ANTONIO CRETELLA | La destra nostalgica ha quattro date simbolo attorno alle quali costruire il proprio pantheon ideologico, quattro celebrazioni durante le quali, con la ciclicità perfetta delle ricorrenze, ripropone quasi feticisticamente i cardini del proprio populismo. La prima, ça va sans dire, è il Natale, avvelenato annualmente dalla polemica antislamica sul presepe nelle scuole, simbolo di una contraddittoria identità cristiana escludente, intollerante e razzista. Le altre tre date sono collegate: il 27 gennaio dedicato alla Giornata della Memoria, il 10 febbraio al Giorno del Ricordo e il 25 aprile, occasioni per esibire un pervicace revisionismo atto a produrre un’immagine accettabile del fascismo. La strage delle Foibe, senza alcun rispetto per le vittime, assume strumentalmente il ruolo di un “olocausto fascista” tacendo le atrocità perpetrate dai fascisti stessi al confine italiano, ma è soprattutto il 25 aprile la punta di diamante della retorica destrorsa che si riassume nel più odioso degli aggettivi: divisivo. Esattamente un anno fa già ne scrivevo, ma poiché, come già detto, si tratta di una polemica ciclica, siamo costretti a tornarci per sottolinearne la proditorietà: lo scopo, ormai palese dopo tanti anni di ripetizione dello schema, è sempre quello di annullare la distanza etica tra le motivazioni della Resistenza partigiana e quelle del Fascismo, confondendo oppressi e oppressori al fine di rendere l’ideologia fascista un’alternativa politica ragionevole fidando sull’elezione odiosa e strumentale di martiri e santini.
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