ANGELA FORTI e LEONARDO DELFANTI | Teatro è luogo del sacro. Teatro è spazio del rito, proiezione di anima che è individuo e coscienza. In un mondo continuamente a caccia di nuove forme di spiritualità, il teatro è ancora occasione del ritrovo condiviso e consapevole, della sacralità in quanto forma significante, libera dai contenuti specifici. È orizzonte in cui le individualità possono confluire, al di là delle pratiche e delle credenze, in una forma spirituale che ha come oggetto il rito in sé.
È teatro del sacro la dimensione comunitaria di una società, i ritmi quotidiani, le abitudini della collettività: spettatori e attori si sforzano di farli coincidere, di mettere in condivisione parti profonde e recondite del sè, alla ricerca di ciò che può unire oltre le differenze.

Lo ribadisce anche quest’anno il festival biennale Teatri del Sacro, ormai alla sesta edizione, ad Ascoli Piceno dal 19 al 23 giugno.

«Teatri del Sacro nasce dieci anni fa», spiega il direttore artistico Fabrizio Fiaschini, «dalla percezione che ci fosse da parte del mondo del teatro un interesse a indagare la questione del sacro in senso ampio, non confessionale o spiccatamente religioso, e che non esistessero, allora, gli strumenti per facilitare questo percorso di approfondimento. Abbiamo realizzato un bando attraverso il quale si chiamassero a raccolta le compagnie teatrali intorno a questo tema, ma in maniera libera e aperta. E ciò che mi sembra più interessante è che, al di là della riuscita estetica degli spettacoli, il modo con cui questo discorso intorno al sacro, intorno alle domande e alle inquietudini della fede si è sviluppato è sempre stato autentico; tutti gli artisti che sono passati attraverso il festival hanno indagato il tema con grande urgenza e verità. Quello sul sacro è diventato un profondo discorso sulla contemporaneità, un modo per interrogare il presente».

coverCatalogoTDS.jpg

Con una programmazione di undici spettacoli, di cui sei debutti in prima nazionale, il festival si apre a quattro proposte under 40 e a compagnie provenienti da tutto il territorio nazionale.

«Abbiamo voluto caratterizzare quest’edizione dando alle compagnie un tema più specifico. Le Opere di Misericordia ci sono sembrate uno degli strumenti più utili per un discorso sul presente: esse si dividono in corporali e spirituali, e quest’idea di coniugare lo spirito e il corpo non tocca solo una questione religiosa ma anche una questione prettamente teatrale. Il teatro è, in prima istanza, una sintesi tra lo spirito e il corpo, tra un’espressione più intima e una dimensione più materica. Il teatro è corpo e anima, è azione: il termine ‘opera’ si potrebbe tradurre con il termine ‘azione’. In più, il concetto di opera lavora sull’intersezione di due assi, quello verticale del rapporto con Dio e quello orizzontale del rapporto con il prossimo. Queste due assialità interessano molto il tempo presente – basti pensare al documento dedicato da Papa Francesco a questo tema – e parlarne oggi vuol dire riservare un’attenzione ai più deboli, a coloro che soffrono, a coloro che sono marginali e che hanno bisogno di essere valorizzati e riconsiderati come elementi fondamentali della nostra contemporaneità. Penso a uno degli ultimi libri di Judith Butler, L’alleanza dei corpi: l’antropologa sostiene come l’alleanza dei corpi in una performance sia stato il modo con cui la maggioranza dei movimenti di questi ultimi anni si sono imposti nella scena politica e pubblica per cercare quello che lei definisce luogo di apparizione, un luogo dove poter essere riconosciuti. È un’azione di riconoscimento dell’altro, di chi è marginalizzato, e io credo che il teatro questo lo possa fare in modo unico».

Il teatro come anima contiene tutti i teatri del mondo, tutta la parola del mondo. Dal rito di iniziazione, di esperire tangibile, al teatro che può, nella migliore delle sue forme, farsi “atto di profanazione”. Il teatro sociale, ad esempio, che nella sesta edizione trova nuovo spazio di presenza; il teatro del futuro delle compagnie più giovani, quello che non teme di distruggere per rinnovare; che, profanando la sacralizzazione del sistema delle arti e dei rapporti sociali, contrasta l’indisponibilità di un linguaggio, quello del gesto segreto, quello che parla al futuro, e lo restituisce all’uso di tutti.
Qui dove farsi comunità è più che mai rito, qui dove la pratica è pratica di magie: qui le nostre anime possono farsi teatro d’ombre e riflessi e lampi improvvisi nel tentativo di un contatto per quanto fugace. Nella ricerca profonda dell’io, dell’interconnessione che corre tra i propri elementi costitutivi, sta il tentativo di fondazione di una collettività nuova che condivida fiato comune e respiri diversi. Che sappia rispettarsi nelle specificità e, al contempo, perseguire obiettivi comuni, condividere la lotta.

 

TEATRI DEL SACRO
Ascoli Piceno, 19 – 23 giugno 2019
Programma