ANTONIO CRETELLA | Quando nell’occhio del ciclone vi fu Carola Rackete, il paragone immediato ed efficace, tralasciando qualche particolare non collimante, fu con l’Antigone sofoclea: colei che a un legge ingiusta oppose il rispetto di un diritto gerarchicamente e moralmente superiore, riconosciuto dagli avi e dagli dei. Il pantheon archetipale della mitologia greca si rivelò, come in tante altre occasioni, capace di tradursi in un’interpretazione efficace del presente; personaggi che sono mappature ideali della psiche umana e della sua invarianza nello scorrere dei secoli.
Ora tocca a Greta Thunberg: per lei il parallelo più efficace è quello con Cassandra, la splendida figlia di Priamo, re di Troia, che ricevette da Apollo il dono della profezia in cambio di un amore che ella non gli concesse. Adirato, il dio arciere le sputò sulla bocca maledicendola: avrebbe predetto con esattezza chirurgica le immani tragedie della storia, ma sarebbe rimasta inascoltata. Considerata dai suoi stessi concittadini un’emarginata, una folle portatrice di sventura, continuò a urlare ai Troiani, in procinto di cadere nel tranello del cavallo di legno, che stavano commettendo una follia, creduta soltanto dal sacerdote Laocoonte. La fine di Ilio, quella notte stessa, fu rapida e violenta come il fuoco appiccato dai Greci. L’ammonimento di Greta Thunberg, derisa per il suo handicap, trattata con sufficienza se non screditata, accompagna il mondo nella sua Iliade globale in cui già si alzano le fiamme che divorano l’Amazzonia, il vento rovente del riscaldamento globale, la distruzione causata dalla nostra stessa incurabile follia. E stavolta non ci sarà un Enea a rifondare altrove, né ci sarà un altrove.