnie Malviste nascono nel 2005 con la consapevolezza che non si tratta “solo” di animare comunità e luoghi, ma di sperimentare percorsi teatrali di inclusione, partecipazione e ricerca/valorizzazione e promozione dei territori. Nei nostri laboratori chi partecipa vuole fare teatro, è il teatro il collante di tutto. Il format teatrale è uno strumento ad alto coinvolgimento, perché impiega autori, attori, musicisti, ballerini, scenografi, costumisti e spettatori.
La pratica teatrale e l’assistenza sociale hanno molti con-fini in comune. Nella nostra equipe negli ultimi anni sono sempre di più le persone che hanno competenze nella cura della persona: infermieri, medici, consulenti autobiografici, assistenti sociali, docenti e ricercatori.
I punti di contatto tra il prendersi cura di sé e l’atto artistico sono sottili. Forse vanno a braccetto. L’atto artistico è la re-azione: esco di casa, mi metto in gioco e creo. L’effetto a queste azioni è la salute come bene comune Se partecipo sto in compagnia, mi esprimo e mi prendo cura di me stesso. Si generano così cittadini più responsabili e attenti ai bisogni del vicino.
In questi anni di lavoro, il vostro linguaggio si è aperto a moltissime collaborazioni crossmediali. Cosa eravate voi come persone e cosa siete, ora, dopo questi attraversamenti?
È stato evidente fin da subito la necessità di aprire i laboratori a incontri e a tantissime contaminazioni artistiche. Come quando abbiamo collaborato con Alessandro Luzio, fotografo. È stato spiazzante vedere le foto, riconoscersi in colori fino ad allora sconosciuti. Così decidemmo di inserire le foto nello spettacolo che stavamo provando e abbiamo pubblicato anche un libro fotografico Malvisti per le edizioni Mimesis.
Attraversamenti che fanno maturare un approccio al lavoro artistico più attento. Un percorso che trova confronto/conforto nel dibattito pubblico per la creazione di un’opera d’arte che scolpisce voci e gesti della comunità di riferimento.
Poi è arrivato il progetto 5 miglia da Milano…
Il progetto 5 miglia da Milano è frutto di un lungo percorso sul territorio di Quinto Romano, Figino e Quarto Cagnino, iniziato nel 2007 con laboratori teatrali settimanali in ognuno dei tre quartieri della periferia nord/ovest di Milano. Nel 2016 intercettiamo gli architetti di Asisa perché nei laboratori teatrali emergono varie problematiche: edifici poco sicuri, incuria ambientale, poca sicurezza stradale. Nel 2018 partecipiamo al Bando alle periferie del comune di Milano in rete anche con la Cooperativa Edificatrice Ferruccio Degradi e il Comitato di Quartiere di Figino.
Per la conclusione (ormai prossima) del progetto organizziamo il I Festival di Arti Sceniche, che si terrà il 1° giugno proprio a Quinto Romano. (Qui programma e altre informazioni)
Cosa sarà per voi questo festival? E per chi vi parteciperà da spettatore?
Il festival sarà l’occasione per mostrare una buona pratica utile a valorizzare territori che rischiano di essere solo quartieri dormitori, senza nessuna attrattiva.
Lo spettatore avrà la possibilità di specchiarsi in un lago che non c’è, di camminare lungo un sentiero nel bosco, passeggiare dentro un’antica corte milanese e ascoltare una canzone in una serra. Durante l’arco della giornata (aperta a tutti e gratuita) si terranno laboratori, spettacoli dal vivo, concerti che vedono coinvolti gli abitanti dalla mattina alla mezzanotte. Oltre agli abitanti del quartiere ci sarà la possibilità di ascoltare le voci di alcuni artisti che hanno risposto a una call per delle perfomance site specific.
Quale sarà il lascito, materiale e immateriale, per il territorio?
Il progetto 5 miglia ha accompagnato i cittadini di Quinto Romano nel dar vita a un Comitato di Quartiere apartitico e aconfessionale, che sarà presentato proprio il giorno del festival.
Un altro lascito è il Teatro Mobile, costruito da e per i cittadini: un vero e proprio palcoscenico su ruote che sarà presentato nel pomeriggio del 1° giugno, e inaugurato in presenza dell’assessore alla cultura del Comune di Milano Filippo Del Corno.
Inoltre con i cittadini (primi e veri attori del progetto) e le associazioni del territorio, si è dato forma e spessore a un capitale sociale e culturale che coinvolge abitanti di tutte le età.