ANTONIO CRETELLA | «Mamma, puttana o brutta copia di un uomo. Questa è una donna in questa parte di mondo». Recita così, tradotto dal napoletano, uno dei passaggi più intensi di Nun te scurda’ del gruppo napoletano degli Almamegretta, una sorta di piccolo viaggio nell’educazione sentimentale di un personaggio femminile che non si conforma alle pressanti aspettative dell’asfittica microsocietà che la circonda e che da essa viene condannata perché «sulamente femmena so’ stata». La triade di ruoli femminili citati dal testo riecheggia i tre modelli tradizionali riservati alla donna da una vasta parte della cultura occidentale attraverso i secoli: la matrona, devota madre di famiglia; la muliercula o la concubina, oggetto sessuale; e la virago, in parte assimilabile all’uomo ma solo al costo di rinnegare la propria femminilità a partire dai suoi segni esteriori (pensiamo alle Amazzoni che si cauterizzavano il seno, simbolica rinuncia alla femminilità, o all’asessualità di Atena e Artemide, o all’esigenza di George Sand di travestirsi da uomo per essere presa sul serio come intellettuale). A queste si aggiunge poi un quarto modello, la strega, utilizzato spesso per categorizzare donne intellettualmente elevate, carismatiche, in grado di rivaleggiare con gli uomini senza fingersi uomini (Medea). Tali archetipi sociali della femminilità informano ancora ampi strati culturali della contemporaneità: da lì derivano gli stereotipi offensivi sulle donne in politica oggetto di stupro verbale se belle e avvenenti per lo standard maschile (e dunque mulierculae), di denigrazione per l’aspetto fisico se giudicare brutte, maschi mancati. Aisha Romano, come prima di lei la “bambola gonfiabile” Laura Boldrini, Carola Rackete “senza seno”, Greta Thunberg “con la faccia che fa paura”, e un esercito di donne anonime oggetto di violenza pubblica e privata, subisce le conseguenze di un copione sempre uguale a se stesso nelle parole, nei gesti denigratori, nell’ossessione maniacale con cui vengono dissezionate la sua vita e le sue scelte, rea di non conformarsi al modello di vittima perfetta.