LAURA BEVIONE | Mettere in scena Brecht è un’impresa sempre a rischio anacronismo ovvero sterile didascalismo: è evidente come i noti “cartelli” risultino oggi inutilmente di maniera e come, d’altro canto, possibili declinazioni contemporanee degli stessi risultino analogamente inefficaci. Ciò non significa rinunciare ad allestire i drammi dell’autore tedesco, ma una simile necessaria presa d’atto dovrebbe spingere a ideare nuove modalità di messa in scena che, pur fedeli al dettato brechtiano, sappiano rivitalizzarlo e felicemente complicarlo.
È quanto si sono proposti di fare Elena Bucci e Marco Sgrosso, registi e interpreti – insieme a un cast affiatato e di primissima qualità – di una versione dell’amara favola di Brecht, L’anima buona del Sezuan, ispirata all’immaginario e al peculiare linguaggio della Commedia dell’Arte.
Il dramma, ambientato in un Oriente esotico e lontano eppure concretamente familiare per atteggiamenti e consuetudini, ha per protagonista la prostituta dal cuore d’oro, l’«anima buona» Shen-Tè, attorniata da un coro di miseri che cercano di approfittare dell’inaspettata fortuna che la donna ha saputo conquistare accogliendo tre dèi in missione alla ricerca di anime generose.
La protagonista, ingannata pure dal suo promesso sposo, l’avido aviatore Yang Sun, è costretta ad assumere momentaneamente un’altra identità, quella del pragmatico e quasi cinico cugino Shui Ta: uno sdoppiamento che consente alla donna di non perdere il proprio patrimonio e, anzi, di iniziare una fortunata attività imprenditoriale. Come dire che la sola bontà condanna inevitabilmente alla povertà e, soprattutto, alla solitudine.
Il dramma, in effetti, assomma domande più che offrire risposte: certo il nostro mondo ha bisogno di “anime buone” per conservarsi e per non abdicare alla propria umanità ma come può una persona buona sopravvivere integra all’egoismo e alle meschinità dei più? La povertà giustifica l’atteggiamento approfittatore dei poveri, l’egocentrismo della vedova interessata unicamente ai propri figli, il desiderio di fuga dell’aviatore? Come è possibile evitare la disperazione dei due vecchi negozianti e del falegname, costretto a far lavorare i figli/bambini?
Bucci/Sgrosso ovviamente non offrono risposte bensì donano esplicita rilevanza a quelle domande, sottolineandone la desolante attualità ricorrendo a quella particolare forma di straniamento che è l’indossare delle maschere. Rifacendosi, come già accennato, al linguaggio della Commedia dell’Arte, i due artisti compongono una partitura costruita su movimenti e pose artatamente accentuati; sull’uso di maschere bianche che definiscono e narrano i differenti personaggi; sull’utilizzo, per alcuni ruoli, del dialetto; sul costante dialogo con la musica, eseguita dal vivo da Christian Ravaglioli.
Una partitura che riesce così a rifuggire naturalismo e realismo a favore, invece, di quello straniamento che solo, secondo Brecht, consente agli spettatori di riflettere non superficialmente su quanto avviene sul palcoscenico.
La “favola” esotica composta dal drammaturgo durante gli anni dell’esilio dalla Germania nazista si tinge così di colori opachi e il lieto fine di prammatica quasi naturalmente negletto a favore di una conclusione aperta su una domanda cui non vi è risposta certa, ovvero: esiste ancora un’anima buona al mondo? E, aggiungiamo, se anche esistesse, come riuscirebbe a sopravvivere in una società di egotici vampiri?
Bucci e Sgrosso non si fanno illusioni ma non si rifugiano neppure in un gelido cinismo e, insieme ai loro bravissimi compagni di palcoscenico, ripropongono, pur con parole diverse, l’invito di Brecht: «Pubblico amato, pensa allora per te un finale! Di un’anima buona, abbiamo un bisogno reale!».
L’ANIMA BUONA DEL SEZUAN
di Bertolt Brecht
traduzione di Roberto Menin
progetto ed elaborazione drammaturgica Elena Bucci, Marco Sgrosso
regia Elena Bucci
con la collaborazione di Marco Sgrosso
scene e maschere Stefano Perocco di Meduna
supervisione ai costumi Ursula Patzak, in collaborazione con Elena Bucci
disegno luci Loredana Oddone
musiche originali eseguite dal vivo Christian Ravaglioli
cura e drammaturgia del suono Raffaele Bassetti
macchinismo e direzione di scena Viviana Rella
interpreti Elena Bucci, Marco Sgrosso, Maurizio Cardillo, Andrea De Luca, Nicoletta
Fabbri, Federico Manfredi, Francesca Pica, Valerio Pietrovita, Marta Pizzigallo
produzione CTB Centro Teatrale Bresciano – ERT Emilia Romagna Teatro Fondazione
collaborazione artistica Le belle bandiere
Teatro Astra, Torino
19 febbraio 2020