ROBERTA RESMINI | Nell’ambito del Festival L’Ultima Luna d’Estate (organizzato da Teatro Invito) ci siamo di nuovo mischiati tra il pubblico per gustare alcuni spettacoli; un pubblico variegato, fatto di affezionati e di nuovi “acquisti” attirati da una macchina organizzativa ben oliata e da un ameno contesto paesaggistico.
Siamo tra le colline di Bulciago, nell’area del Museo Etnografico per la prima nazionale di La nave dolce. La produzione TIB Teatro, per la regia di Daniela Nicosia, nasce dalla visione del film La Nave Dolce di Daniele Vicari e racconta i momenti che precedono l’assalto della nave Vlora a Durazzo nell’agosto del 1991, il viaggio in mare delle ventimila persone che hanno attraversato l’Adriatico in condizioni critiche, il suo attracco al porto di Bari e i giorni immediatamente successivi.
Massimiliano Di Corato, unico e bravissimo attore in scena, riesce a catturare l’attenzione senza mai far calare il ritmo di una vicenda che è divenuta Storia. Ha l’abilità di esibire un repertorio di vocalità e di accenti per ben rappresentare i personaggi che popolano la vicenda: i migranti, i baresi che assistono all’arrivo della Vlora dal porto, le istituzioni, in un’alternanza di dialoghi e monologhi.
Ad accompagnare la recitazione pochi elementi: una torretta di avvistamento su cui Di Corato siede per parte dello spettacolo, un libro, una polaroid scattata alla platea, una carrucola con cima, infradito e bottiglie.
Alcuni arrangiamenti sono stati apportati per via della location all’aperto in diurna: nessuna luce a illuminare la scena e bottiglie di plastica lanciate dai lati del palco (anziché calate dall’alto del graticcio) a rappresentare gli aiuti ricevuti dai profughi nei giorni passati all’interno dello stadio di Bari.
Uno spettacolo di sicuro effetto, che indulge forse ad alcuni cliché per portare alla commozione, commozione che verrebbe comunque spontanea calandosi nei panni dei protagonisti della storia.
In un momento storico in cui l’integrazione e l’accoglienza sono messe quotidianamente in discussione, questa storia ritrova piena attualità.
L’Ultima luna d’estate è un festival diffuso, a tutto vantaggio di una visibilità tentacolare: l’organizzazione del festival ha ben studiato la disposizione geografica degli spettacoli. Ci spostiamo di pochi chilometri e andiamo a Sirone per assistere alla presentazione dei lavori nell’ambito della sezione Luna crescente, novità dell’edizione 2019 del festival.
Tre compagnie under 30, selezionate dalla giuria di Ultimaluna, presentano trailer di venti minuti dei loro lavori. Tre lavori molto interessanti ma anche molto diversi stilisticamente: un classico, una narrazione e una commedia. Al pubblico il compito di scegliere, al termine della serata, lo spettacolo da premiare portandolo, in versione integrale, nell’edizione 2020 del festival.
Ad aprire la serata Micronecta Scholtzi con (Quale) Inferno_Reloaded. La narrazione attraversa alcuni canti dell’Inferno della Divina Commedia di Dante (il Canto V, con Paolo e Francesca, il Canto XXVI con Ulisse, il Canto XXXIII con il Conte Ugolino) mettendo in risalto l’eco emotiva e fisica dei versi danteschi e l’elemento animalesco dell’essere umano. La voce narrante si fa personaggio, così come Dante vive e racconta. Lo spettacolo è composto da tre voci: la parola, il canto, il suono. Marica Mastromarino, impadronendosi delle parole dantesche, passa da narratrice al personaggio che vive la situazione, allo stesso modo in cui Dante passa da narratore a personaggio. Il racconto diventa un canto quando la parola umana non basta più e il suono completa, amalgama, proietta immagini e accompagna per mano in un altro Inferno.
Un inferno che vuole allontanarsi dagli intellettualismi forzati, che ha il coraggio di elaborare un patrimonio della letteratura italiana con cui è difficile misurarsi.
Un’interpretazione potente quella di Marica Mastromarino, attrice e cantante dalle grandi potenzialità che però viene un po’ coperta da un sovraccarico di suoni che disturbano la fruizione dello spettacolo e tendono a confondere. Forse un montaggio non abbastanza fluido dei brani non ha permesso di far emergere completamente l’innovatività dello spettacolo che è risultato – a nostro avviso – da rivedere nell’equlibrio delicato della partitura sonora ma potenzialmente molto valido.
Ancora un inferno è quello visto in Ionica, di e con Alessandro Sesti, che racconta: «Qualche tempo fa ho vissuto a stretto contatto con un uomo cui la ‘ndrangheta ha rubato la vita. Lui è diventato un “infame” nel momento in cui ha denunciato e mandato in galera otto capicosca, e io racconto la sua storia: la storia di Andrea Dominijanni e della sua famiglia, la storia di un esempio».
L’attore racconta una terra, la Locride, in cui la ‘ndrangheta sfrutta la solitudine dei cittadini e l’abbandono da parte delle Istituzioni, un viaggio dal sopruso alla denuncia quindi all’inizio di una nuova forma di isolamento.
Sul palco, insieme all’attore tre musicisti: Debora Contini al clarinetto, Federico Passaro al contrabbasso, Federico Edini alla chitarra. In scena solo una sedia e una giacca, a rappresentare il testimone di giustizia vero protagonista dello spettacolo. Musica e luci (a cura di Marco Andreoli) contribuiscono a creare l’atmosfera giusta alla narrazione.
Uno spettacolo dal forte impatto emotivo, che scuote, fa arrabbiare e invita a saperne di più, ad approfondire e a parlare dell’argomento. Un esempio da portare sui palcoscenici di tutta Italia. Non per niente si aggiudica il premio del pubblico.
Terzo spettacolo del concorso la commedia folle, surreale, erotica, brillante, dalle tinte un po’ noir: Il tè delle tre, della compagnia Live.
Tre sono le attrici in scena (Rossella De Martino, Annalaura Mauriello, Michela Ventre) che interpretano tre donne comuni in molti tratti ma, allo stesso tempo, con caratteristiche e modi di fare quasi surreali, già preannunciate dai loro nomi: Linda, maniaca di ordine, igiene e pulito, indossa una gonna piuttosto ampia e una camicia perfettamente abbinata; Ursula, ninfomane ed eterna bambina con un tubino molto attillato e provocante; Sofia, narcolettica che crede, in una onirica vita precedente, di essere nata nel III secolo in Cina.
Tutto questo crea una strana e comica atmosfera, confondendo volutamente lo spettatore come nel più classico dei gialli divertendo e intrigando con i continui colpi di scena. Lo spezzone di spettacolo è bello e divertente, buono l’impianto complessivo.
Torniamo al cartellone ufficiale con uno degli spettacoli che chiudono questa ventiduesima edizione: I Ribelli della Montagna. Lo seguiamo a La Valletta Brianza, all’interno del giardino di uno degli agriturismi che ospitano la rassegna, la Cascina Bagaggera, immersa in un panorama di incantevole bellezza, con il cielo che si tinge delle tinte calde del tramonto nel tardo pomeriggio di domenica 8 settembre. Ci accoglie una temperatura decisamente frizzante: anche il meteo ha deciso di fare la sua parte nello spettacolo.
Si parla di montagna, da sempre luogo di libertà, di fuga, di riscatto, tradizionale luogo di richiamo per chi anela a una società diversa e che spesso entra in contrasto con l’autorità costituita.
Ecco allora che Luca Radaelli (stavolta nei panni di attore e regista) e Ruggero Meles, scrittore e alpinista, raccontano in maniera intima e informale chi l’esilio lo ha sperimentato ad alta quota: da Mosé, primo alpinista spirituale della storia, ma anche primo esule e ribelle, passando per la testimonianza di Petrarca sul monte Ventoso, all’eretico Fra’ Dolcino sul monte Rubello, ai Valdesi, ai briganti e avanti nel tempo passando (naturalmente) per la lotta partigiana fino a citare Pasolini e Buzzati. Proprio attraverso le parole di questi ultimi il reading si conclude con la nostalgia per un mondo che finisce, quasi a indicare come anche questo luogo di fuga e libertà sia stato ormai inglobato dal conformismo della società capitalistica.
Le due voci sul palco dialogano; le letture, a cura di Radaelli, sono intervallate dalla voce di Meles che racconta la storia che sottende agli episodi letti e, laddove la parola non è sufficientemente efficace, arriva il canto di Radaelli, accompagnato dalla chitarra. Una serata estremamente piacevole, il palco montato tra gli alberi che riparano anche dalle gocce d’acqua che, qua e là, cadono dal cielo, un cagnolino a un certo punto gioca tra il pubblico, finisce sotto il palco. Una serata perfetta, anche perché, mano a mano che lo spettacolo si avvia alla conclusione, la pioggia da timida si fa più decisa ma non fa in tempo a bagnare gli spettatori che, a fine spettacolo, si rifugiano sotto il tendone allestito per ospitare l’aperitivo ricco e gustoso.
Questo è un festival che vuole raccogliere le persone intorno a un ambiente informale di scambio e condivisione di idee, di emozioni e di momenti conviviali. Brindiamo quindi al successo di questa edizione e auguriamo i migliori auspici per la prossima!
LA NAVE DOLCE
drammaturgia e regia Daniela Nicosia
con Massimiliano Di Corato
luci e suono Paolo Pellicciari
TIB Teatro
(QUALE) INFERNO_RELOADED
regia Eros dalla Barba
con Marica Mastromarino e Emil Cottino
Compagnia Micronecta Sholtzi
IONICA
di e con Alessandro Sesti
clarinetto Debora Contini
contrabbasso Federico Passaro
chitarra Federico Pedini
disegno luci Marco Andreoli
IL TÉ DELLE TRE
regia: Alessandro Tedesco
con: Rossella De Martino, Annalaura Mauriello, Michela Ventre
Compagnia Live
I RIBELLI DELLA MONTAGNA
di Luca Radaelli
con Luca Radaelli e Ruggero Meles
Teatro Invito