RITA CIRRINCIONE | Allegro e spensierato, il primo, solenne e tragico, il secondo: i due brani in apertura di Con Sorte (Tanti auguri di Raffaella Carrà e Stabat Mater dolorosa di Pergolesi) da subito stabiliscono due qualità di stare al mondo che, con diverse sfumature, si fronteggiano nell’ultimo lavoro drammaturgico scritto e diretto da Giacomo Guarneri e interpretato da Oriana Martucci andato in scena al Piccolo Teatro Patafisico.

Con Sorte – titolo semanticamente denso che sembra riassumere i temi della pièce: i singoli lemmi a richiamare i concetti di condivisione e di destino; la grafia univerbata quello di compagno di vita; consorteria, la forma derivata, quello di organizzazione criminale – racconta la storia di una giovane coppia proprietaria di una piccola attività commerciale presa di mira dalla mafia con agguati e intimidazioni, che in una drammatica escalation finirà in rovina.

“Il Mondo del Balocco”, prima che un negozio, è una sorta di Wunderkammer, un luogo delle meraviglie che accoglie oggetti preziosi, giocattoli antichi, lavori artigianali e piccole opere d’arte che Rita e Rocco – siciliana lei, tedesco lui – hanno raccolto nei loro vagabondaggi in giro per il mondo. Trasformato in lavoro quello che inizialmente è solo un hobby, il piccolo bazar diventa un micro-mondo felice attorno a cui orbita la vita della coppia: Rita si occupa della sua gestione, Rocco continua a viaggiare alla scoperta di nuovi articoli e rarità.

In modo strisciante, con atti che sembrano ragazzate e che via via diventano più pressanti e violenti, inizia l’assedio da parte della mafia locale (siamo in una Palermo mai nominata) con richieste di somme sempre più cospicue. Tra i due si crea una profonda frattura: mentre Rocco reagisce con intransigenza denunciando gli episodi di estorsione, Rita, più accomodante e abituata alle scorciatoie, si mette direttamente in contatto con l’organizzazione mafiosa e, di nascosto dal marito, paga il pizzo.

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Foto Sophia Bellina

Quando scopre che la donna del boss – il misterioso Cav. Ing. Lanzarone, Mat (Matteo?) per gli intimi – è una sua amica d’infanzia, la vicenda prende una piega personale: Rita incomincia a frequentare sempre più spesso il castello dove vive la coppia lasciandosi sedurre e irretire da uno stile di vita di apparenze e lusso ostentato, rasentando un mènage à trois.
Rocco non la riconosce più: «Rita, da quando in qua tu dici Okkei?»; «Rita, ma tu, da che parte stai?». Ma Rita è desiderosa di leggerezza e di spensieratezza, vuole solo «vivere, vivere, vivere e basta!» e scambia per vita quell’esistenza frivola e superficiale, per amicizia quel rapporto interessato che tende solo a manipolarla e a controllarla, per generosità il meccanismo perverso di un’organizzazione che offre soluzioni a problemi da essa stessa creati.

Abbagliata dal luccichio di quel mondo, la donna sembra non accorgersi della miseria morale e della violenza impalpabile di cui è impregnato e finisce con l’allontanarsi sempre più dal marito, dalla loro vita semplice fatta di bellezza e di amore per le piccole cose. Inizia una doppia vita in cui arriva a inventarsi ritorsioni per non insospettire Rocco fino a estrometterlo del tutto cedendo parte della proprietà ai ricattatori. Un progetto di restyling in nome di una modernità patinata e seriale finirà per snaturare “Il Balocco” cancellando quel mondo unico costruito pezzo dopo pezzo.
E così, in nome del quieto vivere, inseguendo la vita, Rita trascina se stessa e il marito in un destino di solitudine e di morte.

Tutto questo è lei stessa a raccontarlo, nel giorno del suo compleanno, da un luogo che potrebbe essere una casa di cura o un ospedale psichiatrico, rivolgendosi a un immaginario dottore. Nel delirio è solo il marito quel giorno a ricordarsi del suo compleanno, l’unico che forse l’ha veramente amata. Ma Rocco non c’è più da un pezzo: non ha retto alla realtà che nonostante i sotterfugi della moglie aveva scoperto e denunciato. Rita la morte la sconta vivendo.

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Foto Roberto Madonia

Avvolta in un accappatoio rosso, seduta su uno sgabello – unico oggetto scenico, quasi baricentro ausiliario di un corpo che si piega e si torce in una mobilità febbrile che accompagna e sostiene la narrazione – la donna rievoca il periodo felice in cui lei e Rocco, innamorati e curiosi, viaggiavano alla scoperta di paesi, culture e storie. Ricorda l’inizio pieno di speranze del “Balocco” e, quasi divertita, le prime incursioni dei ragazzini prepotenti del quartiere; poi l’incontro con l’amica d’infanzia, la nuova vita, il tradimento, il distacco da Rocco, la sua morte.
È una costruzione lenta, minuziosa, cadenzata da ricordi vividi che arrivano a raffica, da memorie sospese e silenzi assorti, in una successione temporale non sempre lineare tra passato e attuale desolata quotidianità.

Oriana Martucci nel suo monologo alterna momenti di narrazione in prima persona a momenti in cui dà voce ad altri personaggi: quella dell’amica, strascicata e accattivante, e quella perentoria e decisa dal buffo accento teutonico di Rocco. La sua è una recitazione trascinante, di intensa fisicità, spinta fino al limite espressivo senza mai oltrepassarlo, che riesce a percorrere tutte le sfumature emotive di una donna che ha perso tutto dopo avere avuto il mondo nelle mani.

Seguendo il filo della narrazione si dipanano le tante anime interne della partitura drammaturgica: quella di certe vite che lentamente si contaminano al pozzo avvelenato della mafia che in modo sottile e subdolo guasta esistenze e paesaggi, economie e futuro; di una cultura dura a morire che crede in una mafia dal volto umano se non addirittura nobile (avvalorata da un determinato lessico giornalistico che usa locuzioni come “prestigiosa famiglia” o “mafioso di rango” per descrivere l’ignobile organizzazione); quella di certe figure femminili quasi flaubertiane che si autodistruggono inseguendo il sogno romantico di una “bella vita”; quella di tutte le cose umane destinate alla corruzione e al disfacimento.

Rivelatosi come attore con Emma Dante (Vita mia, 2003), Giacomo Guarneri, dopo varie esperienze formative e di lavoro con Mimmo Cuticchio, Dario Fo, Ascanio Celestini, Davide Enia, Laura Curino e Vincenzo Pirrotta, esordisce nel 2007 come autore dalla spiccata vocazione narrativa.

Con Danlenuàr (Premio Enrico Maria Salerno per la Drammaturgia 2008), sulla tragedia dei tanti emigrati siciliani partiti negli anni ’50 per inseguire il sogno di una vita migliore che trovarono la morte nelle buie viscere delle miniere belghe, dà inizio a una trilogia dedicata al tema del lavoro. Segue Radio Belice non trasmette (Premio “Etica in Atto” 2013), dove il terremoto del Belice del ’68, in una sorta di rovesciamento narrativo, è evocato come epilogo tragico e beffardo della straordinaria esperienza di non violenza e di disobbedienza civile che quel poeta visionario che fu Danilo Dolci innescò in una Sicilia contadina, quasi arcaica, degli anni Cinquanta. In Seră biserică (2015), che conclude il trittico, affronta la drammatica condizione di sfruttamento fisico, psicologico e spesso anche sessuale delle braccianti rumene impiegate nelle serre del ragusano.

Con Sorte è il primo step di un percorso che si propone di indagare il tema della mafiosità come cultura.
Il teatro-narrazione di Giacomo Guarneri, che si caratterizza per un accurato lavoro di ricerca e di documentazione, per la raccolta di testimonianze sul campo frutto di lunghe residenze in loco e per la ricostruzione di preziose memorie collettive, ancor più si contraddistingue per il suo modo obliquo di raccontare storie e personaggi che ne rivela ombre e non detti, per lo scavo drammaturgico con cui indaga la vita nei suoi aspetti brutali e poetici, tragici e divertenti, e per la sensibilità con cui esplora la complessità dell’essere umano: ogni personaggio ha le sue ragioni e anche nel più bieco degli individui può comparire un lampo di umanità.

 

CON SORTE

scritto e diretto da Giacomo Guarneri
con Oriana Martucci
produzione La pentola nera
coproduzione Piccolo Teatro Patafisico
collaborazione con Babel Crew
anteprima al Torino Fringe Festival 2019

Piccolo Teatro Patafisico, Palermo
17 novembre 2019