LAURA BEVIONE | Le vie dello spettacolo italiano seguono sovente direzioni eterogenee e non prevedibili e, così, può capitare che artisti di vaglia stentino a farsi conoscere fuori da quel territorio in cui il loro talento è gemmato. È il caso di Ivana Messina, poliedrica artista – attrice, danzatrice, musicista – nata a Torino da genitori siciliani, autrice e interprete di progetti che felicemente mescolano i suoi differenti talenti, realizzati sotto l’”etichetta” del collettivo teatrale Kulturscio’k, di cui è stata fondatrice con Alessia Siniscalchi, quest’ultima artista attiva fra Parigi e Napoli.

Gli ultimi due lavori realizzati da Ivana Messina, pur nella loro diversità – per tematiche e linguaggi – riflettono entrambi sulla sfumata e in fondo imprendibile identità dell’artista, mescolando finzione a autobiografia, ironia e desolata fotografia del reale.

Padrenostro, proposto un paio di anni fa in forma di studio negli spazi di Stalker Teatro e, dopo periodi di residenza e revisione, al Café Müller, è una sorta di composita riflessione teatral-musicale sulla figura del “padre” e sul rapporto genitori-figli. Ivana Messina, nondimeno, è refrattaria alla facile divulgazione psicologica e sociologica, alla quale preferisce una certa vena ironicamente e spensieratamente surreale.

padrenostro locandinaSeduto a una tavola – l’immaginario cristologico è indubbio e tuttavia né insistito né polemicamente dissacratorio – vi è Mario Trimarco, padre silenzioso e distaccato, in canottiera bianca e pensieri persi nei propri bisogni primari. Ivana è ai piedi di quel tavolo, con parrucca e chitarra, dichiara a un microfono la propria superiore alterità rispetto a quel genitore così apparentemente rozzo e indifferente.

La performer dichiara di essere una rosa, in una sorta di delirio auto-incensatorio. E, poi, pronuncia in ginocchio una preghiera nella quale snocciola richieste ognora più inverosimili, all’insegna di un consumismo iperbolicamente esasperato. Un eccesso cui fa da contrappeso un sipario che, nostalgicamente, richiama il ’68 dei figli dei fiori, avvicinando per la prima volta padre e figlia, che cantano insieme un motivo dell’epoca.

Mentre il padre mangia e legge il giornale, la figlia canta e danza, pronuncia monologhi surreali eppure assai realistici nel compendiare quel grumo di stizzito risentimento che spesso impedisce ai figli di riconoscere l’infrangibile legame che li unisce ai propri padri, tanto biologici quanto “divini”.

padrenostro

Il rock e Nina Simona, l’istruzione e il talento non sono sufficienti a annullare quanto l’educazione – familiare e cattolica – inevitabilmente depositano nel proprio essere e, allora, il trucco sta nell’accettarlo e da lì partire per costruirsi un’identità realmente e consapevolmente originale.
Una conclusione cui Ivana giunge non attraverso apodittici discorsi, bensì trascorrendo fluidamente da un suadente  monologo auto celebrativo a una canzone rock, da una danza sfrenata a un motivo nostalgico, da una preghiera “consumistica” a una finta telefonata ovvero un’intervista televisiva.

Una drammaturgia variata eppure coesa, che sceglie una felice e istintiva eterogeneità per raccontare sentimenti e stati d’animo che hanno a che fare in primo luogo con la “pancia”: un’istintualità che, tuttavia, non è disconnessa causalità, bensì frutto dell’ascolto vergine, disarmato, del proprio io, nel tentativo di imparare a conoscere davvero se stessi.

E l’aggettivo ‘vergine’ ritorna nel sottotitolo del secondo spettacolo di Ivana Messina, ideato e portato in scena con la musicista e attrice Martina Spalvieri: MaMè- Tentativi vergini di stare al mondo. Due donne – Ma e Mé – si interrogano, così come avveniva in Padrenostro, sulla propria identità e su quanto il sostantivo ‘artista’ possa essere efficace nel sintetizzarla.
Indossando i candidi abiti da sposa delle proprie madri, sedute l’una accanto all’altra, imbracciando una chitarra e una fisarmonica, cantando e recitando, Ivana e Martina confrontano le proprie esistenze, fra amori complicati e lavori precari.

Il ritmo è serrato, il tono scherzosamente serio, l’attitudine scanzonatamente matura di chi sa che non serve a niente prendersi troppo sul serio: la diffidenza verso chi si definisce artista e l’incapacità di instaurare relazioni sentimentali solide; la tendenza a “esagerare” e la difficoltà ad avere contratti di lavoro stabili.

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Le due performer danno così vita a una sorta di contemporaneo teatro-canzone, un cabaret arguto e sorridente, frutto della consapevolezza che l’autocommiserazione e una certa intellettualoide seriosità non consentono né di ritrarre efficacemente il presente né, tanto meno, di tentare di modificarlo.

L’augurio è che l’intelligenza teatrale e il mite candore che contraddistinguono il lavoro di Ivana Messina – così come della sua complice in Mamé, Martina Spalvieri – possano essere riconosciuti e apprezzati anche al di fuori dei confini dell’estremo nord ovest del regno…

 

PADRENOSTRO

ideazione Ivana Messina/Kulturscio’k live art collective
occhio esterno Alessia Siniscalchi
consulenza musicale Martina Spalvieri
assistente al progetto Rebecca Palma
costumi Alessia Panfili, Ambra Tipaldo
interpreti Mario Trimarco, Ivana Messina
con il sostegno di SPAM!-rete per le arti contemporanee – Comune di Avigliana, Café Müller

 

MAMÈ- Tentativi vergini di stare al mondo

di e con Ivana Messina, Martina Spalvieri
canzoni originali Ivana Messina
testi e arrangiamenti MaMé
produzione Kulturscio’k live art collective

Café Müller, Torino,
22 ottobre e 13 dicembre 2019