GIANLUCA IOVINE |

Va già tutto bene così, un hashtag al futuro non serve, mentre sogno volti, parole, abbracci.

Da sveglio, fingo sia tutto uguale a prima, in un gioco fragile.

Il silenzio di questa domenica di maggio stride proprio come le rondini, rese vivaci dal respiro caldo del sole.

4 Verticali

Un guanto azzurro è spinto dal vento tra le erbacce della vecchia stazione.

La prigionia continua anche fuori.

La mutazione si rivela quando esco. Non mi chiedo neanche più se serve, se potrò fare le cose di prima: esco e basta, che è già una fortuna non dover spiegare più su un foglio chi sono, dove vado, quando torno.

Ma devo bardarmi. Incrocio uno sguardo meno schivo, con un sorriso invisibile lascio il popolo delle maschere.

In febbraio sognavo una notte allo Zoo di Berlino. Ora persino Siderno sembra troppo lontana.

Continuo come tanti a vivere sospeso. E ci sto male.

Così il cielo è un fondale mal dipinto, e il pavimento un sentiero di briciole e giochi abbandonati.

Affacciàti sul cielo

Le sedie con i cuscini slegati da sempre, i divani consegnati agli artigli dei gatti di casa nascondono male la loro stanchezza.

I muri hanno più colori di me, per ripicca mi accanisco su ogni scalfittura che rivedo all’eccesso. C’è un libro su una mensola, sdraiato come me.

Già da molto tempo il balcone è una stazione di posta per gatti. Vite difficili, le loro, ma libere.

Nel piccolo giardino gigli e crochi nascono in una notte.

La vita è testarda
La vita è davvero testarda.

Immobile come me, solo il ciarpame della cantina, e le carte del trasloco infinito in garage.

Neppure quando sono via sono solo.

Mi seguono tante memorie, tante solitudini, tra le case di via Rimembranze e Viale Pertini.

Di domenica è così, i progetti camminano lenti come queste scarpe, si fanno tenere per mano sicuri ma in fondo spauriti, come la figlia più piccola, tra i gladioli di Contrada San Lorenzo.

L’angoscia afferra alla gola, e non c’è litigata ne’ carezza che attenui questo tempo.

Un caffè ogni tanto, aroma e calore.

Luoghi, lavoro, sensazioni, vite. Resterà poco del prima.

Andrà tutto. Bene, Via il morbo, via un mondo.

E accadrà ancora, tra un sabato di speranza e un lunedì di fastidio, di ritrovarsi un’altra domenica davanti e non saper più cosa farsene.

Invece no. Perché è bella, la domenica.

Il paesaggio sa di estate.

Tutto è ancora fermo nel sonno, salvo il vento.

La vita sta ricominciando, anche qui, in queste stanze.

Gatti nati da poco in balcone, in giardino erbacce che non vogliono arrendersi ai fiori.

Prigionieri liberi

Giocattoli, biscotti, libri, da mettere a posto con calma, e poi i sorrisi del risveglio.

Per una volta il caffè si libera da una caffettiera ostile.

Sposto scatoloni, e dall’alto della scala il matrimoniale è Terra di Canossa.

Il bagno racconta viaggi, la cucina storie d’amore dimenticate in forno.

Sabato è ancora fresco, c’è una giornata da vivere in fattoria tra gli animali e la terra.

I bambini guardano oltre.

Lunedì è ancora distante. Il suo ufficio, il mio, la scuola della più grande, sempre tutto tra le pareti di casa.

In garage verso sera rivedrò anche il mio disordine.

Meno corse, più silenzi. I rottami in cantina fanno compagnia.

Oppure andremo a cercare lucertole nel sole, chiedendo a loro di domani.

Strangugli fatti a mano, e ragù di polpette. Dubbi e dissenso solo di contorno.

Senza riferimenti, tutti i giorni assomigliano alla domenica.

Inutile odiarla, lei non c’entra, è lo sguardo disincantato e il disordine dei ricordi a frenare l’abbraccio.

Andrà tutto bene, io ci credo, me lo dicono le auto che fendono la notte, e la fila fuori al bar del viale.

Ma ricordando. Perché dimenticare, non può davvero salvarci.