MATTEO BRIGHENTI | Ordinario, regolare, solito: è normale tutto ciò che segue la norma, si conforma, aderisce al consueto. Per Kilowatt Festival 2019 (19-27 luglio) a Sansepolcro, in provincia di Arezzo, Partecipare è normale. Il manifesto della XVII edizione del festival ideato da Luca Ricci e Lucia Franchi, direttori dell’Associazione CapoTrave/Kilowatt, può descrivere o auspicare, diciamo, la (presa di) posizione dello spettatore, intendendola come la consuetudine ad esercitare attivamente il proprio sguardo. Forse, in caso, potrebbe essere ancora più appropriato l’aggettivo naturale. Da Aristotele in avanti si è capito che l’uomo è un «animale sociale»: partecipare è connaturato al nostro essere, per un verso o l’altro.

Immagine Kilowatt 2019
Certo, la normalità non si confà, invece, all’artista. La sua opera è degna di salire su un palcoscenico, di innalzarsi sopra gli altri e richiamarne l’attenzione, nel momento in cui rompe con la norma e indica le possibilità che stanno oltre, al di fuori del modo “prevalente”, del costume “più corretto” oppure, in alternativa, “più diffuso”. Aperture, prospettive, visioni che noi, dalla nostra altezza, non riusciamo a vedere.
L’insolito, l’irregolare, l’inconsueto, sono la materia di cui è fatto il racconto artistico, che, per questo, diventa esemplare, emblematico. È ciò su cui Pac ha misurato il suo metro di osservazione nel primo fine settimana di Kilowatt (19-21 luglio) e che qui riportiamo a proposito degli spettacoli di teatro. Alla strenua ricerca di chi rifugge il normale, soprattutto nella sua accezione più nociva: superficiale.

Kilowatt Festival 2019 - Shakespearology - Sotterraneo foto Elisa Nocentini, Luca Del Pia
Shakespearology. Foto Elisa Nocentini e Luca Del Pia

Un fantasma si fa avanti nel Teatro alla Misericordia. È il più grande spettro della scena, colui che ha creato personaggi più vivi della vita. William Shakespeare, infatti, non ha soltanto riflesso «la natura come in uno specchio»: ha inventato l’uomo, come sostiene il critico letterario Harold Bloom. Ha inventato me, te, ognuno di noi.
Dunque, anche i Sotterraneo. Con il rispetto e l’irriverenza di figli che hanno trovato la loro identità (non) ascoltando il padre, Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Daniele Villa, ribaltano i ruoli, le parti, e s’inventano il proprio Bardo in Shakespearology. Una “Shakespearologia”, cioè uno studio, una trattazione dell’opera attraverso la vita e dell’autore attraverso l’uomo.
Siamo di fronte a una pirotecnica scomposizione e sovrapposizione di luoghi, di situazioni e di tempi, che arrivano fino a ora, su questo palco. Un gioco a incastro che perfeziona e amplifica la portata dirompente del precedente Il giro del mondo in 80 giorni da Jules Verne.
Da solo, su uno sgabello «da pub» con una stella sullo schienale, Woody Neri è Shakespeare – peraltro abbastanza somigliante – e i suoi personaggi, incalzato dall’idea che il collettivo di ricerca teatrale ha dell’uno e degli altri, attraverso le domande registrate di Bonaventura, Cirri, Villa, che guidano l’azione da fuori campo.
È vestito di nero, ha occhiali tondi a specchio e una cinquecentesca gorgiera nera (costumi Laura Dondoli), come un attore, un’ombra, una presenza che, al pari di Maša ne Il gabbiano di Anton Čechov, porta il lutto per la sua vita.

Kilowatt Festival 2019 - Sotterraneo - Shakespearology foto Elisa Nocentini, Luca Del Pia
Foto Elisa Nocentini e Luca Del Pia

Canta con verve da rocker maledetto, accompagnandosi alla chitarra, la popolarità di un Romeo e Giulietta o di un Otello con canzoni che vanno da Exit Music For A Film dei Radiohead a Che cosa sono le nuvole di Domenico Modugno. Ma tale finzione più vera del vero si è presa gli affetti, la famiglia: gli è costata tutto. Per avere più esistenze ha vissuto una vita al di fuori di sé. Shakespearology cerca di restituirgliela, dimostrando che ciò che lui ha perduto, in realtà, l’ha fatto guadagnare all’umanità intera.
Durante l’ora di spettacolo, la massima attenzione stimata dello spettatore (tema caro ai Sotterraneo e al centro del loro Overload, premiato con l’Ubu), Neri compie un vulcanico tour de force attoriale. Dolce e rabbioso, energico e delicato, ripercorre con ironia, venata di rimpianto, le tappe di una furia creativa che ha messo insieme la poesia con il successo. Stigmatizzando, di contro, la netta differenza dei giorni nostri, in cui le due cose appaiono inconciliabili, se non proprio impossibili.
Finiti la gioia e il furore, l’eccesso e il tormento, William Shakespeare ritorna sui suoi passi nel buio, come un Prospero senza più bacchetta. L’ultima magia è andare incontro al mare, che forse non ha mai visto, pur avendo vissuto sempre in Inghilterra. Il fragore di un applauso finalmente tutto per sé.

Kilowatt Festival 2019 - Amendola/Malorni - Eravamo foto Elisa Nocentini, Luca Del Pia
Eravamo. Foto Elisa Nocentini e Luca Del Pia

La forza evocatrice della parola nel vuoto del palcoscenico accompagna ugualmente Valerio Malorni in Eravamo, lo studio di Amendola/Malorni in apertura della presentazione al Palazzo delle Laudi di Teatro nel diluvio, la prima raccolta dei testi teatrali di Simone Amendola uscita per Editoria&Spettacolo. Alla tastiera, attorniato da cinque semplici spettatori, Malorni parla e incide sulle note a perdifiato di Gloria di Umberto Tozzi la splendida e deleteria illusione di costruire la propria identità all’interno di un gruppo chiuso.
«I vestiti non avevano sesso, i sogni sì» e «la droga era un mezzo, non un fine». Siamo negli anni Novanta, in una specie di comune, un “noi” perfetto e imperfetto a un tempo. Il ritmo della canzone non segue le frasi o meglio ci scava dentro, nel dolore procurato dall’impossibilità di uno di essere tutti. «Tutto era per tutti, tranne che per me». Un distacco di musica e parole, di intenzioni e realtà, che il nostro tenta di colmare andando a sedersi con gli altri, a guardare negli occhi, di nuovo e ancora, i fantasmi della sua storia.
Malorni riesce a cambiare colori e temperature emotive nello spazio di un niente, gli basta un gesto, una postura, uno sguardo. Come lo Shakespeare dei Sotterraneo anche il protagonista di Eravamo passa dal distaccarsi dall’eccesso per rimettere in piedi la sua umanità disastrata. Quando sei tutto per gli altri non sei niente per te.
Grande è la sconfitta e, di conseguenza, lo smarrimento di fronte all’implosione di un gruppo, che sembra rimandare, per certi versi, al film Idioti di Lars Von Trier. Eppure, l’unico modo per tornare liberi è lasciare il passato a se stesso e ciascuno alla propria strada.
Le scarpe che il personaggio si rimette nel racconto rappresentano, dunque, la volontà di allacciare la sua vita alla possibilità di un domani. Per questo, alla fine si fa un selfie con i suoi cinque compagni di viaggio: per ricordarsi dell’istante in cui è riuscito a salutarli con il sorriso sulle labbra.

Kilowatt Festival 2019 - Arditodesìo - Fly Me To The Moon foto Elisa Nocentini, Luca Del Pia
Fly Me To The Moon. Foto Elisa Nocentini e Luca Del Pia

Fly Me To The Moon di Arditodesìo nel Chiostro Santa Chiara è la disamina di un’altra ossessione: quella di Adam per la Luna. Un’idea fissa che inchioda a sé anche il rapporto con la moglie, Valentina. A cinquant’anni dal primo, storico allunaggio del 20 luglio 1969, la scrittura di Andrea Brunello, direttore artistico della compagnia ed ex scienziato, e la regia di Fabrizio Visconti, intendono far luce sul sacrificio quotidiano e silenzioso di quanti hanno lavorato per le missioni Apollo, senza godere di alcun tipo di riflettore.
Un microfono e una bandiera americana sulla sinistra, una camera da letto al centro, con comodino, telefono, specchio, attaccapanni, TV e finestra con veneziana, è l’ambiente artificiosamente realistico (scene Marco Muzzolon) in cui si muovono Laura Anzani ed Ettore Distasio, entrambi in abiti simil vintage (costumi Mirella Salvischiani). L’esaltazione della figura dell’astronauta, per il quale il fallimento non è un’opzione, e dell’abnegazione della donna al suo fianco, si dipana attraverso una serie di incontri tra i due – il prima, il presente – e di monologhi di lei – il dopo, il ricordo.
Il fraseggio è d’impronta essenzialmente didascalica, gli scambi tra gli attori delineano una sorta di lezione divulgativa sullo spazio, piena di nomi, numeri, formule, tecnicismi. «Il teatro della contemporaneità», come lo chiama Arditodesìo, assomiglia, piuttosto, a una puntata in bianco e nero di Superquark. La partita di Adam con il destino, la finitezza dell’essere umano di fronte alla sfortuna, anche se ha la pazzia, la competenza e l’addestramento di un astronauta, sono argomenti tragici che rimangono, però, sullo sfondo, più distanti da noi della Luna stessa.
L’ansia di spiegare è una gravità che schiaccia a terra ogni occasione di comunicare, ossia di dare anima e corpo alle situazioni, sostanza di atti e di pensieri. Fly Me To The Moon, seppur parte del progetto Jet Propulsion Theatre, finisce così per non prendere mai davvero il volo, gravitando nell’orbita della lezione, imparata molto bene a memoria.

Kilowatt Festival 2019 - Bartolini/Baronio - 9 Lune foto Elisa Nocentini, Luca Del Pia
9 Lune. Foto Elisa Nocentini e Luca Del Pia

«Siamo andati a esplorare la Luna, ma abbiamo scoperto la Terra». 9 Lune è il tentativo di Bartolini/Baronio di dare una casa a questa frase di Eugene Cernan, il comandante dell’Apollo 17, l’ultimo uomo ad aver lasciato la superficie della Luna. Ne hanno trovate per tutta Sansepolcro nove, appunto, quante si dice siano le fasi lunari del parto. A nascere, dall’incontro con i cittadini del borgo medievale, è uno spettacolo di abitazione in abitazione, che attraversa l’allunaggio del 1969 e il suo “atterraggio” nella vita di ogni giorno: i sogni, spesso, non diventano realtà.
Perciò, la telecronaca RAI dello sbarco si mescola con i ricordi di chi c’era e le fantasie di chi non c’era, le voci registrate tra le altre mura con quelle riassunte da Tamara Bartolini (sua la drammaturgia), taccuino alla mano, proprio come se fosse un’inviata nel salotto e nella cucina di Filippo e Norma, che ci accolgono adesso. Ma l’effetto è quello di una diretta differita, un’archeologia di un tempo già accaduto, che ha valore esclusivamente per chi l’ha vissuto in prima persona.
L’unione dei nostri ospiti, i vent’anni di matrimonio e trenta di amore, scorrono da ultimo su un palloncino bianco: una conquista narrata per diapositive, accompagnata da Segnali di vita di Franco Battiato, cantata da Michele Baronio (scene e paesaggio sonoro). È la musica che lascerebbero alla Terra e che, unita alle altre, compone un ideale disco per le 9 Lune. Celebrando, così, pure il cinquantenario del festival di Woodstock.
È un lavoro, dunque, sul territorio della e per la memoria, che Bartolini/Baronio, però, non rendono condivisa né collettiva, ma lasciano privata, chiusa dietro la porta dove è stata raccolta. A questo punto, forse, sarebbe stato meglio far intervenire i diretti protagonisti. Per determinare chiaramente, almeno, il valore documentale dell’intera operazione.

Kilowatt Festival 2019 - Eleonora Pippo - La notte è dei fantasmi foto Elisa Nocentini, Luca Del Pia
La notte è dei fantasmi. Foto Elisa Nocentini e Luca Del Pia

La casa è protezione, ma può essere anche perdizione, se l’accoglienza, l’ospitalità, lo stare insieme, vengono dati in pasto al miglior offerente. Ne La notte è dei fantasmi Eleonora Pippo (concept, regia e drammaturgia) concepisce una festa di ragazzini venduta da Zurlo, uno di loro, a un sito di pervertiti per la diretta streaming. I soldi guadagnati servono per l’alcool e la droga, l’Mdma, sciolta poi nell’acqua. Sul palco un cast di adolescenti di Sansepolcro.
Al Teatro alla Misericordia vanno in scena, quindi, i pericoli della rete, dello sballo, il voyeurismo, la sete di violenza, che fa aumentare via via le visualizzazioni, ma anche l’amicizia, i primi approcci con l’altro sesso, il divertimento, la paura e il desiderio di conoscere l’ignoto.
La sceneggiatura originale di Ratigher si dipana per mezzo del karaoke: quando viene il proprio turno, ogni ragazzino va al microfono e dà le battute che passano sullo schermo in fondo. Il ricorso a una simile modalità narrativa, oltre che rallentare pesantemente il ritmo dell’azione, annulla la gestualità, svuota la presenza e rende distante e impersonale ogni frase.
Gli “attori” affermano, ma non sentono. Paiono messi lì a testimoniare di essere giovani, e non, semplicemente, a esserlo e viverselo. La notte è dei fantasmi è un progetto definito «people-specific», tuttavia sembra che non appartenga davvero a loro, come, d’altra parte, il karaoke, che risale agli anni Ottanta-Novanta.
Una sensazione, questa, di stonatura e disorientamento generale, confermata dalla colonna sonora della festa: il Pop X per millennial che stravolge, in chiave synth pop, hit lontane come Anna e Marco di Lucio Dalla o Vamos A bailar (Esta Vida Nueva) di Paola & Chiara.

Kilowatt Festival 2019 - Cuocolo/Bosetti - Officine Papage - Imitation Of Love foto Elisa Nocentini, Luca Del Pia
Imitation Of Love. Foto Elisa Nocentini e Luca Del Pia

I genitori, assenti o quasi nel “mondo teen” di Zurlo e compagni, vengono chiamati direttamente in causa, o meglio sul ring, da Cuocolo/Bosetti e Officine Papage con Imitation Of Love. Dalla Lettera al padre di Franz Kafka a I fratelli Karamazov di Fëdor Michajlovič Dostoevskij, da Dostoevskij e il parricidio di Sigmund Freud alla «letteratura tedesca del secondo Novecento»: ecco alcuni “guantoni” usati per dieci round da Renato Cuocolo, Roberta Bosetti, Marco Pasquinucci, Annalisa Canetto, Livio Ghisio, sparsi fra il pubblico nel Palazzo delle Laudi.
La madre, il padre terreno e ultraterreno, i ricordi di famiglia, cercano una via in parole che si intersecano tra di loro, dell’uno con gli altri. Sono scontri del presente con il passato, ma i “pugni” dati assomigliano più a vuoti spostamenti d’aria. Quasi che scandire il numero del round sia, già di per sé, lottare.
Nella drammaturgia e regia di Cuocolo e Bosetti c’è come un caos di parti fuori controllo, da cui non vengono fuori che barlumi di tentativi per dire la gioia o il dolore che non si riescono a nominare. Pasquinucci prova a scuotere l’ingessatura dei rapporti, Renato Cuocolo, mascherato da orso bianco, s’intesta di portare una sprezzatura al quadro complessivo. Ciononostante, gli alti riferimenti letterari cadono nel nulla, non provocano il minimo sussulto in sala. Imitation Of Love prende in prestito una lingua, senza farla propria.

Kilowatt Festival 2019 - Scarlattine - Teatro della Caduta - ANGST - Il dramma perfetto foto Elisa Nocentini, Luca Del Pia
ANGST – Il dramma perfetto. Foto Elisa Nocentini e Luca Del Pia

Cerca altrettante immagini di rarefatta, dolente poesia ANGST – Il dramma perfetto di Scarlattine / Teatro della Caduta e, invece, nell’Auditorium Santa Chiara trova soltanto ombre. Ispirandosi liberamente a Paura di Stefan Zweig, Giulietta Debernardi e Diego Dioguardi restituiscono una specie di “teatrodramma” per attrice, proiezioni e trasalimenti.
Si tratta di schegge impazzite di esistenza, confessioni, sensi di colpa di una donna, affidati al chiuso di una stanza bianca, ovvero un ritaglio di palco in obliquo, una “tenda” di teli trasparenti. Co-stretta lì, la sola perfezione raggiunta è ripercorre sentimenti contraddittori scambiando la confusione per enigmaticità.
Intuiamo, a un certo punto, che la donna vuole essere libera di perdere tutto, che vuole essere lasciata andare. E non è l’unica, per la verità.

SHAKESPEAROLOGY

concept e regia Sotterraneo
in scena Woody Neri
scrittura Daniele Villa
luci Marco Santambrogio
costumi Laura Dondoli
sound design Mattia Tuliozi
tecnica Monica Bosso
produzione Sotterraneo
sostegno Regione Toscana, Mibact
residenze artistiche Centrale Fies_art work space, CapoTrave/Kilowatt, Tram – Attodue, Associazione teatrale Pistoiese
Sotterraneo fa parte del progetto Fies Factory, del network europeo Apap – Performing Europe 2020 ed è residente presso l’Associazione Teatrale Pistoiese

Prima Nazionale

ERAVAMO

di Simone Amendola
con Valerio Malorni
produzione Blue Desk
con il sostegno di Infinito srl, CapoTrave / Kilowatt
residenza creativa Mare Culturale Urbano 

Anteprima Nazionale

FLY ME TO THE MOON

di Andrea Brunello
con Laura Anzani, Ettore Distasio
regia e luci Fabrizio Visconti
scene Marco Muzzolon
costumi Mirella Salvischiani
consulenza scientifica e storica Stefano Oss
consulenza filosofica Enrico Piergiacomi
in collaborazione con Laboratorio per la Comunicazione delle Scienze Fisiche dell’Università di Trento

Prima Nazionale

9 LUNE

di e con Tamara Bartolini, Michele Baronio
drammaturgia Tamara Bartolini
scene e paesaggio sonoro Michele Baronio
assistente alla regia, foto, grafica Margherita Masè
produzione 369gradi, Infinito srl, CapoTrave/Kilowatt
si ringraziano Claudio Boncompagni, Norma Boncompagni, Barbara Carracini, Alessandra Cesari, Maria Gabriella Donnini, Patrizia Fabbroni, Filippo Giovagnoli, Valeria Pasqui, Bruno Tredici, Alessia Uccellini e Società Filarmonica dei Perseveranti di Sansepolcro
per il coordinamento Fabio Maggini, Marika Pecorai

Prima Nazionale

LA NOTTE È DEI FANTASMI

concept, regia e drammaturgia Eleonora Pippo
sceneggiatura originale Ratigher
realizzazione contenuti e regia video Pier Paolo Ceccarini / Terminus
con Compagnia Locale Temporanea Fantasmi Sansepolcro 2019
produzione Fondazione Luzzati Teatro della Tosse
con il sostegno di Ratigher, Coconino Press Fandango Editore, Centro di Residenza della Toscana (Armunia – CapoTrave/Kilowatt)

Prima Nazionale

IMITATION OF LOVE

drammaturgia e regia Renato Cuocolo, Roberta Bosetti
con Renato Cuocolo, Roberta Bosetti, Marco Pasquinucci, Annalisa Canetto, Livio Ghisio
scene Filippo Grandi
luci Monica Bosso

ANGST – IL DRAMMA PERFETTO

di e con Giulietta Debernardi, Diego Dioguardi
liberamente ispirato a “Paura” di Stefan Zweig
consulenza artistica Laura Bevione
consulenza drammaturgica Michele Panella
luci Michele Losi, Giulietta Debernardi
suono Diego Dioguardi
progetto video Alberto Momo
scene e costumi Matteo Lainati, Stefania Coretti
coproduzione Campsirago Residenza
con il sostegno di Next 2018, Regione Lombardia 

Prima Nazionale

19-21 luglio 2019
Sansepolcro, Arezzo