FEDERICA GUZZON | Se doveste pensare a una protagonista shakespeariana Lady Anna forse sarebbe in fondo alla vostra lista: una donna cui effettivamente Shakespeare dedica uno spazio minore, ma proprio per questo è stata scelta dalla regista Auretta Sterrantino. Riccardo III Suite d’un mariage è lo studio a presentato il 30 agosto 2018 nella rassegna Promontorio Nord diretta dal regista Roberto Bonaventura a Capo Rasocolmo (Messina), andato in scena al Teatro Vascello il 18 e 19 maggio scorsi.

6C70C8CF-3E42-400B-B197-BF975E540634Auretta Sterrantino, con un percorso classico, lavora al Teatro di Siracusa e conduce una ricerca di continuo confronto con il teatro greco. Un linguaggio, il suo, strutturato e analitico, in grado di muoversi in un percorso razionale ed empirico, che aspira a traghettare il pubblico in un mondo altro. La metafora in questo senso è un’esemplificazione chiara di sentimenti e valori ancestrali che mostrano l’uomo in una tensione generata da forze superiori che spesso prendono il sopravvento.

La regista scrive Riccardo III Suite d’un mariage con l’intenzione di portare in scena uno stato dell’esistenza umana, prendendo il rapporto tra Riccardo III e Lady Anna come exemplum. Il suo scopo è approfondire soprattutto il senso di responsabilità dei ruoli di forza e la sinergia che si scatena. Per farlo accetta una grande sfida: portare le parole poetiche e allusive di Shakespeare nel proprio codice destrutturato e concreto.
Una ricerca di cui si apprezza l’intenzione e se ne percepisce la passione artistica, in uno spettacolo però troppo fragile per supportarne il peso.
Proprio perché a Lady Anna vengono dedicati pochi versi, Auretta Sterrantino ha potuto intervenire sulla storia dandone un’interpretazione libera senza tradire il Riccardo III. Un dato importante per confrontarsi con la rappresentazione; infatti proprio l’attenzione filologica della regista e drammaturga, unite a una forte sensibilità, determinano la posizione dello spettatore davanti a Riccardo III Suite d’un mariage.
Per comprendere le allegorie dello spettacolo e affrontare un processo catartico è doveroso conoscere il Riccardo III, altrimenti si può godere dell’estetica dei movimenti degli attori, rimanere sedotti dai loro passi di danza e dai gesti simbolici del teatro orientale, senza però poter ricostruire una narrazione completa.
Lo spettatore quindi ha il ruolo di interpretare i movimenti scenici simbolici per comprendere il vero significato del lavoro.

L’opera è stata destrutturata, il tempo e lo spazio sono scardinati e uno spettatore che non ha letto l’opera potrebbe faticare a comprendere la direzione che sta prendendo lo spettacolo. Questo perché Auretta Sterrantino delega a ogni elemento comunicante, che sia esso gesto, parola o suono, un valore assoluto e intrinseco. Senza esplicitare l’azione e quindi le motivazioni dei personaggi, si lascia all’interpretazione di atti rituali il compito di creare un immaginario per affrontare l’intimità di Riccardo e Lady Anna.
Questo fa sì che vediamo l’espressione del loro dolore, l’attrazione che li porta a unirsi e l’incompatibilità che li divide, ma non capiamo fino in fondo quale sia la logica, quale la motivazione umana e psicologica.
Riccardo III Suite d’un mariage vive su un piano speculativo e utilizza il linguaggio figurativo in modo quasi saggistico, non riuscendo così ad aprire un dialogo. Sembra che resti più concettuale, il suo schema è visibile nei blocchi dell’opera e questa meccanicità non consente di generare quel flusso artistico che proietta altrove. Rimane invece molto legato al significato intrinseco del mantra ripetuto e del gesto orientale che vuole tradurre un concetto non approfondito.

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Si può cogliere il dolore di Lady Anna (Giulia Messina, studentessa dell’INDA) che si sente privata della propria libertà e vuole vendetta e la rabbia di Riccardo III (Michele Carvello) che brama il potere per avere un riscatto dall’esistenza. Si possono cogliere delle singole espressioni del loro stato d’animo oppure comprendere il legame che lega questi personaggi, quasi rendendoli una sola entità; infatti i loro corpi sono legati in un unico movimento espressivo, ispirato al coro greco e ai movimenti coreografici del teatro del Nō giapponese.

«Usato, vecchio, nuovo» sono ripetuti come un mantra, scorporando la parola del suo senso comune e dando anche a questa – come al corpo – il ruolo di rappresentare un’inclinazione, un desiderio, un riferimento fattuale che richiama un’azione concreta.
Una struttura complessa ma non complicata, rivela un viaggio che il personaggio contemporaneamente ha vissuto, sta vivendo e vivrà. In questo modo il tempo viene annullato e la musica diventa la prima coordinata di questi personaggi.
Gli attori si muovono seguendo il ritmo di Filippo La Marca e Vincenzo Quadarella e sulla partitura della parola scritta dalla drammaturga: il ticchettio della pioggia, il temporale e il rumore degli ingranaggi li fa sembrare ancor più burattini bloccati nel loop della loro notte d’amore, del loro matrimonio che li ha condotti a scoprirsi meno soli, anche se destinati al fallimento.
La regista voleva ritrarli nella loro consapevolezza, davanti a quel momento irripetibile in cui devono scegliere se amarsi o uccidersi, quindi se salvarsi o porre fine ai loro tormenti. Questo pathos e questa drammaticità raccontati attraverso il simbolismo della forma passano su un piano più intellettuale rischiando di non coinvolgere il pubblico con la stessa carica emotiva di quella raccontata.

Auretta Sterrantino racconta la loro attrazione e repulsione attraverso il tono di voce, i gesti perentori che si muovono in un flusso continuo più volte spezzato e ripreso.

Per la regista il corpo è «un elemento che si sposa con la parola, la musica, il costume e tutti gli elementi che concorrono a formare lo spettacolo. Il corpo è un elemento che viaggia in parallelo o a volte in sostituzione della parola e che deve esprimere senso senza distrarre, perciò deve essere usato funzionalmente a quanto sta accadendo ma in relazione a quanto avviene all’interno dell’attore e quindi del personaggio […] porta in scena un’azione che le parole non raccontano».

L’intento della regista non era proteso a stravolgere ma ad aprire un dialogo. Racconta l’emotività e l’inclinazione di una donna vittima consapevole e complice del suo carnefice. Così non è più la storia di un personaggio ma la relazione e l’equilibrio di forze di una coppia che si fa portavoce di esigenze contrastanti nate dal loro incontro.

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Riccardo III si sente offeso dal Fato che lo ha portato in vita prima del tempo, deturpando così il suo aspetto e condannandolo alla derisione. Crescendo ha covato nel cuore una repulsione verso gli altri che si è trasformata in brama di potere e sopraffazione, sviluppando eccellenti doti oratorie e persuasive. Lady Anna, innocente e ingenua, diventa un’altra quando la sua tranquillità viene spezzata ed è costretta a sposare Riccardo III. Entrambi i personaggi riescono ad adattarsi a una situazione ostica cercando una rivalsa personale. Loro sono opposti per indole ma la brama di potere di lui e il desiderio di vendetta di lei si assomigliano, piegandoli allo stesso male. Il loro muoversi in simbiosi in questa camera da letto in cui simulano un rapporto d’amore li fa specchio l’uno dell’altro. Una danza d’amore che viene spezzata da un desiderio reciproco di accoltellarsi che li divide e li fa agire e parlare a turno, l’uno nello spirito dell’altro. Vediamo un Riccardo III persuasivo e imperativo ma anche fragile e impaurito, come c’è una Lady Anna forte e determinata ma anche disarmata e sensibile.

L’azione scenica crea un vortice di intenzioni ed emozioni che si ripetono in loop per rappresentare un legame che fortifica i singoli ma che li consegna anche al fallimento, nutrendosi delle loro debolezze e bassezze.
Riccardo III Suite d’un mariage non vuole raccontare una storia ma ritrarre un moto dell’animo in una condizione storica precisa, in uno spettacolo ciclico, i cui estremi possono essere ricongiunti.
Questo è un primo studio che risente la complessità del suo linguaggio ma trattiene in sé la volontà e i germogli per poter aprire e sconvolgere anche i cuori.

 

RICCARDO III – SUITE D’UN MARIAGE

Regia e drammaturgia di Auretta Sterrantino
Interpreti: Michele Carvello, Giulia Messina
Musiche originali: Filippo La Marca e Vincenzo Quadarella
Allestimento: Valeria Amendolia
Produzione: QA-QuasiAnonimaProduzioni