LAURA BEVIONE |  Nel Secondo dopoguerra Jean Vilar in Francia, Paolo Grassi e Giorgio Strehler in Italia, lottarono affinché il teatro venisse riconosciuto quale “servizio pubblico”, con la medesima fondamentale utilità dell’elettricità, dell’acqua o del gas. Una sala teatrale aperta a tutta la popolazione in modo tale che lì essa vi potesse trovare uno specchio e un catalizzatore di energie e pensieri.

Un’utopia, forse? In verità l’energica riaffermazione di quello che fu il ruolo del teatro al momento della sua nascita, nella Grecia antica, allorché la sua esistenza e la sua ragion d’essere erano strettamente intrecciate alla vita della polis – il teatro, dunque, nasce “politico”, lo è per la sua origine e lo è nella sua essenza, al di là dei temi trattati e delle storie narrate.

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Foto Giovanni Marino

Una lunga premessa per raccontare la magnifica scommessa tentata – e vinta – da Vania Cauzillo e Alessandra Maltempo e dalla loro compagnia teatrale, L’Albero, attiva nelle città di Melfi, Potenza e Matera con l’obiettivo di avvicinare all’arte, e in particolare all’opera lirica, cittadini di ogni età ed estrazione sociale.

La sfida era quella di realizzare un’opera nuova, intitolata Silent City, scegliendo che gli autori fossero i membri della comunità della Basilicata e ricercando un luogo che potesse adeguatamente accoglierla. A Matera, però, manca una sala per il teatro musicale, un servizio pubblico assente dunque; ed ecco allora che Vania e Alessandra, con i propri appassionati collaboratori, riescono a individuare un possibile spazio: una ex discoteca ed ex-ludoteca – le pareti erano dipinte di rosa – nel periferico quartiere San Giacomo.

Firmato nei primi giorni di novembre il contratto di affitto, la compagnia, in collaborazione con l’Open Design School di Matera 2019 e con lo scenografo Bruno Soriato, costruisce il suo “teatro temporaneo”, all’insegna dell’accessibilità e del superamento della separazione fra sala e foyer così come fra platea e palcoscenico.

Nel corridoio d’ingresso disegni, piccoli plastici, scritte sul pavimento e sculture realizzate con i sacchi di carta della farina – Matera non è famosa anche per il suo pane? – raccontano la genesi dell’opera e, allo stesso tempo, dichiarano la volontà di allestire uno spettacolo che sia accessibile a una platea assai vasta: non a caso la “prima” è stata fruita anche da un pubblico diversamente abile, grazie all’intervento di una traduttrice in LIS (lingua dei segni italiana), di un’attrice che si è occupata dell’audio-descrizione disponibile poi in cuffia, e della stampa del libretto in braille.

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La sala, poi, è una sorta di semicerchio chiuso da basse tribune di legno chiaro, vicinissime all’orchestra – nessun golfo mistico dunque – e al palcoscenico, sul quale agiscono cantanti/attori, un danzatore ma anche un coro di bambini e un ensemble di performer adolescenti – giovani allievi della Scuola sull’Albero, guidata dall’omonima compagnia. Su una delle tribune, poi, è accomodato il Coro dell’Unibas di Potenza, che forma una sorta di creatura unica eppure composita che, illuminata repentinamente nel buio, dimora nel teatro quale evocativa e coinvolgente presenza.

Bambini – tutti compostissimi e diligenti – e giovani, adulti e anziani, amatori e professionisti: il folto e variegato cast dell’opera agisce perfettamente ordinato e coordinato, senza spezzature né imprecisioni, omogeneamente concentrato nella messa in scena di qualcosa di cui si sente parte non sostituibile.

Bambini e ragazzi interagiscono con il “fanciullo del silenzio” – il danzatore Gabriele Montaruli –, con i tre ragazzi che hanno abbandonato i compagni di scuola per andare alla scoperta della loro città – Caterina, Domenico e Rocco, interpretati rispettivamente da Elisa Soster, Milo Harries e Carlo Massari -, con la madre del fanciullo – Chiara Osella – e con i due “costruttori” – Giorgio Celenza e Luca De Lorenzo. Ad accompagnarli l’Orchestra Senzaspina, diretta da Tommaso Ussardi e formata da musicisti rigorosamente under 35: una realtà musicale nata a Bologna nel 2013 per volontà dello stesso Ussardi e di Matteo Parmeggiani, non semplice coproduttrice ma complice di Silent City.

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Un progetto che ha coinvolto dunque molti  (in tutto ben 280 persone) e ovviamente non solo coloro che abitano il palcoscenico: c’è il compositore scozzese Nigel Osborne, che incontriamo nel foyer prima dell’esecuzione dell’opera e che ci racconta le emozioni accumulate nel corso del suo lavoro, una composizione realizzata insieme alle comunità coinvolte nel progetto, delle quali si dice “trascrittore”. Nigel spiega come il suo contributo sia consistito in primo luogo nell’ascolto – attento e coinvolto, paziente e disteso – dei cittadini di Matera e della Basilicata e, stringendoci forte le mani e guardandoci negli occhi, insiste nel sottolineare come ogni persona nasconda dentro di sé una verità da raccontare, il seme fecondo della sua umanità.

C’è il drammaturgo Andrea Ciommiento, che ha raccolto le storie dei bambini e degli anziani di Matera e ne ha tratto una narrazione coesa e universale, capace di sintetizzare ed evidenziare il nucleo fecondamente problematico delle esperienze, delle speranze e delle nostalgie espresse dalla comunità lucana. C’è la scrittrice di origine somala Ubah Cristina Alì Farah che quella narrazione ha tramutato in libretto d’opera e ci sono Tommaso Ussardi e i suoi orchestrali che, insieme ai cantanti e ai cori, hanno dato corpo allo spartito e alle parole. E poi la costumista Iris Marsico, che ha cucito gli abiti dei protagonisti ispirandosi ai disegni dei bambini “interrogati” da Andrea, mentre lo scenografo Bruno Soriato ha materialmente costruito le oscure creature/ombre mostruose fuoriuscite dagli incubi degli stessi ragazzini.

C’è, soprattutto, la comunità di Matera, quegli allievi dell’istituto comprensivo Semeria e quelle signore e quei signori over 60 che hanno accettato di descrivere i propri “luoghi del silenzio”, spazi né desolati né fuori dal tempo bensì abitati dai ricordi e dai desideri.

La volontà di riflettere sul silenzio nasce dalla storia stessa di Matera, il cui quartiere più noto, i famosi Sassi, sono stati consegnati al silenzio per molti decenni, dagli anni Cinquanta del Novecento, allorché i suoi abitanti vennero trasferiti nella Matera “nuova”, e fino alla loro recente riscoperta, culturale e turistica.

I protagonisti dell’opera, dunque, sono tre ragazzi che, accompagnati da un misterioso fanciullo del silenzio, esplorano la “città del buio”: i Sassi, certo ma, in generale, quel passato che spesso viene celato alle nuove generazioni. Ma non può esistere futuro solido senza radici ben affondate nel terreno della propria storia: ecco, allora, che il viaggio dei tre studenti diventa una sorta di rito iniziatico, al termine del quale Caterina, Domenico e Rocco conquistano maggiore consapevolezza sulla propria identità – sanno finalmente da quale humus sono stati generati – e con maggiore chiarezza riescono a guardare al proprio avvenire, prima avvolto dalla foschia dell’incertezza.
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Silent City è dunque una sorta di bildung roman in musica, un’opera che riflette la realtà che l’ha generata e, allo stesso tempo, sa parlare a spettatori di ogni latitudine, interrogandosi su questioni universali: da dove veniamo? È possibile immaginare un futuro non utopistico e soddisfacente senza conoscere il proprio passato?

Uno spettacolo che acquista forza dalla passione e dell’entusiasmo di tutti i suoi autori e creatori così come dalla sua urgente necessità. Un’opera lirica contemporanea che aggiorna ai tempi attuali un genere nato come intrattenimento anche popolare e come medium privilegiato per esprimere auspici e rivendicazioni non soltanto delle classi sociali superiori.
Silent City riporta la lirica fuori dai salotti e, da rito alto borghese un po’ svuotato di senso e di necessità, la restituisce alla sua destinataria – e indiretta creatrice – privilegiata, ossia la società civile, la vitale polis del XXI secolo…

www.getclosetoopera.eu; www.accademiadeglistracuriosi.it

SILENT CITY

un’opera di Nigel Osborne e delle comunità di Matera e della Basilicata
composizione elettroacustica Fabrizio Festa, Peter Nelson Nigel Osborne, Carlo Cozzolongo, Gianpaolo Cassano, Gavin McCabe, Leo Butt
libretto Ubah Cristina Ali Farah
drammaturgia Andrea Ciommiento
regia James Bonas
direttore Tommaso Ussardi
scenografia Bruno Soriato
ideazione e realizzazione dello spazio scenico a cura di Open Design School – Matera2019, guidata da Rita Orlando
costumi Iris Marsico
coreografia Cydney Uffindell-Phillips
regia del suono Fabrizio Festa
sound producer Peter Nelson
video design Zakk Hein
lighting design Rob Casey
direttrice di scena Elisa Mangano
direzione artistica Vania Cauzillo, Alessandra Maltempo
interpreti Chiara Osella, Gabriele Montaruli, Elisa Soster, Milo Harries, Carlo Massari, Giorgio Celenza, Luca De Lorenzo, Orchestra Senzaspine, MaterElettrica
produzione Orchestra Senzaspine; in partnership con Opera Circus, UK; Universa Musica/Unibas, IT; Materahub, IT; Setticlavio IT; Conservatorio di Musica “Egidio Duni” Matera – MaterElettrica, IT; Music Edinburgh College of Art, University of Edinburgh, UK; Istituto Italiano di Cultura Edimburgo, Scozia; Operasonic, UK

Teatro Temporaneo, Matera
30 novembre 2019