LAURA BEVIONE | L’ITIS Amedeo Avogadro è uno dei più antichi istituti superiori di Torino: il suo primo nucleo, una scuola serale di disegno, vide la luce l’11 gennaio 1805. All’inizio del secolo successivo, l’istituto era il maggior complesso scolastico piemontese e, nel 1914, contava ben duecentocinquanta iscritti. Terminato il secondo conflitto mondiale, nel 1946, la scuola venne definitivamente intitolata ad Amedeo Avogadro e dotata di ulteriori spazi, laboratori e officine.
Una storia lunga più di due secoli che Ambra (seconda liceo delle scienze applicate) e Marta (secondo anno indirizzo informatica) ci raccontano accompagnando un gruppo di spettatori/visitatori attraverso l’intrico dei corridoi dell’istituto Avogadro. Le due studentesse/guide ci mostrano laboratori – meccanico, informatico, elettrotecnico – e un’invidiabile aula 3.0; le postazioni per lo studio individuale e gli scaffali con i libri a disposizione degli allievi; l’aula magna e pure il bar. E, ancora, Ambra e Marta attirano la nostra attenzione su tutti quei concretissimi segni – lapidi, una vecchia cassetta delle lettere, intarsi e persino un torchio meccanico – che permettono di ricostruire la lunghissima storia dell’Avogadro, nei cui laboratori, dalla fine dell’800 e per molti decenni, si realizzavano i tombini per tutta la città di Torino.
Ma cosa c’entrano l’istituto Avogadro e la sua storia, pur gloriosa, con il teatro? C’entrano eccome, perché la rassegna Concentrica, giunta alla sua settima stagione, quest’anno ha voluto inserire nel suo cartellone una nuova sezione, intitolata Concentrica a scuola. Non si tratta soltanto – e non sarebbe comunque poco – di ospitare le consuete due settimane torinesi di spettacoli in due istituti scolastici – oltre all’Avogadro, il Convitto Nazionale Umberto I – anziché nelle tradizionali sale teatrali cittadine, ma di ricamare attorno agli spettacoli una serie di iniziative che, da una parte, permettessero ai “padroni di casa”, ossia gli studenti, di avere un ruolo attivo; dall’altra di avvicinarli al teatro, realtà spesso sentita come estranea poiché poco – o male – conosciuta.
Ecco, allora, da un lato gli appuntamenti denominati Genius Loci – le visite guidate all’interno delle due scuole, come quella per gli spazi dell’Avogadro che abbiamo felicemente sperimentato; dall’altro, due diversi laboratori destinati agli studenti. Al Convitto Umberto I, una serie di incontri, riassunti nel titolo Finding Stories, incentrati sull’analisi di strumenti e modalità della comunicazione culturale; all’Avogadro, un laboratorio di creazione multimediale condotto da Francesco Giorda e Simone Rosset e denominato Concentrica Play.
Abbiamo seguito due momenti proprio di questo secondo laboratorio, frequentato volontariamente, in orario extra-scolastico, da una ventina di ragazzi, alcuni di una seconda liceo scienze applicate, gli altri di una quarta indirizzo informatico e di un’altra quarta ma indirizzo elettrotecnica. Prevalgono i maschi – d’altronde, di ben 1600 iscritti all’istituto Avogadro, soltanto cento sono femmine…
Il laboratorio è partito da una domanda rivolta ai partecipanti, ovvero: «quand’è l’ultima volta che sei andato a teatro?». Le risposte ricevute e registrate nel corso di video-interviste hanno evidenziato quanto poco le sale teatrali siano conosciute e frequentate dai giovani, le cui uniche esperienze nella maggior parte dei casi corrispondono a uscite didattiche, non sempre soddisfacenti. Ecco, allora, che obiettivo degli incontri laboratoriali non è stato soltanto raccontare la propria idea di cos’è il “teatro”, ma cercare di confrontarsi con gli altri: compagni, insegnanti e spettatori.
I ragazzi, guidati da Francesco e Simone, hanno approntato una serie di domande da rivolgere al pubblico che, nelle tre serate in cui Concentrica è stata ospitata nei locali dell’istituto Avogadro, ha assistito agli spettacoli proposti: Settanta volte sette di Controcanto Collettivo; L’anarchico non è fotogenico di Quotidiana.com; e I ragazzi del massacro di Teatro Linguaggicreativi.
Gli studenti si sono così trasformatori in ricercatori/reporter e hanno intervistato compagni, professori, sconosciuti e persino il preside, il prof. Tommaso De Luca: interrogati sulle criticità riscontrate nell’interpretare questo ruolo, Fabio e Sara sono concordi nel sottolineare quanto a volte sia stato difficile «fare la domanda giusta» o, meglio, «capire cosa chiedere, adattandomi alla persona che avevo davanti». In questo modo, i ragazzi hanno compreso quanto sia importante osservare e ascoltare con attenzione chi si ha di fronte, così da instaurare con lui/lei una relazione fertile e tangibile.
I partecipanti al laboratorio, poi, hanno avuto la possibilità di assistere agli spettacoli e, dunque, di ampliare notevolmente la propria esperienza di spettatori teatrali e scoprire che, aldilà dei lavori “per la scuola” e dei cosiddetti “classici”, esiste anche un teatro che sa raccontare situazioni, sentimenti e pensieri più vicini a loro.
Ecco, allora, che i ragazzi sanno anche dire che cosa vorrebbero vedere sulla scena: a Michail, per esempio, interesserebbe uno spettacolo che «che rappresenti con ironia la realtà del mondo»; mentre Sara vorrebbe un lavoro che ne denunci «l’indifferenza».
Capire cosa interessi davvero, scoprire gusti e necessità personali è una delle conquiste principali ottenute dai partecipanti al laboratorio che, forti di questa nuova sicurezza, si preparano ora a essere ricevuti dalla sindaca di Torino, Chiara Appendino. Francesco aiuta i ragazzi a preparare le domande da rivolgere alla prima cittadina: «partite da voi studenti, raccontate la vostra esperienza e fate domande specifiche, concrete».
La prima domanda, allora, non potrà che essere: quand’è l’ultima volta che è andata a teatro? E, poi, perché il teatro e altre attività creative non vengono proposte nelle scuole come esperienze alternative/extra-curricolari? Come gestisce le sue emozioni e quali differenze ci sono fra la Chiara Appendino pubblica e quella privata?
I ragazzi mostrano di aver appreso davvero bene il “mestiere” dell’intervistatore ma, soprattutto, testimoniano di avere saputo sfruttare al meglio le opportunità di riflessione e crescita offerte loro dal laboratorio condotto con entusiasmo e dedizione da Francesco e Simone. Studenti e studentesse che ora hanno un’idea più chiara e concreta di cosa sia il teatro e, dunque, di che cosa richiedere a uno spettacolo cui, volontariamente o meno, assistono. Adolescenti con qualche sicurezza in più e spettatori più felicemente esigenti: siamo certi che in occasione della prossima stagione di Concentrica sottoporranno i titoli in cartellone a un rigorosissimo vaglio…
Mi sento onorato ad aver partecipato a questo laboratorio 🙂
Comunque devo correggervi, non mi chiamo Michail, ma Mihai 🙂