ELENA SCOLARI | Dire Aldilà andata e ritorno sarebbe banale. E infatti non lo diciamo. Diciamo piuttosto che durante questo agosto in Liguria si poteva fare una visita guidata mortale, in compagnia di alcune centinaia di altri temporanei trapassati. Sì, nei vicoli intestini del bellissimo Apricale, borgo di 600 abitanti nell’entroterra della provincia di Imperia e a 18 km da Bordighera. Una guida direbbe che lì il tempo si è fermato ma noi non diremo neanche questo, diciamo invece che il tempo di Orfeo rave di Teatro della Tosse e Balletto Civile è stato un tempo teatrale effettivamente sospeso, tra la partenza del pubblico (diviso in gruppi con un lavoro logistico dello staff non indifferente) per i gironi dell’Ade e l’inizio della disavventura dei malcapitati protagonisti del mito di Orfeo e Euridice, che seguiremo fino alla triste fine.


La storia si può riassumere così: Orfeo incontra per caso la giovanissima Euridice in un bosco, i due si innamorano per il classico (o meglio che diverrà tale in futuro) coup de foudre (ché gli dèi hanno spesso a che fare con i fulmini); di lei s’invaghisce però anche il pastore beone Aristeo, che la rincorre nel medesimo bosco ed ella, per sfuggirgli, inciampa, offrendo il candido tallone a una vipera che la morde e che con il suo veleno la trascina nel regno dei più. Orfeo è disperato e canta, con la lira fatata donatagli da Apollo. Il suo canto e i suoi versi sono talmente soavi da commuovere chiunque, perfino il perfido cane a tre teste Cerbero che lo lascia passare per raggiungere gli dèi degli inferi, Ade e Persefone, i quali toccati profondamente dalla sua voce gli concedono di scendere a riprendere l’amata Euridice a patto che non si volti mai a guardarla prima di averla portata fuori dall’oscurità. Altrimenti ella diverrà statua. E cosa fa Orfeo? Una cosa t’hanno raccomandato: nun te voltà, nun te voltà, e lui si volta. Tali erano il desiderio e la gioia di rivedere l’innamorata viva… insomma lo sappiamo. Quando nei miti ti dicono “a patto che”, va a finir male.

Da decenni Teatro della Tosse “occupa” Apricale con uno spettacolo itinerante diverso ogni estate e la meraviglia di Orfeo rave sta nell’irradiarsi dei quadri che compongono la storia e quindi lo spettacolo nei viottoli, nelle stanze del castello, nelle stradine e nelle piazzette di Apricale, irrorandola di teatro come un fluido che si spande entrando nei pertugi, nelle viuzze, scivolando sui gradini, arrampicandosi sui balconi… Molto più che sul palco, poco sfruttato e in fondo sede delle scene meno sorprendenti.


Sorprendente è invece la cura dell’allestimento nel suo complesso, una decina di stazioni, tutte con scenografia, nella prima i “gitanti” assistono a una festa di dèi sboccata e volutamente esagerata: un praticabile a due piani dove la regia ricrea una situazione tra Moulin Rouge, Papeete e le feste di carnevale che purtroppo si vedono nei palazzi veneziani dove tra stucchi del ‘700 cicisbei e damine ballano la macarena. Non è evidente se  – artisticamente – c’è una consapevolezza dello squallore che alberga in quei palazzi oppure se ci si è arresi a piegare tutto a un party ininterrotto, quale che sia il contesto.
Alla fine della scena di Cerbero (Graziano Sirressi nel miglior costume: una testa di cane per ogni mano – bellissime maschere aguzze di Ruben Esposito – e una sopra la propria, mosse come pronunciassero ognuna una parte di frase), il mostro chiede al pubblico di intonare una canzone (liberamente) per consentire il passaggio al di là dello Stige; il mio gruppo ha cantato Tanti auguri di Raffaella Carrà (già), Cerbero non l’ha presa bene, e come dargli torto? Ma il mio interrogativo si ripresenta: dobbiamo fare festa per forza? A ogni piè sospinto?

Più avanti i viaggiatori incontrano Ermes in forma di anatomopatologo (Pietro Fabbri clinico d’accademia), il coroner ha esaminato il cadavere di Euridice e ci informa su come vanno date queste pessime notizie ai familiari; Bacca (la truce Susanna Gozzetti) ammonisce tutti da una miniforesta di teste infilzate su picche, tra due stradicciuole; Euridice di bianco vestita (Sarah Pesca fresca ma consapevole) che dondolerà per sempre su un’altalena, bruscamente strattonata tra fanciullezza e età adulta; Aristeo (Maurizio Camilli, alticcio ma poco altero, data la sua pesante condanna) sospeso e messo “all’angolo” tra due spigoli di muri, accusato sempiternamente; Apollo, il disilluso e dorato  Roberto Serpi; la dea della poesia Calliope (l’elegante  e snob Lisa Galantini) che – sorseggiando champagne dalla coppa – confonde annoiata Beatrice con Euridice giacché «le nuore sono tutte uguali»…
Citiamo con particolare piacere la meravigliosa coppia Persefone/Ade: Enrico Campanati è una squisita signora in tailleur di lana bouclé, ormai smemorata offre il tè a noi ospiti ogni due minuti e tenta di tener sveglio il marito Ade/Maurizio Lucenti, muto ma che sprizza espressività, dandogli di gomito e ci invita a segnare il nostro nome sul posto dove siamo perché tanto «qui tornerete, prima o poi»…

La collaborazione con la compagnia Balletto Civile e con il rapper Alessio Alo Aronne ha arricchito lo spettacolo di momenti canori (si intona Man fears love more than death) e coreografici: il balletto di morti che resuscitano in una sala obitorio con Michela Lucenti (qui Euridice, leggiadra ma agée rispetto all’aitante sposo Demian Troiano) e Orfeo riuniti a passo di danza; per la verità abbiamo un po’ rimpianto gli zombies di Michael Jackson in Thriller, più spaventosi e meno Amici.

Il testo di Orfeo rave offre chicche gustose ed è in generale ben scritto, permette una traversata tra tanti punti di vista sulla medesima vicenda, e inerpicarsi per il borgo è bello, e poetico. Rimane la sensazione che il senso della tragedia sia però in un angolo, come sconfitto dal divertimento e dal battimano obbligati. Orfeo e Euridice finiscono male, tutti i personaggi non fanno che dirci che non possiamo cambiare il destino, anche se tremendamente avverso, non possiamo correggere gli errori; perfino gli dèi passeranno l’eternità – essendo immortali – a rimpiangere le cazzate che hanno fatto, figuriamoci noi. Eppure, nonostante queste riflessioni nel testo ci siano, prevale il sentimento del party.
Allegria!

L’intero viaggio dall’oltretomba dura quasi tre ore e forse si poteva immaginare qualche fermata in meno, sacrificando un paio di personaggi non essenziali. Va però detto che il rito di Apricale è giusto si consumi su tempi lunghi, anche trascurando un poco il lato squisitamente teatrale del lavoro. Per due settimane di fila il paese gira intorno alla rappresentazione serale: alle 19 la strada viene chiusa e si sale solo a piedi dai parcheggi sottostanti, la piazza centrale è riempita di tavoli della Pro loco che si aggiungono a quelli dei bar, dove tutti possono sedersi consumando Vermentino e brandacujun, focaccia ligure e pansarole con lo zabaione. Fino allo scoccare delle 21 quando in un battibaleno quasi invisibile tavoli e sedie spariscono, la piazza diventa platea e lo spettacolo va a cominciare.
Come si dice in questi casi? Buon rientro.

 

ORFEO RAVE

uno spettacolo di Emanuele Conte e Michela Lucenti
testi di Emanuele Conte ed Elisa D’andrea con la collaborazione di Amedeo Romeo
regia di Emanuele Conte e Michela Lucenti
coreografie Michela Lucenti
impianto scenico Emanuele Conte
costumi Daniela De Blasio
maschere Ruben Esposito
luci Andrea Torazza e Matteo Selis
musiche Tiziano Scali e Federico Fantuz
assistente alla regia Alessio Aronne
collaborazione drammaturgica e scenografo assistente Luigi Ferrando
con Michela Lucenti, Sarah Pesca – Euridice, Demian Troiano – Orfeo, Maurizio Camilli – Aristeo, Enrico Campanati – Persefone, Pietro Fabbri – Ermes, Lisa Galantini – Calliope, Susanna Gozzetti – Bacca, Maurizio Lucenti – Ade, Roberto Serpi – Apollo, Graziano Sirressi – Cerbero
con i danzatori di Balletto Civile Emanuela Serra, Alessandro Pallecchi e Giulia Spattini, con i danzatori Marianna Moccia e Paolo Rosini e il rapper Alessio “Alo” Aronne 
direttore di scena Roberto D’Aversa
macchinisti Carlo Garrone, Fabrizio Camba, Kyriacos Christou, Amerigo Musi
elettricisti Matteo Selis, Davide Bellavia, Giovanni Coppola
fonici Tiziano Scali, Massimo Calcagno
attrezzista Renza Tarantino
sarta Umberta Burroni 

Produzione Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse e Balletto Civile