LEONARDO DELFANTI | Andando a vedere uno spettacolo come Femmes mi aspettavo di incontrare una performance piena di stereotipi sulla femminilità: un’occasione per celebrare una certa idea di donna come eroina solitaria, senza porre l’accento sul contesto storico-culturale in cui le vicende narrate si sono svolte o sul ruolo dalle figure incontrate.
Quello che non mi aspettavo andando ad assistere a questo reading teatrale di altissimo livello, era di essere catapultato nella sensibilità femminile. La scrittura di Silvia Bragonzi travolge l’ascoltatore. Attraverso le vicende di quattro donne del passato, presentate sotto forma di singoli racconti nel libro edito da Laurana Editore, l’autrice riesce a dare voce ai sogni, le aspirazioni e i drammi di coloro che, alla fine della serata, mi sono apparse come persone amiche, più che immagini del passato.
Donne tra gli uomini, compartecipi dell’umanità.
Lo spettacolo, andato in scena all’interno della rassegna del Festival Non C’è Differenza al Teatro Laboratorio di Verona, vede Lucia Vasini, accompagnata dal pianista Andrea Cortellazzo, prestare la sua voce al racconto. Interpretando magistralmente i personaggi nati dalla penna dell’autrice, nonostante sia legata a una forma di spettacolo che poco spazio lascia al gesto scenico, l’artista mostra uno studio dei personaggi che va ben oltre la preparazione scenica permettendoci, a tratti, di conoscerli profondamente.
La prima a prendere forma è madonna Artemisia Gentileschi, pittora.
Di colei che è a tutti gli effetti una figura di culto nella critica pittorica da che il Longhi nel 1916 la definì «l’unica donna in Italia che abbia mai saputo che cosa sia pittura», la narrazione predilige un aspetto assai meno conosciuto, quello che merge nelle lettere inviate da Roma, Firenze, Napoli e Londra agli uomini della sua vita: tre pittori da cui ha appreso mestiere e vita.
Agostino Tassi, il suo stupratore, che molti vedono ritratto nella testa mozzata di Giuditta che decapita Oloferne, il padre Orazio e il marito riparatore Pierantonio Stiattesi sono tratteggiati da un racconto che alterna documenti autentici e manipolazioni letterarie. Questi uomini sono presentati, per la formazione di Artemisia, prima di tutto come individui, sicuramente contraddittori, eppure fondamentali, poichè prendendo decisioni a nome suo, hanno delineato il carattere di una donna di successo.
Di questa personalità tanto forte la Vasini ci trasmette lo scandalo nello scandalo: Artemisia riuscì a vivere una vita piena nonostante le imposizioni che le furono date.
Dalla pittura alla scultura, dal successo all’abbandono, facendo un balzo di quasi trecento anni, siamo a Parigi e incontriamo Camille Claudel.
Donna dal talento incredibile e dannato che voleva modellare l’argilla per dare vita ai suoi sogni mai realizzati, di madre, di moglie e amante di Auguste Rodin, per il quale interrompe la relazione con Claude Debussy.
Tanto forte quanto fragile questo ritratto, recuperato anch’esso dalle testimonianze scritte, è particolarmente efficace per l’eccellente interpretazione che alterna una voce infantile a un urlo disperato tanto da farci apparire lì, sulle spoglie assi del palcoscenico ora una statua di Rodin, ora il manicomio di Montfavet in cui Camille venne rinchiusa, ora uno dei tanti gatti che ella accoglieva in casa.
Nello stesso periodo, dall’altra parte del mondo, Frida Kahlo sbeffeggia la morte più e più volte. Di questo personaggio storico, forse troppo mediatizzato per un mondo che si è scordato i valori del comunismo in cui lei e il suo grande amore, il pittore Diego Rivera, hanno provato a dare forma, la scrittrice Silvia Bragonzi ci regala l’ironia.
Ironia di una coppia anomala, come una colomba e un elefante, che si ama quando si fa male e che non teme, anzi sbeffeggia, i drammi dell’esistenza siano essi la vecchiaia, uno squarcio nel ventre, la morte di amici, amanti, figli, ideali o la perdita di una gamba; giacché «la vita insiste per essere mia amica e il destino mio nemico».
Accompagnata da musiche latino-americane l’attrice si misura con un personaggio che fa di tutto per apprendere cosa voglia dire vivere, poiché la morte già l’ha conosciuta.
Ultima, una donna sconosciuta che ha dato vita all’emblema stesso del male in occidente: Klara Pölzl, la madre di Hitler, morta quando egli aveva solo diciotto anni.
Di essa non si narra nulla se non il dolore di un ricordo: un bambino che amava i colori e che da grande si è ritrovato a dipingere il mondo di nero.
Quanta sofferenza possono provocare i figli alle loro madri? Anche questo è essere donna.
Sebbene, dunque, la forma del reading abbia costretto l’attrice a un leggio, impedendole di dare pienamente corpo ai personaggi, l’incalzare delle vicende e il realismo con cui l’artista sente le storie raccontate, fanno apparire vividamente alla nostra mente quadri, persone, sculture e lacrime. Tanto da suggerirci di chiudere gli occhi e lasciarci guidare nel mondo della vita di quelle che sono state donne, femmine e madri.
FEMMES
di Silvia Bragonzi
con Lucia Vasini
pianoforte Andrea Cortellazzo
Teatro Laboratorio di Verona 26 novembre 2019
ospite del Festival Non C’è Differenza VI edizione
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