LAURA BEVIONE | Uno spettacolo è un organismo vivente e cangiante, mai uguale a sé stesso, replica dopo replica e, a maggior ragione, dopo dieci anni dalla sua prima messinscena.
Felicemente vivo e vegeto è, infatti, Donne, il lavoro che la compagnia torinese Tedacà creò un decennio fa, allargandolo e stringendolo (c’è stata anche una versione a due anziché tre attrici dettata dall’assenza per maternità di una delle interpreti), approfondendolo e aggiornandolo anno dopo anno, fino all’ultima versione, andata miracolosamente in scena durante quest’ultima turbolenta fine settimana – quattro repliche, con gli spettatori sistemati rigorosamente a un metro di distanza l’uno dall’altro nella flessibile sala di Bellarte, uno degli spazi del cartellone di Fertili Terreni Teatro.
Il regista dello spettacolo, nonché direttore artistico di Tedacà, Simone Schinocca, ha condiviso con noi alcuni ricordi legati a Donne, evidenziando come quel lavoro racchiuda «anche pezzi della vita della nostra compagnia. Avevamo da poco preso le chiavi di Bellarte quando il viaggio di Donne iniziò. Da quel momento Donne ha accompagnato gli eventi belli e faticosi delle nostre vite, amori, viaggi, matrimoni, nascite, lutti».
Uno spettacolo proposto costantemente in giro per l’Italia e per affollate e concentrate “scolastiche” a Bellarte e che, per il suo decimo compleanno, è stato organicamente ripensato, «dandoci un tempo di prova per poter ravvivare immagini e suggestioni e per poter inserire anche alcuni riferimenti all’oggi. In questi dieci anni è successo di tutto e tante cose non sono ancora avvenute. Sentivamo il bisogno di riavvicinare il nostro “viaggio” nell’universo femminile, al nostro tempo, alle fatiche e ferite che le donne devono subire in questo tempo di “parità formale e dichiarata” e ingiustizia evidente e sempre manifesta nella vita quotidiana».
Donne è un viaggio nel “secolo breve” che, fra l’altro, segnò l’acquisizione da parte delle donne di diritti fino ad allora quasi inimmaginabili: dal suffragio universale alla legge Merlin, dalle leggi su aborto e divorzio all’abolizione del matrimonio riparatore… Conquiste raggiunte superando sacrifici e umiliazioni e nondimeno ognora rimesse in discussione, a testimonianza di come la parità dei sessi sia ancora ben lungi dall’essere realtà.
Molto c’è ancora da fare, per modificare pregiudizi tuttora granitici, e ne è ben consapevole lo stesso Schinocca, che ci dice: «io credo fermamente che se il mondo, il nostro tempo, si affidasse alla sensibilità, all’intelligenza, alla cura “femminile”, riuscirebbe a risolvere molte delle contraddizioni quotidiane che viviamo e a cui assistiamo. Ero a Parigi, qualche giorno fa, in una delle città che considero più civili e proiettate verso il futuro d’Europa: ora di pranzo, in un quartiere pieno di locali dove la parte business della città si ritrova per pranzare. Tavolate e tavolate di soli uomini incravattati. Lo definiscono il gender gap, che detto così è un concetto teorico, ma nella vita quotidiana si traduce in un’assoluta disparità di possibilità di accesso e progressione nelle posizioni di responsabilità».
E una conseguenza della mancata “digestione” del concetto di parità è sicuramente la violenza perpetrata dagli uomini su mogli e compagne, fino ad arrivare a quelle morti che – denuncia il regista – «non sono “follie individuali” ma sono figlie delle subcultura e del respiro della cultura del nostro tempo».
Appare dunque quanto mai necessario raccontare non soltanto la progressiva emancipazione delle donne italiane nel corso del Novecento ma pure rammentare l’apporto del femminile alla storia e all’economia del nostro paese: nello spettacolo, dunque, riacquistano voce le partigiane, che contribuirono alla lotta di liberazione dal nazi-fascismo e alla successiva instaurazione della democrazia, così come tutte quelle lavoratrici – dalle mondine del vercellese alle braccianti del Meridione – che non soltanto contribuirono alla rinascita economica ma lottarono per vedere riconosciuti diritti sindacali fondamentali, quali le otto ore lavorative giornaliere.
Avventure e conquiste rievocate in scena da tre eclettiche attrici – Valentina Aicardi, Francesca Cassottana e Silvia Freda – abili e disinvolte nell’assumere identità costantemente diverse ricorrendo semplicemente a un accessorio, un abito, un oggetto estratti da quel baule che è semplice eppure significativo arredo di scena. Un concreto contenitore di storie e di personaggi “realmente esistiti” che hanno plasmato l’identità dell’Italia odierna, pur con le sue contraddizioni e le sue sacche di arretratezza culturale.
Le tre interpreti danno voce alle anonime mondine così come a Franca Viola, la ragazza che per prima osò opporsi alle nozze riparatrici, e a quelle donne – Nilde Iotti, Tina Anselmi – che seppero imporsi in quel mondo ancora oggi pervicacemente maschile che è la politica. Tanto che Simone Schinocca vuole concludere la nostra conversazione con un auspicio particolare, rivolto in particolare a quei giovani che hanno assistito e assisteranno a Donne: «ci piace pensare che soprattutto le giovani generazioni potranno incontrare questo racconto e speriamo che da questo incontro nasca veramente il desiderio e il pensiero che è arrivato il momento per le donne di ruoli di responsabilità nel nostro tempo, sia in campo civile sia politico, passando da innovazione, formazione e ricerca. Ci piacerebbe portare il pensiero che non è assolutamente normale che nel 2020 non ci sia stata ancora una presidentessa del Consiglio o una Presidentessa della Repubblica. E non per rispetto delle quote rosa, ma per merito, studio, perseveranza, intelligenza».
E la vostra cronista teatrale non può che associarsi a questo legittimo auspicio, augurandosi che in tempi brevi quel “gioco delle prime” che conclude lo spettacolo – la prima donna pilota di Formula 1 e la prima vigile urbano, la prima donna presidente della Camera e la prima pubblico ministero, … – comprenda anche la prima donna capo del governo e la prima donna presidente della repubblica; chissà…
DONNE
regia ed elaborazione testo Simone Schinocca
scenografie Federica Beccaria
costumi Ombradifoglia
consulenza grafica Silvio Giordano
coordinamento tecnico Giuseppe Venuti, Florinda Lombardi
interpreti Valentina Aicardi, Francesca Cassottana, Silvia Freda
produzione Tedacà
Teatro Bellarte, Torino
6 marzo 2020